Il licenziamento è l'atto con il quale il datore di lavoro recede unilateralmente dal contratto di lavoro nei confronti di un suo collaboratore. Nell'ordinamento italiano vi sono precisi limiti e modalità da seguire perchè il licenziamento sia ritenuto valido.
Secondo i CCNL il licenziamento può avvenire solo in alcuni casi specifici. Qualora il collaboratore/dipendente sia licenziato ingiustamente, egli ha facoltà di procedere con l’impugnazione del licenziamento.
Il licenziamento può essere intimato per:
• “giusta causa” legata a gravi motivi (es. furti aziendali o offese gravi ai superiori). Il lavoratore licenziato per giusta causa ha diritto solo alla liquidazione.
• “giustificati motivi” dipendenti da motivi aziendali o dall’eccessiva “morbidità” nel comportamento (es. troppi giorni di malattia). In tal caso il lavoratore ha diritto alla liquidazione e all’indennità di mancato preavviso.
In alcuni casi è ancora consentito il licenziamento senza obbligo di motivazione. I collaboratori licenziati devono avere un contratto a tempo indeterminato e ricoprire i ruoli di:
1) dirigenti (Il licenziamento del dirigente è regolato dalle norme del codice civile e dalla contrattazione collettiva);
2) collaboratori domestici;
3) dipendenti assunti per un periodo di prova;
4) dipendenti over 60, che abbiano raggiunto i requisiti pensionistici e non desiderino continuare il rapporto di lavoro.
Cosa può fare il lavoratore ingiustamente licenziato? Se ingiusto o viziato, il licenziamento può essere impugnato. L'impugnazione del licenziamento può essere proposta dal lavoratore, dall'associazione sindacale, da un rappresentate del lavoratore o dal legale del lavoratore.
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