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Servizio ispezioni del lavoro

Nel linguaggio comune l’espressione Ispettorato del Lavoro viene utilizzata per indicare quell’istituzione, facente capo al Ministero del Lavoro, deputata al controllo della corretta applicazione della normativa lavoristica, sostanziale e previdenziale, nei luoghi di lavoro.

Occorre subito precisare che parlare di Ispettorato del lavoro non è tecnicamente corretto: si tratta, infatti, di un’istituzione soppressa dal 1997. Le sue funzioni sono state assorbite dal Servizio Ispezioni del Lavoro delle Direzioni provinciali del lavoro.

L’Ispettorato del lavoro (rectius, la Direzione provinciale del lavoro) rappresenta il soggetto principale nel complesso sistema in cui si articolano gli strumenti istituzionali di prevenzione, ispezione e controllo della regolarità dell’applicazione delle norme lavoristiche e previdenziali.
I suoi compiti principali sono la vigilanza sulla normativa in materia di lavoro e sulla corretta applicazione dei contratti collettivi, l’attività di chiarimento sulle disposizioni vigenti, la vigilanza sul funzionamento della attività previdenziali e assistenziali compiute da associazioni professionali e da altri enti pubblici e privati (con esclusione delle funzioni esercitate direttamente, per i propri dipendenti da stato, regioni e province), l’effettuazione di inchieste e indagini richieste dal Ministero e le eventuali altre funzioni demandate o delegate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

È d’obbligo segnalare come il sistema istituzionale di vigilanza giuslavoristica coinvolga diversi soggetti con funzioni ispettive e/o accertative tendenzialmente differenti ma talvolta sovrapposte. In tale contesto, solo gli ispettori del lavoro hanno una competenza generale in materia (mentre i restanti organi istituzionali hanno funzioni limitate e specifiche) e assolvono altresì la funzione di coordinamento in ipotesi di sovrapposizione di competenze e/o funzioni con altri soggetti ispettivi.

Tra coloro che operano in quest’ambito, meritano di essere ricordati:
gli ispettori di vigilanza degli enti previdenziali (principalmente Inps e Inail; tali ispettori, che, al contrario degli ispettori del lavoro non rivestono la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, hanno poteri ispettivi limitatamente alle proprie competenze e possono emettere provvedimenti di diffida);
gli accertatori del lavoro, con poteri molto simili a quelli degli ispettori e dipendenti anch’essi dalla direzione provinciale del lavoro;
il tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro (ovvero uno dei servizi dei dipartimenti di prevenzione istituiti presso ogni ASL);
il corpo dei vigili del fuoco del Ministero dell’interno;
infine, limitatamente alla sicurezza dei lavoratori di tali settori, il personale degli uffici di sanità aerea e marittima e delle autorità marittime, portuali e aeroportuali.

L’accennato dedalo di istituzioni operanti in campi analoghi e spesso sovrapposti ha indotto il legislatore a intervenire con una normativa volta alla razionalizzazione e al coordinamento delle competenze dei soggetti coinvolti nel sistema ispettivo .

Successivamente a prime esperienze, temporanee o contingenti, di istituzioni con compiti ispettivi di fine ‘800 (per la vigilanza sull’applicazione delle prime “leggi operaie”, la L. 3 aprile 1879, n. 4828, autorizzò l’assunzione di due ispettori delle industrie da parte del Ministero di agricoltura, industria e commercio) e inizio ‘900 (un Corpo di ispettori del lavoro venne istituito, con carattere di provvisorietà, dalla L. 19 luglio 1906, n. 380), si istituì il primo stabile ispettorato, funzionalmente dipendente dal Ministero delle corporazioni, nel periodo fascista, con il R.D. n. 2183 del 14 settembre 1929.

Soppresso l’ordinamento corporativo, l’Ispettorato prese la denominazione di Ispettorato dell’industria e del lavoro, alle dipendenze del Ministro dell’industria, del commercio e del lavoro (r.d.l. 9 agosto 1943, n. 748). In seguito alla separazione del Ministero dell’industria e del commercio dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale – operata con D.Lgs. luog. n. 474 del 10 agosto 1945 – le competenze dell’Ispettorato furono ripartite tra i due Ministeri.

Gli interventi normativi senza dubbio più rilevanti si ebbero nella seconda metà degli anni ’50 e nei primi anni ’60. Sono di questo periodo, infatti, il D.P.R. n. 520 del 19 marzo 1955 (Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del lavoro e della previdenza sociale) e la L. n. 628 del 22 luglio 1961 (Modifiche all’ordinamento del Ministero del lavoro e della previdenza sociale), che hanno rappresentato (seppur con le modificazioni apportate dal D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977, e dalla L. n. 833 del 23 dicembre 1978), la pietra miliare della regolazione delle competenze e delle funzioni dell’Ispettorato del lavoro, quale istituzione funzionalmente dipendente dal Ministero del lavoro.
Tale ultimo impianto normativo conferiva la titolarità dell’attività ispettiva agli ispettorati del lavoro, a loro volta organizzati in ispettorati regionali e provinciali. Ad essi era espressamente attribuito il compito della vigilanza, mentre residuava alla competenza ministeriale l’amministrazione, l’organizzazione e il controllo sul personale ispettivo, nonché la fornitura delle direttive.

Quarant’anni dopo l’Ispettorato del lavoro è stato soppresso (con il D.Lgs. n. 469/1997) e i suoi compiti sono stati assorbiti dalla Direzione provinciale del lavoro, diffusa su tutto il territorio nazionale e presente in ogni Provincia. La Direzione Provinciale del Lavoro fa capo, dal 2008, al Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, già Ministro del lavoro e della previdenza sociale.
Come accennato, l’esigenza di un efficace coordinamento tra le diverse autorità dettata dalla complessità ed eterogeneità di istituzioni competenti nel sistema ispettivo del lavoro ha indotto il legislatore a intervenire nuovamente sulla materia con il D.Lgs. n. 124/2004, in attuazione delle disposizioni contenute nella Legge n. 30/2003.

Con tale intervento si adotta un approccio sistemico di carattere generale e una strategia complessiva volta a sfruttare le sinergie esistenti fra i vari organismi deputati alla vigilanza, in una prospettiva non di mera unificazione delle competenze, ma in una visione globale delle materie orientata al contrasto delle irregolarità e del lavoro sommerso.
Il D.Lgs. n. 124/2004 esordisce conferendo al Ministero del lavoro il compito di coordinare, a livello centrale e decentrato, tutte le iniziative di contrasto al lavoro sommerso e irregolare, di vigilanza in materia di rapporto di lavoro e di prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali.
Presso il Ministero, ai fini del miglior svolgimento dei compiti di coordinamento, è stata istituita una nuova Direzione generale che si occupa di sovrintendere le attività ispettive svolte da tutti i soggetti coinvolti nella vigilanza in materia di lavoro, nei confronti delle Direzioni regionali e provinciali, nonché verso i servizi ispettivi di altri istituti (Inps, Inail e gli altri enti previdenziali).

L’art. 2 del decreto prevede l’istituzione, sempre a livello centrale, di altro organismo: la Commissione centrale di coordinamento delle attività di vigilanza, presieduta dal Ministero del lavoro e composta dal Direttore generale della Direzione generale, dai Direttori generali di Inps e Inail, dal Comandante generale della guardia di finanza, dal Direttore generale dell’agenzia delle entrate, dal Coordinatore nazionale delle ASL e dal Presidente della commissione nazionale per l’emersione. Questa commissione si riunisce nell’ipotesi in cui “si renda opportuno coordinare a livello nazionale tutti gli organi impegnati sul territorio”, con il compito di individuare gli obiettivi strategici e le priorità degli interventi ispettivi.

Analoga previsione è dettata a livello periferico attraverso la costituzione della Commissione regionale di coordinamento della attività di vigilanza, che opera insieme con la Direzione regionale, la Direzione provinciale e i Comitati per il lavoro e l’emersione del sommerso.

Il decreto individua poi una serie di strumenti volti a dare efficacia all’azione di vigilanza: una banca dati telematica, istituita presso il Ministero del lavoro e facente parte di una sezione riservata della borsa continua nazionale del lavoro, attraverso cui è possibile consultare le informazioni sui soggetti ispezionati; la possibilità di istituire gruppi di intervento straordinario, qualora si rendessero necessari specifici interventi; l’adozione di un modello unificato di verbale di accertamento, al fine di semplificare le procedure di rilevazione degli illeciti.

Le Direzioni provinciali e regionali del lavoro svolgono le funzioni di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale tramite il personale ispettivo che opera, nei limiti del servizio e nel rispetto della normativa vigente, in qualità di ufficiale di polizia giudiziaria.
I compiti del personale ispettivo sono ricapitolati all’art. 7 del D.Lgs. n. 124/2004 e concernono, innanzitutto, la vigilanza sulla normativa in materia di lavoro e sulla corretta applicazione dei contratti collettivi, l’attività di chiarimento sulle disposizioni vigenti, la vigilanza sul funzionamento delle attività previdenziali e assistenziali compiute da associazioni professionali e da altri enti pubblici e privati (con esclusione delle funzioni esercitate direttamente, per i propri dipendenti da stato, regioni e province), l’effettuazione di inchieste e indagini richieste dal Ministero e le eventuali altre funzioni demandate o delegate dal ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Le Direzioni provinciali del lavoro sono altresì tenute organizzare attività di promozione e prevenzione presso datori di lavoro, nonché a proporre ad enti o associazioni, nel rispetto di uno schema convenzionale ministeriale, informazioni ed aggiornamenti in materia di lavoro.
Le funzioni del personale ispettivo possono essere classificate in base alla loro natura: ispettiva in senso stretto, accertativa o sanzionatoria.

Le funzioni ispettive possono essere evase tramite accessi nei luoghi di lavoro; tali accessi non sono subordinati ad autorizzazioni da parte del datore di lavoro o di un magistrato. L’esercizio dei poteri di indagine include la possibilità di raccogliere dichiarazioni spontanee da parte di chi operi sul luogo di lavoro, esigere tutta la documentazione utile alle indagini, nonché chiedere informazioni a tutti gli uffici pubblici, oltre che ai Consulenti del lavoro, ai patronati e agli istituti di previdenza (Inps, Inail, Inpdap, ecc.). I verbali di accertamento così redatti sono fonti di prova relativamente agli elementi di fatto acquisiti possono essere utilizzati per l’adozione di eventuali provvedimenti sanzionatori, amministrativi e civili, da parte di altre amministrazioni interessate.

La seconda categoria di poteri comprende, innanzi tutto, ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004, la possibilità di diffidare il datore di lavoro alla regolarizzazione delle inosservanze normative (sanabili) riscontrate.
L’ottemperanza alla diffida – provvedimento peraltro non impugnabile da parte del datore di lavoro –, comporta l’assoggettamento alla sanzione più bassa legalmente prevista. Il pagamento estingue il procedimento sanzionatorio.
L’ispettore può, inoltre, diffidare il datore di lavoro al pagamento di crediti patrimoniali certi in favore del lavoratore. Presupposto dell’esercizio di tale potere è che l'ammontare del credito sia già quantificato. Entro 30 giorni dal ricevimento della diffida il datore di lavoro può proporre una conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. Se questa va a buon fine, viene firmato un verbale; in caso contrario, con provvedimento del Direttore della Direzione provinciale del lavoro, la diffida accertativa acquisisce il valore di accertamento tecnico con valore di titolo esecutivo. Avverso tale diffida è ammesso ricorso innanzi al Comitato regionale per i rapporti di lavoro, previsto dall'art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, presso la Direzione regionale del lavoro. Il ricorso sospende l'esecutività della diffida.

In caso di inottemperanza ai provvedimenti di diffida, è possibile provvedere alla contestazione o alla notificazione al datore di lavoro dell’illecito amministrativo per violazione di una o più disposizioni giuslavoristiche (art. 14, L. n. 689/1981), sulla base di quanto emerso durante le ispezioni.
Il datore di lavoro conserva la possibilità si ottemperare a quanto previsto dalla contestazione o dalla notificazione, incorrendo nelle sanzioni previste dalla legge.
Uno dei poteri conferiti agli ispettori dal D.Lgs. n. 124/2004 è quello di poter provvedere ad effettuare una conciliazione monocratica (art. 11) in ipotesi di controversie con il datore di lavoro, qualora vi sia stata una richiesta di intervento da parte del lavoratore, ovvero in sede di ispezione, sempre che non vi siano primae facie - o si suppongano – gli estremi di reato. In genere si tratta di rivendicazioni di natura economica (retribuzioni non pagate, straordinari, ecc.).

Deve infine essere ricordato uno dei principali poteri, di natura anche sanzionatoria, attinente la possibilità di sospensione dell'attività imprenditoriale ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008. Introdotta recentemente per combattere più efficacemente il c.d. “lavoro nero”, all'inizio solo per il cantiere edilizio, ai sensi dell'art. 36 bis della legge 248/2006, estesa successivamente a qualunque attività imprenditoriale, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 123/2007, è stata completamente rivista dal nuovo Testo Unico Sicurezza Lavoro, il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in vigore dal 15 maggio 2008.

Rappresenta il potere più invasivo dell'Ispettore. Il provvedimento di sospensione consiste in una sostanziale chiusura dell'attività. Presupposto per l'emanazione di tale provvedimento è la presenza di lavoratori irregolari (c.d. "in nero") in percentuale pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro. Il provvedimento di sospensione è notificato direttamente al datore di lavoro, nonché comunicato all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di cui al D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti come pure alle forze di polizia, ed il mancato rispetto della sospensione è punito con l’arresto fino a sei mesi. Ai fini della revoca della sospensione, il datore di lavoro deve regolarizzare gli illeciti riscontrati e versare una somma di € 2.500, che si sommerà alle altre sanzioni irrogate. Avverso i provvedimenti di sospensione emessi dall'Ispettore del Lavoro è ammesso ricorso, entro 30 giorni, alla Direzione Regionale del Lavoro territorialmente competente, mentre i provvedimenti emessi dagli organi delle Aziende Sanitarie Locali, al Presidente della Regione. Questi si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del ricorso, ma decorso inutilmente il termine il provvedimento di sospensione perde efficacia. Il provvedimento è ricorribile, inoltre, innanzi al TAR entro 60 giorni o con Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica entro 120 giorni.

Meritano di essere ricordate, infine, le ulteriori estrinsecazioni dei poteri sanzionatori degli ispettori.
Proprio in tema di lavoro nero si registrano le sanzioni più pesanti. In tali casi la sanzione prevista dalla legge n° 73/2002, come modificata dalla legge n° 248/2006 (che ha spostato la competenza dall'Agenzia delle entrate alla Direzione provinciale del lavoro) punisce con la sanzione di € 3.000 per i lavoratori non risultanti da registri o altri documenti obbligatori, con una maggiorazione di € 150 per ogni giorno effettivo di lavoro irregolare (o “in nero” che dir si voglia). La sanzione non ha un limite massimo (l’unico limite sarebbe rappresentato dal tempo di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 28 della legge n° 689/1981, tempo in cui si può contestare la violazione).

Sanzioni ugualmente pesanti sono poste nel caso di non tenute dei registri obbligatori presso la sede di lavoro. L’omessa istituzione del Registro infortuni (solo per il settore edilizio, negli altri settori la sanzione è contestata dalle ASL), ad esempio, comporta una sanzione tra € 2.580 e € 15.490 ex D.Lgs. 81/2008 (che sostituisce il D.Lgs. 626/1994).
Ulteriori sanzioni possono riguardare tutte le formalità relative all'instaurazione del rapporto di lavoro, la consegna del contratto di lavoro al dipendente, la comunicazione ai Centri per l'impiego dell'assunzione o della cessazione, il rispetto delle ore contrattualmente previste, o della particolarità del contratto (apprendistato, inserimento, somministrato, ecc.), o ancora la tutela di particolari categorie, come le lavoratrici madri, l'inserimento dei disabili ecc. In genere le sanzioni vanno da un minimo di circa € 100 fino a circa € 1.000, ma non mancano le eccezioni.

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