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Sistemi di classificazione contrattuale

I contratti collettivi di categoria prevedono un sistema di classificazione dei lavoratori - in aree, qualifiche o livelli - attribuiti in relazione alle mansioni che questi sono chiamati a svolgere.
A ciascun livello della scala classificatoria, descritto da apposite declaratorie, è collegato uno specifico trattamento economico (e talora normativo).
In definitiva l’inquadramento del lavoratore - sia che avvenga all’atto dell’assunzione sia che debba essere rideterminato a seguito del mutamento delle mansioni inizialmente attribuite - si realizza mediante un procedimento logico che si articola in tre fasi:
1.
esame dell’attività lavorativa;
2.
individuazione delle categorie, qualifiche e livelli d’inquadramento previsti dal contratto collettivo applicabile al rapporto;
3.
determinazione della categoria e qualifica o livello di inquadramento in cui sono comprese le mansioni svolte dal lavoratore (Cass. 21 maggio 2002, n. 7453).
I sistemi di inquadramento adottati dai contratti collettivi sono validi sia per gli operai che per gli impiegati e i quadri. Può così verificarsi che vengano classificate nello stesso livello figure professionali che, pur appartenendo a categorie legali diverse, svolgono mansioni aventi analogo valore qualitativo nella valutazione delle parti collettive.
L’inquadramento nello stesso livello, se determina l’attribuzione ai lavoratori degli stessi minimi retributivi, non modifica i criteri per l’applicazione degli altri istituti economici e normativi (istituti contrattuali differenziati, adempimenti assicurativi, trattamenti previdenziali) che risultino correlati alla categoria legale di appartenenza.
Possono così individuarsi puntuali corrispondenze tra i livelli stabiliti dal sistema di inquadramento contrattuale e le categorie legali di appartenenza dei lavoratori ivi classificati.

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