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"Be Informed" - Vivere meglio Informati





La partecipazione attiva ai processi socio-culturali in atto rende indispensabile per il singolo individuo l'utilizzo di strumenti e il possesso di competenze che lo rendano capace di analizzare e interagire con la realtà. La nuova economia basata sulla conoscenza è un concetto che che influenza sempre più le politiche e le scelte delle istituzioni.
Nella progettazione del nostro lavoro ci siamo ispirati a uno degli obiettivi assegnati al Fondo Sociale Europeo in tema di formazione , ovvero quello del “lifelong learning”,ovvero una formazione in continua ascesa che si trasforma sulla base dell'evoluzione dei processi economici, sociali , culturali e direi anche politici.
Proponiamo un'offerta di istruzione e di formazione professionale a portata di tutti su discipline (a nostro avviso purtroppo) “non didattiche” che però risultano ad oggi “pane quotidiano” per la maggior parte degli individui.

Le politiche e le strategie delle istituzioni locali e sovranazionali sono caratterizzate da un'attenzione sempre maggiore alla società dell'informazione, globalizzazione e nuove conoscenze. Perciò per partecipare ai complessi processi socio culturali in atto, gli individui hanno bisogno di strumenti e competenze che gli permettano di interagire con la realtà attuale.
Il progetto intende offrire a tutti i cittadini di avere le stesse opportunità di accedere a un apprendimento che attualmente è prerogativa di pochi, sulla base delle esigenze e bisogni di ciascuno. Bisognerebbe adattare quindi l'offerta di istruzione e formazione affinché possano tutti disporre di continue opportunità formative che integrino i momenti del lavoro, vita famigliare e tempo libero.
I destinatari del nostro progetto sono tutti i cittadini che vogliono elevare il loro livello generale degli studi, tutti coloro che sono in cerca di una adeguatezza delle conoscenze e competenze alle mutevoli esigenze del mondo del lavoro.

MANSIONE E TUTELA DELLA SALUTE

Tra i compiti del preposto è compreso quello di aggiornare le misure prevenzionali in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi o al grado di evoluzione della tecnica di prevenzione e protezione, ma sempre nell'ambito delle sue limitate attribuzioni che attengono all'organizzazione delle modalità lavorative e non alla scelta dei dispositivi di sicurezza; la scelta di questi dispositivi rientra, invece, nelle attribuzioni del datore di lavoro o anche dei dirigenti nel caso in cui abbiano un potere di spesa appropriato. (Cass. 1/6/2007 n. 21593, Pres. Maroni Rel. Baiotta, in Lav. e prev. oggi 2007, 1491)
Il dovere del datore di lavoro - enucleabile dagli obblighi impostigli dall'art. 2087 c.c. riguardo alla tutela della salute del lavoratore e da un'interpretazione del contratto di lavoro alla luce del principio di correttezza e buona fede di cui all'art. 1375 c.c. - di adibire il lavoratore, affetto da infermità suscettibili di aggravamento a seguito dell'attività svolta, ad altre mansioni compatibili con la sua capacità lavorativa, non attribuisce al lavoratore il diritto ad essere assegnato a mansioni del tutto diverse da quelle per le quali è stato assunto, con la necessaria adozione da parte del datore di lavoro di modifiche dell'assetto organizzativo implicanti ampliamenti di organico o innovazioni strutturali (nella specie il ricorrente, assunto da una Provincia come cantoniere stradale, lamentava di non essere stato trasferito ad altre mansioni dopo i primi certificati medici evidenzianti l'operare di patologie correlate all'esposizione agli agenti atmosferici, e neanche dopo una sua esplicita richiesta in tal senso: peraltro la sua richiesta era stata accolta dopo qualche mese, una volta resosi vacante un posto di usciere; la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto delle sue pretese risarcitoria) (Cass. 30/8/00, n. 11427, pres. Ianniruberto, est. Vidiri, in Orient. giur. lav. 2001, pag. 96)
Dal dovere di prevenzione imposto al datore di lavoro dall'art. 2087 c.c. non può desumersi la prescrizione di un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile e innominata diretta ad evitare qualsiasi danno, con la conseguenza di ritenere la responsabilità del datore di lavoro ogni volta che un danno si sia comunque verificato, occorrendo invece che l'evento sia pur sempre riferibile a sua colpa, per violazione di obblighi di comportamento imposti da norme di fonte legale o suggeriti dalla tecnica, ma concretamente individuati (Nella specie, avendo un dipendente della BNL richiesto il risarcimento del danno per l'aggravamento delle proprie condizioni fisiche determinato, a suo dire, dall'esser stato adibito ad attività non compatibili col proprio stato di salute, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il risarcimento, rilevando che l'attività cui era adibito il dipendente non era oggettivamente morbigena e che il datore di lavoro non era tenuto ad adibire a mansioni diverse il lavoratore, perché non obbligato a tanto né dalla legge, né dal contratto) (Cass. 10/5/00 n. 6018, pres. Santojanni, in Orient. Giur. Lav. 2000, pag. 411)

PROTEZIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI

La nomina del Rsppr da parte del datore di lavoro deve essere dimostrata da un documento avente data certa. (Cass. pen. sez. III 25 novembre 2008 n. 43840, Pres. De Maio Est. Teresi, in Dir. e prat. lav. 2009, 182)
L'obbligo del datore di lavoro sancito dall'art. 4, 5° comma, lett. m) del D.Lgs. 19/10/06 n. 626, di consentire al rappresentante per la sicurezza di accedere al documento di valutazione dei rischi prevede che quest'ultimo debba essere posto nella disponibilità del Rls con modalità tali da permetterne l'effettiva ricezione stabile e si concretizza pertanto come dovere di consegna materiale dello stesso, essendo insufficiente la mera messa a disposizione per la consultazione. (Trib. Brescia 18/10/2006, Est. Alessio, in D&L 2007, con nota di Chiara Asta, "Diritto di accesso al documento di valutazione dei rischi sulla sicurezza", 383)
Qualunque sia l’estensione dei compiti del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (ma soprattutto la capacità di tale soggetto di operare interventi diretti a realizzare i presidi di sicurezza, affrontando anche i relativi costi, il che è necessariamente connesso, oltre che ai limiti della delega, alla dotazione del necessario budget economico), la presenza di tale figura non esime alla radice il datore di lavoro dal debito di sicurezza in termini essenziali, allorchè egli sia a conoscenza di situazioni di pericolo per la salute e l’incolumità dei suoi dipendenti. (Cass. Sez. IV penale 29/7/2004 n. 32921, Pres. D’Urso est. Palmieri, in Dir. e prat. lav. 2004, 2929)
Nell'escludere all'art. 1, c. 4-ter, che il datore di lavoro possa delegare l'adempimento degli obblighi previsti dall'art. 4 c. 1, 2, 4, lett. a) e 11 primo periodo (valutazione dei rischi e redazione del documento di valutazione dei rischi con l'individuazione delle misure di prevenzione e protezione e le altre indicazioni richieste: designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione), il D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 non inibisce al datore di lavoro la possibilità di servirsi di persone competenti per la valutazione del rischio e la redazione del relativo documento, ma lo obbliga a valutare le capacità tecniche di chi redige materialmente il documento, ad informarsi preventivamente sui rischi presenti nell'azienda e a verificare successivamente se il documento redatto prenda in considerazione tali rischi e prospetti soluzioni idonee alla luce delle informazioni acquisite, sicchè solo a queste condizioni il datore di lavoro può anche rimettersi, per l'accertamento e l'adozione delle scelte tecniche aventi carattere di specializzazione da lui non posseduta e non manifestamente errate o incongrue, alle conclusioni di un consulente interno od esterno. (Cass. Sez. IV penale 6/2/2004 n. 4981, Pres. Fattori Est. Brusco, in Dir e prat. lav. 2004, 1919)
Non rilascia una delega effettiva e liberatoria degli obblighi antinfortunistici il datore di lavoro che nomina il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e ne comunica il nominativo all'unità sanitaria locale territorialmente competente. (Cass. 2/10/2003, n. 37449, Pres. Olivieri, Est. Visconti, in Dir. e prat. lav. 2003, 3168)
Nell'ambito di una amministrazione provinciale, qualora sia dotato di autonomia gestionale in materia, il responsabile del servizio strade e viabilità è da considerarsi datore di lavoro, ed ha, pertanto, l'obbligo di predisporre il documento relativo alla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, e di nominare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. (Cass. 23/5/2003, n. 22838, Pres. Vitalone, Rel. Gentile, in Dir. e prat. lav. 2003, 1541)
Spettano al datore di lavoro, e non al soggetto che rivesta un mero ruolo di preminenza nel luogo di lavoro, l'obbligo di elaborare il documento di valutazione dei rischi, o, nelle piccole e medie aziende, l'obbligo sostitutivo di autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi, nonché l'obbligo di designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione compete solo al datore di lavoro. (Cass. 17/4/2003, n. 18313, Pres. Papadia, Est. Onorato, in Dir. e prat. lav. 2003, 1539)
L’adozione di procedure di sicurezza e l’affissione delle relative norme all’esterno dei luoghi pericolosi non rientra nei compiti del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il quale ha il mero obbligo nei confronti del datore di lavoro di segnalare la presenza di omissioni in materia, dovendo, poi, il datore di lavoro stesso provvedere all’applicazione delle prescrizioni del caso (Pret. Trento, Sez. dist. di Mezzolombardo 25/1/99, est. Mantovani, in Dir. Lav. 2000, pag. 299con nota di Borghini, Responsabilità del titolare del servizio di prevenzione e protezione)

Inquadramento dei dipendenti pubblici e deroghe alla regola del concorso

(Corte costituzionale, sentenza n. 195/2010 - Dario Immordino)

E’ illegittima la disciplina con la quale il legislatore, attraverso una sanatoria degli inquadramenti del personale, consenta l’accesso dei dipendenti a funzioni più elevate in deroga alla regola del pubblico concorso, in assenza di « peculiari ragioni giustificatrici» attinenti alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, infatti, il concorso pubblico - quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito – costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni. Si tratta di uno strumento posto a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell’azione amministrativa, cui è necessario fare ricorso non soltanto nelle «ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, [ma anche…] nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio (ciò che comunque costituisce una “forma di reclutamento”)» Le eccezioni a tale regola - consentite dall’art. 97 Cost., purché disposte con legge - devono rispondere a «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» (sentenza n. 81 del 2006), poiché in caso contrario la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore di categorie più o meno ampie di persone (sentenza n. 205 del 2006). Perché sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall’art. 97 Cost., l’area delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso. In linea con questo indirizzo ermeneutico la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge della Regione Lazio 16 aprile 2009, n. 14 (Disposizioni in materia di personale), la quale stabilisce, in particolare, che «è fatta salva la qualifica o categoria già attribuita al personale alla data di entrata in vigore della presente legge per effetto dell’applicazione dell’articolo 22, comma 8, della legge regionale 1° luglio 1996, n. 25 (Norme sulla dirigenza e sull’organizzazione regionale) e successive modifiche, purché lo stesso abbia svolto le funzioni o mansioni corrispondenti alla predetta qualifica o categoria, conferite con atto formale ed effettivamente esercitate per almeno un triennio». Si tratta di una disciplina che, in nome di proclamate finalità perequative, riconosce ad un vasto numero di dipendenti regionali (ivi compresi molti dirigenti) l’accesso ad un livello superiore di inquadramento, acquisito in base ad un procedimento di «perequazione» esclusivamente ad essi riservato, in deroga alla regola del pubblico concorso ed al di fuori delle condizioni eccezionali prescritte dalla giurisprudenza costituzionale. Attesa infatti la strumentalità della procedura concorsuale alla realizzazione degli obiettivi di imparzialità e buon andamento dell’azione pubblica, eventuali deroghe possono considerarsi legittime solo quando si rivelino funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione, e ove ricorrano «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» (sentenza n. 293 del 2009), ricollegabili alla “peculiarità delle funzioni” da svolgere e all’esigenza di consolidare “specifiche esperienze professionali maturate all’interno dell’amministrazione e non acquisibili all’esterno”. In particolare tali esigenze, oltre ad essere ricollegabili alle peculiarità delle «funzioni» che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, devono riferirsi a specifiche necessità «funzionali» dell’amministrazione; ed essere desumibili dalle «funzioni» svolte dal personale reclutato, mentre nessuna rilevanza possono assumere l’ interesse particolare degli stessi dipendenti beneficiari della deroga o eventuali esigenze strumentali dell’amministrazione, connesse alla gestione del personale. Ciò perché, considerato che l’attività amministrativa è funzionalizzata alla soddisfazione dei bisogni della collettività e che l’efficienza e la correttezza dell’agire amministrativo non potrebbero essere assicurati in assenza di un’adeguata selezione di coloro che sono chiamati ad operare, in qualità di organi, per conto degli enti pubblici, ogni deroga alla procedura concorsuale deve trovare fondamento nella peculiare natura delle funzioni dell’amministrazione, cioè dei compiti ad essa attribuiti per soddisfare gli interessi della collettività e per la cui realizzazione i dipendenti pubblici sono reclutati. Restano assorbiti i profili di censura concernenti la carenza precettiva della disciplina impugnata, che non individua alcun criterio in base al quale realizzare i diversi inquadramenti del personale in servizio, nonché l’irragionevolezza della scelta sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e della “sanatoria” degli effetti di un provvedimento precedentemente annullato dalla giustizia amministrativa.

Il sindacato è parte civile anche nei procedimenti riguardanti lavoratori non iscritti

(Cassazione penale, sez. IV, sentenza 11.6.2010 n. 22558)

In data 11.2.2000 nel mentre l’operaio S.R. Dipendente della D. srl con funzioni di gruista, stata procedendo a mezzo di una autogru di proprietà della stessa D. ma noleggiato, con c.d. Nolo a caldo alla T.C. Snc, al posizionamento di una trave metallica, si verificava un incidente che aveva come conseguenza il decesso del predetto operaio; l’incidente avveniva all’interno del cantiere della predetta T.C. Snc, area di cantiere diversa da quella della D., essendo stato lo S. colà inviato insieme alla gru a seguito del predetto nolo a caldo; in particolare, come acclarato nelle sentenze di merito, la gru Gottwald AMK 106-51, alla cui conduzione e manovra vi era lo S., stava sollevando una pesante trave metallica agganciata al braccio telescopico utilizzando il solo argano principale allorchè il braccio della gru si allungava e la fune del (Ndr: testo originale non comprensibile) risalendo all’indietro, trascinava con sé il bozzello ed il relativo gancio dell’argano ausiliario del peso di circa 140 Kg; le funi, il bozzello ed il gancio superavano la testa del braccio e precipitando verso la cabina dei gruista, ne provocavano lo sfondamento colpendo alla testa il lavoratore che decedeva sul colpo. Del fatto venivano chiamati a rispondere, per quanto qui rileva, F.E. Responsabile di produzione della divisione industriale D. e da essa delegato per sovraintendere alla sicurezza dei propri cantieri, con facoltà di sub delega, e B.G. Capocantiere, sub delegato dal F. a sovraintendere alle attività svolte nel cantiere di ****; si contestava loro la colpa generica e specifica di aver consentito l’utilizzo della gru in cattivo stato di manutenzione, non rispondente alle misure di sicurezza e non assoggettata alle verifiche annuali; di averne consentito l’uso non in conformità delle istruzioni del fabbricante in particolare consentendo che la gru lavorasse con due ganci (quello principale e quello ausiliario) installati contemporaneamente, con le staffe antiscarrucolamento recise e rimosse con la fiamma ossidrica;

Criteri distintivi tra lavoro autonomo e subordinato

Con sentenza n. 9251 del 19 aprile 2010, la Cassazione ha affermato che l’elemento tipico che contraddistingue il lavoro subordinato dal lavoro autonomo, consiste nel fatto che il primo è costituito dalla subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore, con assoggettamento del prestatore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, ed al conseguente inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale con prestazione delle sole energie lavorative.

La Suprema Corte precisa, inoltre, che l’esistenza del vincolo di subordinazione va concretamente apprezzato con riguardo alla specificità dell’incarico conferito; è legittimo ricorrere a criteri distintivi sussidiari, quali la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale, ovvero l’incidenza del rischio economico, l’osservanza di un orario, la forma di retribuzione, la continuità delle prestazioni e via di seguito. Nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, oppure, all’opposto, nel caso di prestazioni lavorative dotate di notevole elevatezza e di contenuto intellettuale e creativo, il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare può non risultare, in quel particolare contesto, significativo per la qualificazione del rapporto di lavoro, ed occorre allora far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore.