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Rapporto Istat, in Italia l'occupazione giovanile è in caduta libera

Pil in caduta del 5% e 380mila posti di lavoro in meno rispetto al 2008. La crisi, nel 2009, in Italia, si è fatta sentire, con risultati tra i peggiori tra quelli delle altre grandi economie avanzate. Le imprese più colpite sono state quelle delle costruzioni e manifatturiere, mentre, dal 2000 a oggi, vi è stata una riduzione del reddito pro capite del 2,3 per cento. Praticamente, una perdita annua di oltre 360 euro a persona. Ma a pesare è soprattutto la condizione dei giovani, i più penalizzati dalla crisi. Sono circa 2 milioni i ragazzi che non studiano né lavorano, e con un tasso di disoccupazione giovanile salito quasi al 25 per cento.

E non sorride neanche chi un lavoro ce l'ha: gli stipendi fanno fatica a crescere (a causa della fortissima recessione: -6,3%, la caduta del livello del reddito nel biennio 2008-2009) e, tutt'oggi, ci sono oltre 4 milioni di persone "sotto inquadrate" sul posto di lavoro. "Uno spreco di capitale umano inaccettabile", ha commentato il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, presentando, a Montecitorio, assieme al presidente della Camera Gianfranco Fini, l'annuale rapporto sulla situazione del Belpaese.


Fini: "Togliere alle agenzie di rating la valutazione delle statistiche"
In un quadro congiunturale così difficile, ha evidenziato il presidente Fini, continuano a pesare "i nostri ritardi cronici rappresentati soprattutto dalla difficoltà di operare tagli duraturi delle spese e dall'incapacità di selezionare, nel rispetto dei vincoli di bilancio, gli interventi pubblici necessari per la soluzione dei nodi strutturali, che ancora affliggono l'Italia, specie il Sud". Fini ha chiesto, quindi, "di non ripetere l'errore di interventi congiunturali di riduzione della spesa e di non riproporre politiche di sostegno pubblico della crescita economica", che, ha detto, "lungi dal garantire una ripresa di produzione e competitività, si sono rivelate piuttosto un fattore critico della nostra economia". Anche le statistiche, poi, sempre secondo Fini, devono essere le "più affidabili possibili" e per questo, prosegue il presidente della Camera, "non si può più affidare alle agenzie private di rating, il compito di valutare la credibilità dei dati statistici". Troppi i rischi di condizionamenti e pressioni di varia natura, ha aggiunto, che, a causa dell'andamento altalenante del mercato, possono provocare seri danni ai risparmiatori e ai cittadini chiamati a sostenere gli oneri delle manovre di risanamento dei conti.

Quasi tutti i settori produttivi sono in difficoltà
Del resto, dal rapporto Istat (circa 400 pagine di numeri e grafici) sono emerse performance negative in quasi tutti i settori produttivi. Da segnalare, i cali di produzione nei settori delle macchine e apparecchiature e della metallurgia (comparti che rappresentano, rispettivamente, il 20% e il 12% del totale vendite all'estero dell'Italia), per i quali la caduta produttiva, nella prima metà del 2009, è stata nell'ordine del 35%, a fronte di una flessione delle esportazioni superiore al 30 per cento. In rosso anche il settore delle costruzioni: negli ultimi 2 trimestri 2009, il calo della produzione è stato, rispettivamente, del 2,9% e dello 0,9 per cento. Per non parlare, poi, dei servizi: nel 2009 la diminuzione di valore aggiunto dell'aggregato commercio, servizi ricettivi, trasporti e comunicazioni, è stato pari al 6,3%, con cadute particolarmente ampie nel settore del commercio all'ingrosso (-12,6%) e al dettaglio (-5,5 per cento). Più contenute le perdite nel settore del credito e delle attività immobiliari e professionali, scese di appena l'1,6 per cento.


Occupazione giovanile in caduta libera
Numeri che si ripercuoto sui posti di lavoro: -380mila unità, nel 2009, in parte per l'espulsione di lavoratori impegnati nella trasformazione industriale (-206mila unità). E se da un lato il ricorso alla Cassa integrazione guadagni ha contenuto l'emorragia di posti di lavoro dei capi famiglia, dall'altro ha fatto concentrare sull'occupazione giovanile precaria gli effetti della crisi. Nel 2009, i giovani occupati sono calati di 300mila unità, con un tasso di occupazione giovanili sceso al 44%, con una caduta 3 volte superiore a quella subita del tasso di occupazione totale. A ciò si aggiunga, poi, che il 30% degli under 29enni ha un lavoro atipico (a fronte dell'8% dell'intera popolazione) ed è in questo segmento che si è concentrato il calo dell'occupazione (-110mila persone), contribuendo per il 37% alla flessione occupazionale giovanile rilevata nel 2009.


Sostenibilità ambientale: l'Italia migliora, ma l'Europa resta lontana
Il rapporto segnala poi i lenti miglioramenti dell'Italia sul fronte delle emissioni di gas serra: nel 2009, -9%, anche se restiamo distanti dagli obiettivi fissati dall'Europa a fine 2008. Anche il ricorso ai prodotti petroliferi, nel 2009, è sceso del 5,5%, pur continuando, tuttavia, a rappresentare la fonte energetica predominante, con un'incidenza sul consumo complessivo di energia prossima al 50 per cento. Sul fronte gas, nel 2009, si è registrata una riduzione dei consumi del 2,8%, con una flessione nel settore industriale del 15% e un incremento negli usi civili del 4,6 per cento. Crescono, infine, a doppia cifra le rinnovabili: +20,5%, nel 2009, grazie, soprattutto, al maggior utilizzo di legna e biodisel.

RICHIEDERE L'INVALIDITA CIVILE (DAL 01/01/2010)

Cambia la procedura per il riconoscimento dello stato di invalidità civile cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità: da quest'anno le domande possono essere presentate all'Inps solo per via telematica attraverso il sito dell'Istituto.

La nuova procedura
La nuova procedura prevede che il cittadino debba rivolgersi a un medico certificatore (da reperire in un'apposita lista dell'Inps) che compila la "certificazione medica" online e consegna al cittadino la stampa firmata del certificato che dovrà essere esibita alla visita insieme alla ricevuta di trasmissione con il numero di certificato.

Per individuare i medici certificatori accreditati, gli unici autorizzati a rilasciare la certificazione medica necessaria, bisogna consultare l'apposito elenco sul sito dell'Inps (www.inps.it - menu di sinistra della sezione informazioni utili).

Una volta avuta la certificazione medica, entro 30 giorni, il cittadino deve compilare la domanda online sul sito dell'Inps e abbinare a questa il numero di certificato indicato sulla ricevuta di trasmissione rilasciata dal medico. L'avvenuta ricezione della domanda è attestata dalla ricevuta rilasciata al termine dalla stessa procedura. L'Inps trasmette telematicamente la domanda alla Asl.

Solo per internauti
Per presentare la domanda di invalidità civile bisogna, quindi, registrarsi al sito dell'Inps per ottenere il Pin che è il passaporto per poter fare tutte le operazioni online. La presentazione della domanda online può essere delegata ai Patronati, alle Associazioni di categoria o gli altri soggetti abilitati. Il punto forte della nuova procedura è che l'iter burocratico di queste domande diventa più veloce. Il punto debole è l'altra faccia della stessa medaglia: chi non ha accesso al web dovrà farsi aiutare per poter presentare la domanda e questo complica l'iter e, comunque, lo condiziona a un aiuto esterno che potrebbe anche essere a pagamento. Allo stesso modo, l'Inps dovrebbe rendere più facile la ricerca del medico certificatore. Infatti, l'elenco fornito dal sito dell'Inps risulta inutile, perché divide gli specialisti esclusivamente per provincia, senza riportare indirizzi o recapiti telefonici.

LAVORATORI STRANIERI

Presentare domanda di prima assunzione dei lavoratori stranieri: la procedura presso lo Sportello unico e i moduli

Per assumere lavoratori non comunitari residenti all’estero si deve presentare domanda di nulla osta allo Sportello Unico per l’Immigrazione della provincia ove avrà luogo la prestazione lavorativa, nell’ambito delle quote previste dall’apposito “decreto-flussi”, che stabilisce il numero massimo di cittadini stranieri non comunitari ammessi annualmente a lavorare sul territorio nazionale.
Come si presenta la domanda
Nel caso in cui si conosca il lavoratore da assumere, occorre presentare allo Sportello Unico:

richiesta nominativa di nulla osta al con modalità telematica
documentazione che certifichi l’esistenza di idonea sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero, secondo le regole previste dalle leggi di ciascuna regione
proposta di contratto di soggiorno contenente, oltre agli elementi essenziali dell’accordo, impegno del datore di lavoro al pagamento del viaggio di ritorno del cittadino straniero nel Paese di provenienza nel caso di espulsione di qest’ultimo
dichiarazione di impegno del datore di lavoro a comunicare allo Sportello Unico le variazioni concernenti il rapporto di lavoro (cessazione del rapporto, cambio sede, ecc.).
PRIMA FASE ALLO Sportello Unico Immigrazione

Lo Sportello Unico, per consentire al locale Centro per l’Impiego (CPI) di dare la dovuta pubblicità delle richieste di lavoro nei confronti dei lavoratori già iscritti nelle liste di collocamento, le diffonde, per via telematica, agli altri CPI territoriali e le rende altresì pubbliche sul sito Internet o con ogni altro mezzo possibile.

Lo Sportello Unico:

acquisisce il parere del Questore circa la sussistenza, nei confronti del lavoratore straniero, dei motivi ostativi al rilascio del nulla osta
acquisisce il parere della Direzione Provinciale del Lavoro circa la sussistenza o meno dei requisiti minimi contrattuali e della capienza reddituale del datore di lavoro.
In caso di parere negativo da parte di almeno uno degli Uffici, lo Sportello rigetta l’istanza.

In caso di parere favorevole:

• convoca il datore di lavoro per la consegna del nulla osta e per la firma del contratto di soggiorno;
• trasmette per via telematica la documentazione agli uffici consolari.

E’ importante sapere che il nulla osta al lavoro subordinato ha validità pari a 6 mesi dalla data del rilascio, entro i quali il lavoratore deve richiedere il rilascio del visto.
Il lavoratore straniero, appresa la notizia dell’avvenuto rilascio del nulla osta da parte del datore di lavoro, deve richiedere il visto all’autorità consolare presso il Paese di residenza. Quest’ultima, alla quale nel contempo è stata trasmessa per via telematica la documentazione comprensiva del relativo nulla osta, comunica al cittadino straniero la proposta di contratto e rilascia il visto d’ingresso entro 30 giorni, dandone comunicazione al Ministero dell’Interno, al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, all’INPS ed all’INAIL.
Entro 8 giorni dall’ingresso in Italia, il lavoratore si deve recare presso lo Sportello che ha rilasciato il nulla osta per sottoscrivere il contratto di soggiorno e ritirare il modulo (Mod 209) con il quale presentare la richiesta di permesso di soggiorno, altrimenti è considerato irregolarmente presente sul territorio nazionale.
SECONDA FASE ALLO SPORTELLO UNICO IMMIGRAZIONE
Una volta presentatosi il lavoratore, lo Sportello:
• verifica il visto rilasciato dall’autorità consolare e i dati anagrafici del lavoratore;
• consegna il certificato di attribuzione del codice fiscale;
• provvede a far sottoscrivere al lavoratore straniero il contratto di soggiorno;
• consegna il modulo di richiesta di permesso di soggiorno e ne inoltra i dati alla Questura competente.
Rilascio del permesso di soggiorno
Una volta ritirato il modulo per la richiesta del permesso di soggiorno presso lo Sportello Unico, il lavoratore deve recarsi presso un Ufficio Postale per spedire il modulo ritirato allo Sportello Unico con l’apposita busta. L’Ufficio Postale rilascia una ricevuta recante due codici identificativi personali (user id e password) tramite i quali lo stesso potrà conoscere, collegandosi a www.portaleimmigrazione.it, lo stato della pratica.L’ufficio postale al momento della consegna del modello 209 provvede a comunicare all’interessato la data dell’appuntamento per procedere ai rilievi fotodattiloscopici.La Questura provvedera’ poi ad informare l’interessato per la consegna del permesso di soggiorno.

LAVORATORI DISABILI

Collocamento per i soggetti portatori di disabilità (Legge 68/99)

La Legge ha esteso su tutto il territorio nazionale la metodologia del “collocamento mirato”, già operativa prima della nuova legge con grande successo in molte regioni italiane. Questo nuovo approccio, attorno al quale ruotano tutte le disposizioni della legge, parte dalla consapevolezza che a minorazione fisica, psichica e/o sensoriale non corrisponde sempre e comunque una riduzione delle capacità lavorative. Infatti attraverso una “serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto di lavoro adatto, attraverso analisi dei posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzione di problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione” (art. 2) è possibile inserire la persona disabile giusta al posto di lavoro adatto.Questo approccio permette di integrare nel mondo del lavoro persone disabili agli stessi livelli di produttività degli altri lavoratori.torna al collocamento per i soggetti portatori di disabilità.

Campagne informative sulla legge 68/99 – anno 2006 Il collocamento obbligatorio, per lungo tempo disciplinato dalla legge 2.4.1968 n. 482, è stato riformato dalla legge 12.3.1999 n. 68 (e relativo regolamento di attuazione D.P.R. 10.10.2000 n. 333), che abrogando la precedente normativa, ha introdotto significative novità.La legge n. 68/99 persegue come finalità “la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”; si rivolge alle persone disabili, valorizzandone le competenze professionali, le capacità e le abilità psico-fisiche.La legge permette ai datori di lavoro pubblici e privati con più di 15 dipendenti, che devono rispettare l’obbligo di assunzione di una quota di lavoratori disabili, di accedere ad agevolazioni economiche e supporti tecnici e consulenziali.

Soggetti beneficiari

I beneficiari della legge (art. 1 e 18) sono le persone disoccupate di seguito elencate specificamente :

persone affette da minorazioni fisiche, psichiche e portatori di handicap intellettivo con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%;
persone invalide del lavoro con grado di invalidità superiore al 33%;
persone non vedenti (colpiti da cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione) o sorde (colpite da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata);
persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e di servizio;
vedove, orfani, e profughi ed equiparati ad orfani, nonché i soggetti individuati dalla L.407 del 1998 (vittime del terrorismo e della criminalità organizzata)
Datori di lavoro e quote di riserva

La quota d’obbligo di assunzione per le aziende pubbliche e private è scaglionata secondo il numero di addetti; la quota d’obbligo è abbassata (dal 15% al 7%) rispetto alla legislazione precedente, estendendola ad un numero maggiore di datori di lavoro (l’obbligo di assunzione parte da 15 dipendenti invece dei 35 della legislazione precedente).

Le quote di riserva sono modulate dall’art. 3 della legge n.68/99 secondo l’entità dimensionale del datore di lavoro, cui deve aggiungersi, almeno in via transitoria ed in attesa della riforma della materia, la quota spettante agli orfani, ai coniugi superstiti ed alle categorie equiparate, come individuate dall’art.18 comma 2 della legge:

Numero di addetti Quota d’obbligo d’assunzione
15 – 35 dipendenti un lavoratore disabile
36 – 50 dipendenti due lavoratori disabili
Più di 50 dipendenti 7% di lavoratori disabili
Più di 50 dipendenti 1% vedove, orfani, e profughi

Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti l’obbligo di assunzione si applica solo in caso di nuove assunzioni. In tal caso il datori di lavoro hanno dodici mesi di tempo per ottemperare all’obbligo di assunzione a partire dalla data in cui si effettua la predetta assunzione.

I datori di lavoro privati possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in una unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità. Qualora la richiesta di compensazione territoriale interessi unità provinciali ubicate in regioni diverse la competenza al rilascio del provvedimento autorizzativo spetta al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Direzione generale per l’Impiego). Il rilascio del provvedimento autorizzativo per le richieste riguardanti unità produttive situate in province della medesima regione, invece, rientra nella competenza del Servizio provinciale del territorio ove il datore di lavoro ha la sede legal

La partecipazione (art. 17), da parte di imprese pubbliche o private, a bandi per appalti pubblici o a rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni è subordinata alla dichiarazione di adempimento delle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili. Le aziende interessate in sede di partecipazione al bando di gara o alla convenzione o concessione devono presentare apposita certificazione rilasciata dai competenti Servizi provinciali dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione dalla stessa gara o convenzione o concessione.

I servizi per l’impiego e i comitati tecnici

Le competenze del collocamento in generale, e quindi anche del collocamento obbligatorio per le persone disabili, sono state trasferite dal Ministero del Lavoro alle Regioni ed alle Province (D.Lgs.469/97).
La legge 68/99 prevede l’istituzione a livello regionale e provinciale dei servizi per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili che provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all’attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l’inserimento lavorativo dei soggetti beneficiari della legge 68/99.
I servizi per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili curano l’avviamento lavorativo, la tenuta delle graduatorie dei beneficiari della legge 68/99, il rilascio delle autorizzazioni relative agli esoneri parziali e alle compensazioni territoriali, la stipula delle convenzioni e l’attuazione del collocamento mirato.

Le Regioni sono competenti in materia di politica attiva del lavoro e in particolare per
a) programmazione e coordinamento di iniziative volte ad incrementare l’occupazione e ad incentivare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro anche con riferimento all’occupazione femminile;
b) collaborazione alla elaborazione di progetti relativi all’occupazione di soggetti tossicodipendenti ed ex detenuti;
c) programmazione e coordinamento di iniziative volte a favorire l’occupazione degli iscritti alle liste di collocamento con particolare riferimento ai soggetti destinatari di riserva di cui all’articolo 25 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
d) programmazione e coordinamento delle iniziative finalizzate al reimpiego dei lavoratori posti in mobilità e all’inserimento lavorativo di categorie svantaggiate;
e) indirizzo, programmazione e verifica dei tirocini formativi e di orientamento e borse di lavoro;
f) indirizzo, programmazione e verifica dei lavori socialmente utili ai sensi delle normative in materia;
g) compilazione e tenuta della lista di mobilità dei lavoratori previa analisi tecnica.

Al livello regionale, anche attraverso le Commissioni regionali per l’impiego, le Regioni definiscono e coordinano le politiche per favorire la crescita dell’occupazione, anche dei lavoratori disabili, nominando anche apposite sub-commissioni competenti per il collocamento mirato.
La competenza del collocamento è stata affidata alle province. I servizi per l’impiego provinciali si avvalgono di un Ufficio provinciale per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili (art. 6), a cui fanno riferimento specifici servizi tecnici denominati comitati tecnici (uno o più “comitati tecnici” presenti in numero differente secondo le risorse ed esigenze delle singole province).

I comitati tecnici, composti da funzionari ed esperti del settore sociale e medico-legale, coadiuvati da una commissione tripartita della quale fanno parte sindacati ed associazioni di persone disabili, operano sulla base del profilo socio-lavorativo e la diagnosi funzionale elaborati dalla commissione di accertamento della L 104/92 presso le ASL (art. 1 e DPCM del 13.1.2000), ed in raccordo con i servizi territoriali per aggiornare le informazioni utili ai fini della definizione di un progetto individualizzato per ogni persona iscritta alle liste del collocamento provinciale. Il comitato tecnico:
a) valuta le capacità e potenzialità lavorative dei lavoratori disabili, anche sulla base degli opportuni accertamenti;
b) definisce gli strumenti atti all’inserimento lavorativo ed al collocamento mirato;
c) predispone un piano di sostegno e tutoraggio all’inserimento lavorativo, in raccordo con i servizi competenti;
d) orienta i lavoratori disabili verso formazioni o aggiornamenti professionali utili;
e) orienta i datori di lavoro sulle opportunità e le metodologie per l’inserimento lavorativo di lavoratori disabili in azienda;
f) predispone, in raccordo con la commissione di accertamento di cui al DPCM 13.1.2000, i controlli sui luoghi di lavoro sull’andamento degli inserimenti lavorativi in rispondenza agli obiettivi del collocamento mirato, aventi per finalità la verifica della permanenza dello stato invalidante e delle capacità già accertate nonché la validità dei servizi di sostegno e di collocamento mirato;
g) collabora alla raccolta di informazioni per la formulazione del profilo socio-lavorativo della commissione di accertamento di cui al DPCM 13.1.2000
h) collabora alla stesura dei programmi di formazione e di riqualificazione professionale dei lavoratori disabili

Modalità di assunzione

Per poter accedere ai benefici della legge n.68 del 1999 le persone con disabilità in possesso dello stato di disoccupazione devono iscriversi nell’apposito elenco tenuto dagli uffici competenti del collocamento obbligatorio e, le stesse,vengono inserite in una graduatoria unica sulla base del punteggio risultante dagli elementi e dai criteri stabiliti dalle regioni e dalle province.
I datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione entro 60 giorni dal momento dell’obbligo di assunzione dei lavoratori disabili; la richiesta può essere presentata anche attraverso i prospetti informativi inviati periodicamente agli uffici competenti (art. 9).
I datori di lavoro procedono alle richieste di assunzione attraverso chiamata numerica e chiamata nominativa (art. 7).
La legge prevede che le aziende obbligate possano usufruire in sede di richiesta di assunzione di diversi tipi di chiamata secondo il seguente prospetto:

Aziende Chiamata nominativa Chiamata numerica
Da 15 a 35 dipendenti 1 lavoratore disabile
Da 36 a 50 dipendenti 1 lavoratore disabile 1 lavoratore disabile
Oltre 50 dipendenti 60% dei dipendenti disabili 40% dei dipendenti disabili

Inoltre, nel caso il lavoratore necessiti di un particolare percorso di sostegno all’inserimento lavorativo, le aziende possono richiedere agli uffici provinciali del collocamento obbligatorio di stipulare apposite convenzioni. In tal caso l’azienda fa richiesta di assunzione attraverso chiamata nominativa. La procedura delle convenzioni consente di accedere alle agevolazioni previste dalla legge. Per i lavoratori con disabilità psichica la richiesta di assunzione è sempre nominativa e viene disciplinata sempre da una convenzione.
I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni (art. 4) in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva obbligatoria se hanno subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell’inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l’infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del trattamento economico più favorevole legato alle mansioni di provenienza. Qualora per i predetti lavoratori non sia possibile l’assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dai servizi per l’inserimento lavorativo di lavoratori disabili competenti per territorio, presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative.

Base di computo. Esclusioni ed esoneri

Per i datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore del trasporto pubblico aereo, marittimo e terrestre e per gli impianti su fune sono previste esclusioni dall’obbligo di assunzioni di lavoratori disabili per il personale viaggiante, navigante e direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell’attività di trasporto.

Sono esclusi dalla base di computo per la determinazione della quota di riserva i lavoratori occupati ai sensi della presente legge ovvero con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, nonché i dirigenti, altresì i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, con contratto di apprendistato, con contratto di reinserimento, con contratto di lavoro temporaneo presso l’impresa utilizzatrice, e con contratto di lavoro a domicilio, così come i lavoratori assunti per attività lavorativa da svolgersi esclusivamente all’estero. Parimenti non sono computabili gli orfani ed i coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell’aggravarsi dell’invalidità riportata per tali cause, nonché i coniugi ed i figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro ed i profughi italiani rimpatriati. Egualmente sono esclusi dal computo i lavoratori divenuti inabili allo svolgimento delle proprie mansioni per infortunio o malattia che abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore al sessanta per cento, a meno che l’inabilità non sia stata determinata da violazione, da parte del datore di lavoro pubblico o privato delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Sono altresì esclusi dalla base di computo, i lavoratori divenuti disabili successivamente all’assunzione per infortunio sul lavoro o malattia professionale, qualora abbiano acquisito un grado di invalidità superiore al 33 per cento.

Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali, gli Istituti pubblici di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e l’obbligo di assunzione insorge solo in caso di nuova assunzione.

I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che, per le speciali condizioni della loro attività, non possono occupare l’intera percentuale dei disabili, possono richiedere, con adeguata motivazione, agli uffici provinciali per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili competenti per territorio di essere parzialmente esonerati dall’obbligo dell’assunzione. Il Servizio provinciale può autorizzare l’esonero parziale fino alla misura percentuale massima del 60% della quota di riserva, percentuale che può essere aumentata fino all’80 per cento per i datori di lavoro che operano nel settore della sicurezza e vigilanza e nel settore del trasporto privato. Le motivazioni a sostegno della richiesta di esonero parziale devono evidenziare almeno una delle seguenti caratteristiche delle attività lavorative della ditta : a) faticosità della prestazione lavorativa richiesta; b) pericolosità connaturata al tipo di attività, anche derivante da condizioni ambientali nelle quali si svolge l’attività stessa; c) particolare modalità di svolgimento dell’attività lavorativa. concessione di L’autorizzazione all’esonero parziale, concessa per un periodo di tempo determinato, viene rilasciata in presenza di almeno una delle caratteristiche suindicate ed in assenza di mansioni compatibili con le condizioni di disabilità e con le capacità lavorative degli aventi diritto. In caso di autorizzazione all’esonero parziale dall’obbligo di assunzione le aziende devono versare al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili un contributo esonerativo per ciascuna unità non assunta, nella misura di euro 12,91 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non occupato.

In caso di mancato o inesatto versamento del contributo esonerativo il servizio provvede a diffidare il datore di lavoro inadempiente e, nel caso di perseveranza nell’inadempienza, trasmette le relative comunicazioni al servizio ispettivo della direzione provinciale del lavoro competente per territorio, che provvede alla notifica all’interessato, di verbale contravvenzionale. Qualora il datore di lavoro non ottemperi al pagamento delle sanzioni amministrative il servizio dichiara, con apposito provvedimento, la decadenza dall’esonero parziale.

Convenzioni

Per favorire il raccordo tra le esigenze delle aziende e quelle dei lavoratori disabili sono previste apposite convenzioni (artt. 11 e 12 e linee programmatiche per la stipula delle convenzioni del 2.3.2001). Attraverso le convenzioni, sottoscritte dalle parti interessate (lavoratori, datori di lavoro, uffici provinciali per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili e enti che possono favorire l’integrazione lavorativa) è possibile definire un programma personalizzato di interventi, per risolvere nella maniera più efficace gli ostacoli che si incontrano nell’inserimento sui luoghi di lavoro. Le convenzioni perseguono l’obiettivo prioritario di assicurare il più possibile la stabilizzazione, seppure progressiva, del rapporto di lavoro.

Esistono tre tipi di convenzioni:
a) convenzioni ordinarie, che prevedono la determinazione di un programma per favorire un efficace inserimento lavorativo senza accedere alle agevolazioni previste dalla legge (art. 11 comma 1 e 2)
b) convenzioni di integrazione lavorativa per l’avviamento di lavoratori disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, che permettono di accedere alle agevolazioni previste dalla legge (art. 11 comma 4)
c) convenzioni con cooperative sociali o liberi professionisti disabili, che permettono di identificare un percorso formativo personalizzato per lavoratori non in grado di accedere direttamente al mercato del lavoro aperto.
I primi due tipi di convenzione (art. 11) sono stipulati tra uffici provinciali per l’inserimento lavorativo di lavoratori disabili, imprese pubbliche e private e lavoratori disabili. Esse possono essere attivate qualora si valuti che il lavoratore richieda particolari interventi di sostegno per favorire il suo inserimento lavorativo e rimuovere gli ostacoli che si presentano in azienda. I contenuti della convenzione vengono stabiliti anche sulla base di una valutazione tecnica della struttura preposta agli interventi del collocamento mirato (cioè del comitato tecnico che lavora all’interno dei Comitati provinciali per l’impiego), che ha competenza nel valutare il tipo di sostegno da mettere in campo in modo da rispondere alle esigenze dell’azienda e del lavoratore disabile. I lavoratori disabili psichici vengono avviati su richiesta nominativa solo mediante le convenzioni. Secondo la legge le convenzioni devono indicare:

Le generalità dei contraenti e responsabili
I tempi e modalitàdelle assunzioni
Le mansioni a cui adibire le persone con disabilità e le modalità di svolgimento
I piani personalizzati su cui misurare l’efficacia degli interventi del collocamento mirato
Gli interventi di mediazione da mettere in atto e rispettive competenze ed impegni finanziari
Le forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio da parte degli appositi servizi
Le modalità e le procedure per le verifiche periodiche
Gli eventuali accordi con enti pubblici e privati ed i rispettivi impegni di risorse e di scadenze.
E’ poi possibile una ulteriore personalizzazione delle convenzioni sulla base di specifiche esigenze motivate e verificate. La legge infatti prevede che “tra le modalità che possono essere convenute vi sono anche la facoltà della scelta nominativa, lo svolgimento di tirocini con finalità formative o di orientamento, l’assunzione con contratto di lavoro a termine, lo svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo, purché l’esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla menomazione da cui è affetto il soggetto, non costituisca motivo di risoluzione del rapporto di lavoro”. Il comitato tecnico, per “specifici progetti di inserimento mirato”, “può proporre -a seguito di richiesta- l’adozione di deroghe ai limiti di età e di durata dei contratti di formazione-lavoro e di apprendistato” da inserire nelle convenzioni. Le assunzioni previste nella convenzione possono essere programmate secondo scansione temporale predefinita, nel corso dell’intero periodo di validità delle convenzioni, anche indicando il numero percentuale degli avviamenti previsti per ciascun periodo di riferimento.
Le convenzioni possono essere stipulate anche da aziende non soggette all’obbligo di assunzione, cioè con meno di 15 dipendenti: in tal caso le aziende contraenti possono usufruire delle agevolazioni previste dalla legge.

Gli uffici provinciali per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili possono stipulare un terzo tipo di convenzione (art. 12) con i datori di lavoro privati soggetti all’obbligo di assunzione e con le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e con i disabili liberi professionisti, anche se operanti con ditta individuale. Tali convenzioni sono finalizzate all’inserimento temporaneo dei lavoratori disabili presso le cooperative sociali stesse, ovvero presso i citati liberi professionisti, ai quali i datori di lavoro si impegnano ad affidare commesse di lavoro.
Questa convenzione viene attivata solo in presenza di una accertata difficoltà ad inserire il lavoratore disabile direttamente in azienda, perché si valuta che abbia bisogno di interventi formativi propedeutici all’inserimento lavorativo vero e proprio. Si tratta di casi in cui si valuta che il lavoratore presenti disabilità di base che non gli permetta di svolgere autonomamente attività necessarie ed indispensabili all’autonomia personale (mancanza di abilità nell’igiene personale, nell’orientamento, etc.) e/o all’assegnazione di una mansione (difficoltà agli apprendimenti in situazione, difficoltà di concentrazione, orientamento delle abilità manuali, etc.). In questo caso, dietro parere motivato del comitato tecnico del collocamento mirato, si identifica un percorso formativo propedeutico al lavoro che viene svolto in una cooperativa sociale (o presso disabili liberi professionisti, anche se operanti con ditta individuale) che sia in condizione di realizzare questo percorso formativo. La stipula della convenzione impegna la cooperativa sociale identificata ad accogliere il lavoratore disabile per un periodo di 12 mesi prorogabile di ulteriori 12 mesi da parte dei competenti servizi provinciali.

La legge prevede espressamente che la convenzione sia subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti:
a) contestuale assunzione a tempo indeterminato del disabile da parte del datore di lavoro;
b) copertura dell’aliquota d’obbligo da parte dell’azienda;
c) impiego del disabile presso la cooperativa sociale ovvero presso il libero professionista, con oneri retributivi, previdenziali e assistenziali a carico di questi ultimi, per tutta la durata della convenzione;
d) indicazione nella convenzione dei seguenti elementi:
1) l’ammontare delle commesse che il datore di lavoro si impegna ad affidare alla cooperativa ovvero al libero professionista; tale ammontare non deve essere inferiore a quello che consente alla cooperativa stessa ovvero al libero professionista di applicare la parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ivi compresi gli oneri previdenziali e assistenziali, e di svolgere le funzioni finalizzate all’inserimento lavorativo dei disabili;
2) i nominativi dei soggetti da inserire;
3) l’indicazione del percorso formativo personalizzato.

Tali convenzioni, non ripetibili per lo stesso soggetto, non possono riguardare più di un lavoratore disabile, se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti, ovvero più del 30 per cento dei lavoratori disabili da assumere ai sensi dell’articolo 3 della legge n.68/99, se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti. Gli uffici provinciali per l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili infine possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi e con le cooperative sociali apposite convenzioni finalizzate all’inserimento lavorativo temporaneo dei detenuti disabili. Durante il periodo di vigenza della convenzione, i servizi competenti non procedono ad avviamenti d’ufficio (numerico) ai sensi della normativa in materia di assunzioni obbligatorie, per le unità lavorative dedotte in convenzione e per l’intera durata del programma. In caso di mancato adempimento degli obblighi assunti in convenzione per fatto imputabile al datore di lavoro, il servizio medesimo procede all’avviamento per le unità lavorative corrispondenti secondo le modalità ordinarie di cui alla legge n. 68 del 1999.

Fondo nazionale e regionale

E’ istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili (art. 13), finanziato annualmente attraverso il bilancio dello stato. Sulla base dello stato di applicazione della norma e di utilizzo dei fondi accreditati il fondo ripartisce tra le regioni le sue dotazioni finanziarie.

Le regioni istituiscono il Fondo regionale per l’occupazione dei disabili (art. 14). Il fondo è alimentato dai fondi nazionali, dalle sanzioni previste per i datori di lavoro inadempienti, dalle oblazioni delle aziende esonerate e da contributi di diversa origine. Il fondo è gestito da un comitato regionale in cui sono rappresentati sindacati, imprenditori ed è destinato a finanziare tutte le iniziative di sostegno dei percorsi di inserimento lavorativo.
In particolare, eroga:

contributi agli enti che svolgono attività rivolta al sostegno ed all’integrazione;
contributi aggiuntivi (rispetto ai rimborsi forfetari);
ogni altra provvidenza in attuazione di questa legge
Rapporto di lavoro con i lavoratori disabili

Ai lavoratori assunti a norma della legge 68/99 (art. 10) si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi, come tutti gli altri lavoratori.
Il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni. Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l’azienda. Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sia incompatibile con la prosecuzione dell’attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell’organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l’incompatibilità persista. Durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo. La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda.
Il recesso di cui all’articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, sono annullabili qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista all’articolo 3 della presente legge.
In caso di risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione, nel termine di dieci giorni, agli uffici competenti, al fine della sostituzione del lavoratore con altro avente diritto all’avviamento obbligatorio.
La direzione provinciale del lavoro, sentiti gli uffici competenti, dispone la decadenza dal diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria e la cancellazione dalle liste di collocamento per un periodo di sei mesi del lavoratore che per due volte consecutive, senza giustificato motivo, non risponda alla convocazione ovvero rifiuti il posto di lavoro offerto corrispondente ai suoi requisiti professionali e alle disponibilità dichiarate all’atto della iscrizione o reiscrizione nelle predette liste.

Sanzioni

Le aziende oltre i 15 dipendenti sono obbligate ad inviare annualmente un prospetto riepilogativo la situazione occupazionale della loro struttura produttiva: gli inadempienti sono soggetti alla sanzione amministrativa di 516 euro per ritardato invio, maggiorata di 26 euro per ogni giorno di ulteriore ritardo.

Al responsabili di inadempienze da parte delle pubbliche amministrazioni si applicano le sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle norme sul pubblico impiego.

Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui insorge l’obbligo di assumere lavoratori disabili, per ogni giorno in cui risulti scoperta la quota dell’obbligo, il datore di lavoro è tenuto a versare la somma di 52 euro al giorno e per ciascun lavoratore disabile non occupato.

In caso di omissione totale o parziale del versamento dei contributi legati alle richieste di esonero parziale di assunzione (art. 5), la somma dovuta può essere maggiorata, a titolo di sanzione amministrativa, dal 5 per cento al 24 per cento su base annua.

Qualora l’azienda rifiuti l’assunzione del lavoratore disabile, la direzione provinciale del lavoro redige un verbale che trasmette agli uffici competenti ed all’autorità giudiziaria.

La partecipazione, da parte di imprese pubbliche o private, a bandi per appalti pubblici o a rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni è subordinata alla dichiarazione di adempimento delle norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione dalla gara (art. 17).

Fonte: Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale

I CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

“tratto dal sito www.bloglavoro.com”

La disciplina del contratto a tempo determinato, ovvero del contratto di lavoro che prevede una scadenza finale, è stata
modificata con il D. Lgs. del 06.09.2001, n.368, emanato in attuazione della Direttiva comunitaria 1999/70 sul lavoro a termine, che ha espressamente abrogato la precedente normativa.

Secondo tale norma, il contratto di lavoro a termine può essere stipulato quando vi siano ragioni di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che richiedono un incremento di manodopera per un periodo di tempo limitato. Si può pensare, ad esempio, ad incrementi di attività dovuti a circostanze eccezionali, alle attività stagionali, alla sostituzione di lavoratori assenti per malattia, ferie, ecc.

L’assunzione a termine non è invece ammessa:

* per sostituire lavoratori in sciopero;

* per le aziende che abbiano effettuato licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti l’assunzione, salvo alcuni casi particolari indicati dalla legge;

* per le aziende che sono ammesse alla Cassa Integrazione Guadagni;

* per le aziende non in regola con la normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere l’indicazione delle ragioni sopra indicate; in loro mancanza, il contratto si considera a tempo indeterminato. Una copia dell’atto scritto deve essere consegnata al lavoratore entro cinque giorni dall’inizio del rapporto di lavoro. La forma scritta non è richiesta quando la durata del rapporto di lavoro non supera 12 giorni.

Casi particolari si rilevano nel settore del trasporto aereo dove sono ammessi contratti a termine di durata complessiva non superiore a 6 mesi nei periodi compresi tra aprile e ottobre di ogni anno, nonché contratti a termine di durata non superiore a 4 mesi per periodi diversamente distribuiti.

In agricoltura il rapporto di lavoro a tempo determinato è previsto in via ordinaria in base ad una specifica normativa; a tale rapporto, pertanto, non si applica la disciplina in esame.

È inoltre sempre consentita l’assunzione a termine dei dirigenti, purché la durata del contratto non sia superiore a 5 anni.

I contratti collettivi di lavoro possono prevedere limiti quantitativi all’utilizzazione dei contratti a termine a seconda dei settori produttivi o anche delle singole imprese. Tuttavia, non possono essere previsti limiti quantitativi per i contratti a termine che siano conclusi:

* per una durata non superiore ai 7 mesi;

* nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi;

* per ragioni di carattere sostitutivo o per lavori stagionali;

* per l’intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno;

* nel settore dello spettacolo, per specifici programmi radiofonici o televisivi;

* per l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo, aventi carattere straordinario od occasionale;

* al termine di un periodo di tirocinio o di stage;

* per l’assunzione di lavoratori di età superiore a 55 anni.

Il termine finale del contratto può essere prorogato, per una sola volta, quando il contratto iniziale ha una durata inferiore a tre anni e con il consenso del lavoratore. La proroga è ammessa quando sussistono ragioni oggettive e si riferisce alla stessa attività lavorativa per la quale era stato stipulato il contratto iniziale. In tal caso, la durata complessiva del rapporto di lavoro (durata iniziale + proroga) non può superare i 3 anni.

Se il rapporto di lavoro prosegue dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione complessiva pari al 20% fino al decimo giorno successivo alla scadenza, e pari al 40% per ogni giorno ulteriore. La legge fissa anche un termine massimo per la prosecuzione oltre la scadenza, termine pari a 20 giorni, se il contratto a termine aveva una durata inferiore a 6 mesi, e a 30 giorni negli altri casi. Se il rapporto di lavoro prosegue oltre i suddetti termini, il contratto deve essere considerato a tempo indeterminato.

Una disciplina particolare è prevista per l’ipotesi in cui il lavoratore venga assunto più volte a termine presso la stessa azienda. In tale ipotesi, se il lavoratore viene riassunto a termine entro 10 o 20 giorni dalla scadenza, a seconda che il primo contratto fosse di durata rispettivamente inferiore o superiore a 6 mesi, il secondo contratto viene considerato a tempo indeterminato. Se invece il lavoratore viene riassunto a termine immediatamente dopo la scadenza del primo contratto, in modo che tra il primo e il secondo contratto non vi sia alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato fin dalla data della stipulazione del primo contratto.

Il lavoratore a tempo determinato ha diritto a ricevere lo stesso trattamento dei lavoratori assunti a tempo indeterminato che svolgano la stessa attività, ovvero che abbiano lo stesso inquadramento contrattuale, in proporzione al periodo di lavoro prestato. In particolare, al lavoratore a termine spettano le ferie, la gratifica natalizia, la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell’impresa, a meno che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato.

Il lavoratore assunto a termine ha inoltre diritto a ricevere una formazione specifica in materia di sicurezza per l’esercizio delle mansioni per le quali è stato assunto, al fine di prevenire i rischi connessi all’esecuzione del lavoro.

Per quanto riguarda, più in generale, la formazione professionale, la legge prevede che i contratti collettivi di lavoro possano prevedere le condizioni e le modalità di accesso dei lavoratori a termine ad opportunità di formazione adeguate.

Una particolarità della disciplina del lavoro a termine riguarda il licenziamento: il lavoratore assunto a tempo determinato non può essere licenziato prima della scadenza del termine se non per giusta causa, cioè per un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro. Non è possibile, in altre parole, il licenziamento per giustificato motivo, sia soggettivo che oggettivo (ad esempio per riduzione dell’attività dell’impresa).

Il licenziamento intimato senza giusta causa prima della scadenza del termine comporta il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, pari a tutte le retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore fino alla scadenza inizialmente prevista, dedotto quanto eventualmente percepito dal lavoratore lavorando presso un altro datore di lavoro nel periodo considerato. (Fonte: Agenzia Lavoro)

LE NOVITA’ SUL PROLUNGAMENTO E LA NUOVA NORMATIVA

La legge consente alle aziende di prolungare di un mese il periodo di lavoro previsto da un contratto a termine

Interessanti novità sono state introdotte dalla più recente legislazione riguardante i contratti di lavoro a tempo determinato (CTD). Fino alla legge precedente, infatti, nei casi in cui un rapporto di lavoro a tempo determinato, per un qualsiasi motivo, si fosse prolungato oltre la data prevista dal contratto, era automaticamente prevista la trasformazione del rapporto stesso nel tipo a tempo indeterminato. Con la nuova normativa, invece, è stato introdotto un margine di tempo entro cui è possibile per le aziende richiedere ai lavoratori la prosecuzione del rapporto a tempo determinato oltre il periodo fissato nel contratto. L’intervallo di proroga della prestazione può variare da 20 giorni (se il contratto prevede una collaborazione pari a un periodo di 6 mesi) a 30 giorni (se il contratto implica una prestazione d’opera più estesa di 6 mesi).

Le retribuzioni dei periodi successivi alla scadenza del contratto possono aumentare dal 20 al 40%

Il lavoratore vede in ogni modo riconosciuto, sotto l’aspetto retributivo, il prolungarsi della sua prestazione al datore di lavoro rispetto a quanto fissato nel contratto. In particolare, se la prestazione si prolunga fino a 10 giorni oltre il limite contrattuale, scatta un aumento della retribuzione percepita corrispondente al 20%. Ogni giorno successivo al decimo comporta per il lavoratore un aumento del proprio compenso pari al 40%. Qualora anche questo margine di tolleranza contrattuale dovesse essere oltrepassato, sussisterebbero gli estremi per un’effettiva modificazione della natura del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato.

I casi in cui un contratto a termine diventa a tempo indeterminato

Un’ulteriore novità si riferisce sempre alla disciplina della successione dei contratti a termine. Nei casi in cui, rispettivamente entro 10 o 20 giorni dalla scadenza di un precedente contratto a termine che prevedeva un periodo di collaborazione con l’azienda inferiore o superiore ai 6 mesi, il nuovo contratto deve essere a tempo indeterminato. (Fonte: CliccaLavoro.it)

Sconto sull'Irap versata per cassa (FONTE SOLE 24ORE)


Le imprese e i professionisti con dipendenti o che pagano interessi passivi hanno diritto a uno sconto forfettario che riduce l'imponibile ai fini Irpef o Ires.
La deduzione forfettaria, che spetta per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 e successivi, è pari al 10% dell'Irap versata e può essere fatta valere in sede di determinazione del reddito, a condizione che alla formazione del valore della produzione abbiano concorso spese per lavoro dipendente, o interessi passivi non ammessi in deduzione nella determinazione della base imponibile Irap. La deduzione prescinde, dunque, dall'ammontare delle spese sostenute per i dipendenti o per gli interessi passivi. La parziale deducibilità forfettaria dell'Irap ai fini delle imposte sui redditi, che rappresenta una deroga al generale principio di indeducibilità dell'Irap dalle imposte statali, è stata introdotta dall'articolo 6 del Dl 185/2008, convertito dalla legge 2/2009. È infatti stabilito che, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008, è ammesso in deduzione un importo pari al 10% dell'Irap determinata a norma degli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto Irap, Dlgs 446/97, forfettariamente riferita all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati, o delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti. I primi chiarimenti in materia sono stati forniti dall'agenzia delle Entrate, con la circolare 16/E del 14 aprile 2009.
Chi ha diritto allo sconto
Lo sconto del 10% da calcolare sull'Irap versata spetta ai contribuenti che determinano la base imponibile Irap con le modalità di cui agli articoli 5, 5-bis, 6, 7 e 8 del decreto Irap. Si tratta, in particolare, delle:
- società di capitali e enti commerciali (articolo 5);
- società di persone e imprese individuali (articolo 5-bis);
- banche e altri enti e società finanziari (articolo 6);
- imprese di assicurazione (articolo 7);
- persone fisiche, società semplici e quelle a esse equiparate, esercenti arti e professioni (articolo 8).
Lo sconto spetta anche ai contribuenti che determinano la base imponibile Irap secondo la disciplina recata dall'articolo 5 del decreto Irap per opzione, quali gli imprenditori agricoli e le pubbliche amministrazioni per l'attività commerciale eventualmente esercitata, o per regime naturale, quali gli enti privati non commerciali, con riferimento alla sola attività commerciale esercitata.
Come si calcola lo sconto
Per beneficiare della deduzione forfettaria del 10%, è necessario che nei periodi di imposta cui si riferisce il versamento dell'Irap, a saldo o in acconto, gli oneri per i dipendenti o per gli interessi passivi abbiano concorso alla determinazione della base imponibile Irap. Si può, invece, prendere in considerazione il versamento in acconto relativo al periodo di imposta successivo, se i costi di cui sopra hanno influenzato la base imponibile dello stesso periodo. Con gli stessi criteri, si può prendere in considerazione anche l'Irap versata nel l'anno interessato dalla rideterminazione della base imponibile a fronte di versamenti Irap effettuati a seguito di ravvedimento, o di iscrizione a ruolo di Irap dovuta per effetto della riliquidazione della dichiarazione o di attività di accertamento.
I righi in Unico
I contribuenti, che hanno diritto allo sconto del 10% dell'Irap versata, devono indicare l'importo relativo nello specifico rigo di riferimento dei vari quadri del modello Unico 2010 che devono compilare. Ad esempio, le persone fisiche tenute al l'Unico 2010, indicano il relativo importo:
- se si tratta di professionista, nel quadro RE, al rigo RE19, colonna 2, insieme ad altre eventuali spese che si riportano in questo rigo; il forfait del 10% si riporta anche alla colonna 1 «Irap deducibile»;
- se si tratta di impresa in regime di contabilità ordinaria, nel quadro RF, al rigo RF38 «altre variazioni in diminuzione», utilizzando il codice 12, insieme ad altri costi che si riportano in questo rigo;
- se si tratta di impresa in regime di contabilità semplificata, nel quadro RG, al rigo RG20 «altri componenti negativi», insieme ad altri costi che si riportano in questo rigo; il forfait del 10% si riporta anche alla colonna 2 «Irap deducibile».

Sacconi: «In arrivo un piano per il lavoro»

Governo «nei prossimi giorni presenterà un piano triennale per il lavoro», al quale seguirà il disegno di legge delega sullo Statuto dei lavori. Lo ha annunciato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, nel giorno dell'anniversario dello Statuto dei lavoratori, la legge 300 del 1970 che è stata celebrata con tre diverse iniziative dai sindacati confederali, segno dello stato dei rapporti tra Cisl-Uil e Cgil. «Il Governo - ha puntualizzato il ministro - presenterà questi atti sulla base di una fase di dialogo sociale e di trasparente dibattito parlamentare perché, alla fine, toccherà anche al Parlamento esprimere le proprie opinioni e il proprio voto».

Intitolato un premio a D'Antona, vittima delle Br. Lo stesso Sacconi ha dedicato tre sale del ministero di Via Veneto a tre ex ministri che hanno avuto un ruolo centrale nell'elaborazione e approvazione dello Statuto: Gino Giugni, Carlo Donat-Cattin e Giacomo Brodolini, intitolando un premio a Massimo D'Antona in occasione dell'undicesima ricorrenza della sua uccisione da parte delle Br. All'iniziativa organizzata dalla Uil, il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, ha ricordato come lo Statuto del 1970 sia il frutto delle mobilitazioni dei lavoratori della fine degli anni 60 recepite nei contratti, ed estese attraverso la legge 300 a quanti erano privi di tutele. Ma Brunetta ha incassato i fischi di una parte della platea di iscritti alla Uil quando ha sottolineato che «qualcuno ha usato lo Statuto come strumento per difendere i fannulloni».

Bonanni contrario a interventi unilaterali sullo Statuto. Quanto ai sindacati, per il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, lo Statuto del 1970 non è un «caro estinto, va salvaguardato e con esso il richiamo ai principi costituzionali minacciati dalle norme del Ddl lavoro» che «obbligando il lavoratore a ricorrere all'arbitrato rappresentano un attacco alla Costituzione che stabilisce il diritto di ogni cittadino a rivolgersi a un giudice per far valere le proprie ragioni». Su questi temi la Fiom-Cgil sollecita una mobilitazione fino allo sciopero generale. Diversa la posizione della Cisl. Raffaele Bonanni è contrario ad «interventi unilaterali, che scavalcano le parti», perchè dello Statuto dei lavoratori bisognerà cambiare «quello che riterranno conveniente i lavoratori e le imprese». L'iniziativa va lasciata agli attori sociali per Bonanni che si dice d'accordo con il metodo illustrato da Sacconi: «Fa bene il ministro a dire che non imporrà normative ma che lascerà interamente alle parti sociali questa partita». Per la Uil che significativamente ha organizzato un convegno con la fondazione Craxi «Dallo Statuto dei lavoratori allo Statuto dei lavori» bisogna preoccuparsi di estendere le tutele: «Il problema è che lo Statuto riguarda ormai una minoranza di lavoratori, il 48% – sostiene Luigi Angeletti –. Noi dobbiamo occuparci anche degli altri che non hanno tutele, della maggioranza. Bisogna costruire un'intesa tra le parti sociali».