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Termine di decadenza per l’impugnazione del licenziamento illegittimo

Fonte DTL Modena

La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 12 del 25 marzo 2014, ha risposto ad un quesito dell'Assotrasporti (Associazione Nazionale Sindacati dei Trasporti e dei Servizi), in merito all’interpretazione dell’art. 32, comma 4 lett. d), dellaLegge n. 183/2010.
In particolare si chiedono chiarimenti in ordine alla “estensione” del termine decadenziale di 60 giorni per l’impugnabilità del licenziamento e del termine di 180 giorni (termine così ridotto dal successivo art. 1, comma 38, Legge n. 92/2012) per il deposito del ricorso, ad “ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’art. 27 del D.L.vo n. 276/2003, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto”.

La risposta in sintesi:

"...Si premette che per tutte le ipotesi il lavoratore, nel chiedere la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro nei confronti dell’utilizzatore, deve provare in via giudiziale la sussistenza degli elementi di irregolarità della somministrazione e di non genuinità e illegittimità dei contratti di appalto e distacco e contestualmente l’illegittimità del licenziamento.
Con riferimento al dies a quo per la decorrenza dell’enunciato termine di 60 giorni per la relativa impugnazione, occorre distinguere l’ipotesi in cui il licenziamento sia stato comunicato o meno per iscritto.
Nel caso di licenziamento scritto con contestuale comunicazione scritta dei motivi (cfr. art. 1, comma 37, Legge n. 92/2012), il termine decorre dalla data di ricezione, da parte del lavoratore, della comunicazione medesima.
Di contro, in caso di licenziamento verbale o di fatto o senza comunicazione dei motivi, il licenziamento è inefficace (art. 2, comma 3, LLegge n. 604/1966), nel qual caso non si ritiene applicabile il termine di decadenza di 60 giorni che postula l’esistenza di un licenziamento scritto (sulle conseguenze, in relazione al requisito dimensionale, v. art. 18, commi 1 e 6, Legge n. 300/1970).

In tal caso, essendo il licenziamento tamquam non esset, il lavoratore può agire per far dichiarare tale inefficacia, contestualmente all’azione per la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro con il fruitore materiale delle prestazioni, senza l’onere della previa impugnativa stragiudiziale del licenziamento stesso, entro il termine prescrizionale di 5 anni.
In via generale, in caso di licenziamento illegittimo, la giurisprudenza afferma infatti che il termine di 60 giorni, previsto a pena di decadenza dall’art. 6 della Legge n. 604/1966si applica all’impugnazione di ogni licenziamento comunicato per iscritto per ragioni riconducibili nell’ambito della disciplina dettata dalla Legge n. 604/1966, fatta eccezione per il licenziamento non comunicato per iscritto, o di cui non siano stati comunicati, parimenti per iscritto, i motivi, sebbene richiesti, come stabilito dall’art. 2 della citata Legge del 1966, nel qual caso, essendo il licenziamento inefficace (tamquam non esset), e quindi non inficiando sulla continuità del rapporto da un punto di vista giuridico, si applicherebbe il solo termine prescrizionale per la conseguente declaratoria di inefficacia” (cfr. Cass. sent. n. 5611/1997; Cass. sent. n. 5519/1999, Cass. SS.UU. sent. n. 508/99).".

Lavoro intermittente e addetto call-center

Fonte DTL Modena

La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 10 del 25 marzo 2014, ha risposto ad un quesito del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, in merito al possibile utilizzo della tipologia contrattuale del lavoro intermittente in relazione al personale addetto alle attività di call center in bound e/o out bound, operando un rinvio alle figure degli “addetti ai centralini telefonici privati”, contemplate al n. 12 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, così come richiamata dall’art. 40, D.L.vo n. 276/2003 e dal D.M. 23 ottobre 2004 di questo Ministero.

La risposta in sintesi:

"...Le figure richiamate genericamente dall’interpellante non sembrano equiparabili a quelle indicate al n. 12 della tabella citata.
Va infatti evidenziato che l’attività degli “addetti ai centralini telefonici privati” ha una sua specifica connotazione, in quanto consiste esclusivamente nello smistamento delle telefonate.
La prestazione svolta invece dagli operatori di call center è sicuramente una prestazione più articolata in quanto si inserisce normalmente nell’ambito di un servizio o di una attività promozionale o di vendita da parte dell’impresa.

Ciò peraltro è esplicitamente confermato dal Legislatore laddove ammette il ricorso a contratti di collaborazione a progetto per attività di call center out bound quando trattasi di “attività di vendita diretta di beni e di servizi” (art. 61, D.L.vo n. 276/2003).
Il semplice utilizzo dello strumento telefonico non sembra quindi consentire la richiesta equiparazione delle categorie in questione.
Resta ferma la possibilità di instaurare un rapporto di lavoro di natura intermittente anche per tali attività laddove il lavoratore sia in possesso dei requisiti anagrafici di cui all’art. 34 citato o qualora ciò sia previsto dalla contrattazione collettiva.".

Lavoro intermittente e personale delle aziende funebri

Fonte DTL Modena

La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con interpello n. 9 del 25 marzo 2014, ha risposto ad un quesito del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, in merito alla possibilità di instaurare rapporti di lavoro di natura intermittente in relazione alla figure dei necrofori e dei portantini addetti ai servizi funebri.
In particolare, l’istante chiede se il suddetto personale, impiegato presso aziende operanti nello specifico settore, possa essere assimilato alle categorie degli “operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose”, indicate al n. 46 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, così come richiamata dall’art. 40, D.Lgs. n. 276/2003 e dal D.M. 23 ottobre 2004 di questo Ministero.

 La risposta in sintesi:

"...Dalla lettura del n. 46 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, tra le attività a carattere discontinuo con riferimento alle quali è possibile stipulare contratti di lavoro intermittente risulta contemplata, come anticipato dall’istante, quella espletata dagli “operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose”, comprensiva dunque di tutte le prestazioni strumentali alla preparazione e allo svolgimento delle celebrazioni civili e dei riti religiosi.
Sulla base di tale nozione, non sembra possa negarsi una equiparazione tra tali figure e quelle dei necrofori e portantini impiegati dalle aziende di servizio funebre nelle attività preliminari ed esecutive del trasporto, della cerimonia e della connessa sepoltura.
Pertanto, in risposta alla questione sollevata si può ritenere che, a prescindere dai requisiti anagrafici ed oggettivi di cui all’art. 34 del D. Lgs. n. 276/2003, la tipologia di contratto di lavoro intermittente sia configurabile anche nei confronti delle categorie richiamate dall’interpellante, in quanto rientranti nell’ambito delle figure declinate al n. 46 della tabella allegata al citato R.D.".


Modifica al Testo Unico sull'Immigrazione

Fonte DTL Modena

Il Consiglio dei Ministri ha pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2014, il Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 40 contenente in materia di immigrazione di lavoratori extraUE.
In pratica, vengono previste delle modifiche al TU sull'immigrazione (Decreto Legislativo n. 286/1998), la Direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro.

 

Versamenti volontari integrativi della contribuzione obbligatoria per lavoro intermittente

Fonte DTL Modena

L'INPS, con la circolare n. 33 del 20 marzo 2014, fornisce le istruzioni operative ed i requisiti per i lavoratori intermittenti che intendono versare i contributi volontari ad integrazione della contribuzione obbligatoria versata durante le prestazioni effettuate (ai sensi dell’articolo 36, comma 7 del D.L.vo n. 276/2003).
Nelle ipotesi in cui il lavoratore intermittente presti attività lavorativa per un numero di ore inferiore a quello contrattualmente previsto per i soggetti occupati a tempo pieno presso la stessa azienda, il numero delle settimane da considerare coperte da contribuzione deve essere determinato in proporzione alla durata effettiva della prestazione lavorativa, con un procedimento analogo a quello previsto per i periodi di lavoro a tempo parziale, ferma l’esclusione dalla disciplina prevista per tale forma di prestazione lavorativa.
In corrispondenza dei periodi di lavoro intermittente contrassegnati dai codici “tipo contribuzione” G0 e H0 vengono perciò indicate le “settimane utili” ai fini del calcolo della pensione, in numero pari al rapporto ottenuto dividendo il totale delle ore retribuite nel periodo lavorato per l’orario contrattuale settimanale del tempo pieno.
Laddove il lavoratore sia interessato dall’obbligo della disponibilità, il numero delle “settimane utili” ai fini del calcolo della pensione sarà presente anche in corrispondenza dei relativi periodi.