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Reato penale la mancata esibizione di documenti agli ispettori del lavoro

Fonte DTL Modena


Con sentenza n. 42334 del 15 ottobre 2013, la terza sezione penale della Cassazione ha affermato che il datore di lavoro che omette di esibire la documentazione richiesta dall'ispettore del lavoro, risponde penalmente di ciòSi tratta delle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l’igiene del lavoro, che assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale di controllo esercitata dall’Ispettorato del lavoro.
Il reato in questione si configura, non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie, ma anche nell’ipotesi di omessa esibizione della documentazione che consenta all’Ispettorato del lavoro la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria, ivi compresa quella sulle assunzioni, necessaria per verificare l’adempimento dei conseguenti obblighi contributivi.

Infine, i giudici della Suprema Corte ricordano che l'articolo 4, ultimo comma, della legge n. 628 del 1961 punisce "coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete".

Il Ricorso Tributario (di Bruno Olivieri)

RICORSO ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

Con il ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale si avvia il processo tributario di primo grado.
Si identifica me processo tributario di primo grado il ricorso del contribuente contro  atti emessi dall’Agenzia delle Entrate, Agenzia del Territorio, delle Dogane e l’Ente di Riscossione e in riferimento a quanto di cui all’art. 19 D.Lgs 546/1992.
In caso di ricorso da parte del contribuente, l’obbligo di adempiere al versamento delle somme richieste non si interrompe (art. 47 D.Lgs 546/1992); il contribuente deve versare le somme richieste e,  nel caso di sentenza favorevole, l’Amministrazione Finanziaria restituirà le somme no dovute. Per l’interruzione dev’essere presentata apposita richiesta alla Commissione Tributaria a cui seguirà o meno delibera di sospensione.

IL PROCEDIMENTO
Il ricorso dev’essere proposto seguendo un iter procedurale molto rigoroso:

Termini e modalità di presentazione del ricorso
1.     Il ricorrente può proporre ricorso entro massimo 60 giorni dal ricevimento dell’Avviso di Accertamento (art. 21)
2.     Il ricorrente entro i termini presenta, a mano presso la segreteria della commissione provinciale o a mezzo posta raccomandata con ricevuta di ritorno, l’istanza (art. 20);
3.     Entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, il soggetto ricorrente deve costituirsi in giudizio trasmettendo, a mano o a mezzo posta raccomandata, l’originale del ricorso e la nota di iscrizione a ruolo in cui sono indicate le parti del ricorso e il difensore nominato dal ricorrente, obbligatorio per liti tributarie superiori a 5.000.0000 (art. 22)
4.     Entro 60 giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato, L’Ufficio nei confronti del quale è stato proposto il ricorso, si costituisce in giudizio depositando presso la segreteria della commissione tributaria provinciale le controdeduzioni indicando anche le prove di cui intende avvalersi (art. 23)
5.     La segreteria della commissione tributaria iscrive il ricorso nel registro generale e forma il fascicolo del processo composto da tutti i documenti depositati dalle parti interessate che saranno loro restituiti al termine del processo.
6.     La segreteria della commissione tributaria sottopone al presidente della commissione tributaria il fascicolo formato

Convocazione Prima Udienza
7.     Il presidente della commissione assegna il ricorso ad una sezione
8.     Il presidente della Sezione analizzerà il ricorso per valutarne l’ammissibilità e se ammissibile fissa la data della prima udienza per la trattazione della controversia
9.     La segreteria della Commissione tributaria trasmette alle parti la data di convocazione almeno 30 giorni prima di quella fissata

Trattazione della controversia e sentenza
10.  La controversia verrà trattata in Camera di Consiglio, salvo istanza inviata almeno dieci giorni prima dell’udienza, con cui si richiede il trattamento in Pubblica Udienza.
11.  Il collegio dei giudicanti delibera la decisione in segreto in Camera di Consiglio entro massimo trenta giorni.
Prima della pronuncia della sentenza, ai sensi dell’art. 48 D.Lgs 546/1992, le parti possono proporre la conciliazione totale o parziale
12.  A seguito della delibera, viene pronunciata la sentenza che ne è scaturita. La sentenza viene resa pubblica mediante il deposito presso la segreteria della Commissione Tributaria entro 30 giorni dalla sentenza pronunciata.


RICORSO ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

In caso il soggetto ricorrente abbia avuto una sentenza avversa, può proporre ricorso alla decisione derivante dalla Sentenza pronunciata dal collegio giudicante in camera di consiglio.
Tale ricorso è ammesso alla Commissione Tributaria Regionale e prende il nome di processo tributario di secondo grado.
Il ricorso in appello dovrà contenere, a pena di inammissibilità, le seguenti indicazioni:

·       Commissione a cui è diretto
·       Soggetto nei confronti dei quali è richiesto appello
·       Estremi della sentenza impugnata
·       Esposizione sommaria dei fatti
·       Oggetto e motivi della domanda di impugnazione

IL PROCEDIMENTO

Termini e modalità di presentazione del ricorso
Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui al processo di primo grado (richiesta, istruzione del fascicolo, assegnazione alla sezione, decisione  e sentenza), ai sensi di quanto disposto dall’art. 22, e nei confronti di tutti i soggetti che hanno partecipato al processo di primo grado.
A seguito del deposito del ricorso, ovvero della costituzione in giudizio delle parti, la segreteria della commissione tributaria regionale richiede copia del fascicolo contenente anche la sentenza alla commissione tributaria provinciale.
Nel processo d’appello non possono proporsi domande nuove e nel caso siano proposte devono essere dichiarate inammissibili.

Trattazione della controversia e sentenza
Nel procedimento d’Appello si osservano le norme applicative di cui al processo tributario di primo grado.


RICORSO IN CASSAZIONE

In caso il soggetto ricorrente abbia avuto una sentenza avversa anche in secondo grado ma ritenga infondato il giudizio indicato nella sentenza pronunciata dalla commissione tributaria regionale, può ricorrere in Cassazione ai sensi dell’art. 62 D.Lgs 546/1992.
In cassazione la procedura seguita sarà quella rilevata dal codice di procedura civile.


Studi di Settore

Dichiarare per molti anni ricavi pari agli studi di settore legittima l’accertamento analitico induttivo del fisco. La «precisione millimetrica» nel rispetto dei parametri getta ombre sulla veridicità della dichiarazione. Contrarre un mutuo non prova la crisi finanziaria.
 CTR di Valle d'Aosta, sentenza 18/13

Lavoro Straordinario

Licenziato chi si attribuisce lo straordinario da solo e svolge servizi fuori sede senza permesso. La sanzione espulsiva si giustifica per la condotta reiterata del lavoratore in spregio alle regole aziendali: lede il vincolo di fiducia con il datore. 
Cassazione, sentenza 23784 del 21.10.13

IMPRESA FAMILIARE CON REGIME DI VANTAGGIO PER LE NUOVE INIZIATIVE IMPRENDITORIALI

Articolo del Dott. Bruno Olivieri (Consulente Fiscale)

Questo regime ha sostituito, a partire dal 2013, in vecchio regime dei minimi e il regime di agevolato.

Disciplinato dal D.Lgs 98/2011 è un regime contabile a cui possono accedere solo i soggetti in possesso di particolari requisiti:

  1. · Non hanno esercitato, nei tre anni antecedenti la richiesta di entrata nel regime, alcuna attività autonoma o imprenditoriale ( in rif. alla Circ. 17/E Agenzia delle Entrate del 30/05/2012, l’esercizio dell’attività fa riferimento non alla mera apertura della partita iva ma all’effettuazione di operazioni attive o passive);
  2. · L'attivita' da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attivita' precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo;
  3. · L’attività dovrà essere svolta sotto forma di ditta individuale o impresa familiare (art 230-bis c.c.)


Costituire un'impresa familiare è possibile, ai sensi dell'articolo 230-bis, codice civile, tra il titolare della ditta e il coniuge, i parenti entro il terzo grado e/o gli affini entro il secondo.

Ciò consentirebbe di iscrivere il familiare all'Inps (se l'attività è artigiana o commerciale e solo nei casi in cui svolga attività con prevalenza, altrimenti, in caso sia titolare di un rapporto di lavoro o sia pensionato, potrà essere esonerato dal versamento della contribuzione ai sensi di quanto chiarito dalla Circolare del Ministero del Lavoro 10478/2013) e all'Inail (sempre se l'attività è artigiana o se è individuata rischiosa dalla legge). Inoltre, anche l'impresa familiare può beneficiare del regime dei minimi, con l'avvertenza che «l'imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, è dovuta dall'imprenditore», senza necessità di ripartire il reddito pro quota anche ai familiari (articolo 1, comma 105, legge n. 244/2007).

Quindi, siccome l'imposta sostituiva è interamente assolta dal titolare della ditta, i «collaboratori familiari non sono tenuti neppure a dichiarare il reddito di partecipazione all'impresa familiare» (circolari 30 maggio 2012, n. 17/E, paragrafo 6.1.2 e 28 gennaio 2008, n. 7/E).


La permanenza all’interno del regime dipende da requisiti oggettivi e soggettivi:

REQUISITO SOGGETTIVO:

La permanenza all’interno del regime è ammessa per 5 anni a qualsiasi soggetto e comunque fino all’età di 35 anni qualora, al compimento del quinto anno nel regime, non si sia raggiunta l’età limite (di 35 anni).

REQUISITI OGGETTIVI:

· Non conseguire ricavi per un importo superiore a 30.000 euro annui

· Non effettuare operazioni di cessioni all’estero

· Non avere collaboratori dipendenti

· Non avere beni ammortizzabili per un valore superiore a 15.000 euro nel triennio

Questo regime viene definito di vantaggio in quanto presenta un trattamento fiscale agevolato ai fini IVA, IRPEF e IRAP.

Prevede infatti l’assoggettamento ad un’imposta sostitutiva pari al 5% del reddito imponibile dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo che assolve le imposte dovute a i fini IRPEF e relative addizionali.

Il soggetto nel regime fiscale di vantaggio è inoltre esentato da effettuare gli adempimenti ai fini IVA non addebitando l’imposta in sede di emissione di fattura fiscale. Allo stesso modo non possono portare in detrazione l’iva sugli acquisti che costituirà però un costo deducibile dal reddito fiscale.

L’imposta sostitutiva viene liquidata in sede di dichiarazione dei redditi con l’assoggettamento ad eventuali acconti per l’anno d’imposta successivo.

I contribuenti in regime di vantaggio fiscale non hanno obblighi di tenuta di scritture contabili ma solo di conservazione dei documenti fiscali che hanno determinato il risultato d’esercizio e il reddito imponibile.

I contribuenti in regime agevolato, che non hanno altri redditi assoggettati a irpef e dai quali applicare detrazioni e deduzioni, non hanno inoltre possibilità di usufruire delle detrazioni e deduzioni per oneri e spese personali che non siano inerenti l’attività svolta.