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L’AGENTE DI COMMERCIO: UNA FIGURA DALLE MOLTEPLICI SFACCETTATURE LAVORISTICHE E FISCALI


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L’AGENTE DI COMMERCIO: UNA FIGURA DALLE MOLTEPLICI SFACCETTATURE LAVORISTICHE E FISCALI

Bruno Olivieri

Quando parliamo di “Agente di Commercio” solitamente facciamo riferimento ad una figura univoca che sta ad indicare quel soggetto che si configura quale operatore che ha l’incarico di stabilire contratti commerciali tra terzi e l’azienda committente sulla base di un accordo chiamato “contratto di agenzia” e retribuendolo sulla base di una “politica provvigionale” (sulla base del fatturato prodotto).

E’ questa la definizione di Agente di commercio che definirei “univoca” da un punto di vista normativo e legislativo; ma una riflessione sorge spontanea se si analizza il tipo di lavoro svolto da questo operatore e il tipo di rapporto che lo stesso ha con il committente: ma l’agente di commercio è un lavoratore subordinato, parasubordinato o autonomo?

Analizzando gli aspetti essenziali che caratterizzano un contratto di agenzia la risposta non è così semplice da darsi in quanto la sua attività assume caratteri di volta in volta diversi a seconda della natura del mandato, delle clausole che ne regolano il contenuto e delle modalità con cui tale attività viene svolta; e tutti questi elementi concorrono all’emergere di quell’ambiguità nella definizione della figura dell’agente da un punto di vista lavoristico e fiscale, assimilandolo al lavoratore dipendente ( monomandatario a tempo indeterminato), spesso al lavoratore parasubordinato, al lavoratore autonomo e spesso, e sotto un punto di vista maggiormente fiscale, all’imprenditore commerciale.

L’assimilazione al lavoratore subordinato di questa figura deriva dalla difficoltà di distinguere spesse volte l’agente monomandatario dal VIAGGIATORE-PIAZZISTA che invece è un lavoratore dipendente che, nonostante gli stessi obiettivi e funzioni, scarica i suoi costi del lavoro sul datore di lavoro in quanto non si configura come un lavoratore autonomo e non dispone di una propria struttura organizzativa e di propri mezzi per il perseguimento degli obiettivi aziendali.

Diciamo che spesso il mandato di agente monomandatario viene affidato con l’unico scopo di una riduzione dei costi aziendali e quindi lo stesso contratto di agenzia assume la forma di un contratto che potremmo definire “simulato”; è questa la motivazione principale per cui spesso, al termine di questi mandati spesso il lavoratore qualificato nel contratto come “agente di commercio” ricorre alla magistratura rivendicando i mancati compensi e i disconosciuti diritti ottenendo spesso il riconoscimento della natura di lavoratore subordinato anziché di agente.

L’assimilazione al lavoratore autonomo deriva senz’altro dall’autonomia operativa e gestionale ( aggiungerei sempre parziale visto che l’agente deve comunque sottostare agli incarichi conferiti dal committente), dalla sua iscrizione ad un apposito registro e dall’obbligo di assoggettare i sui ricavi ad una ritenuta fiscale all’origine in misura di poco superiore a quella degli esercenti le varie professioni intellettuali.

Ma potremmo definire l’agente di commercio un lavoratore parasubordinato per via della sua posizionamento mediana tra una figura di lavoratore subordinato per via delle numerose norme inderogabili che vengono inserite all’interno del contratto di agenzia a preservare alcuni diritti del lavoratore dipendente e tutelarlo nei confronti della parte contrattualmente predominante, e la figura di lavoratore autonomo per via dell’autonomia organizzativa e gestionale posseduta.

La conferma più chiara dell’inserimento dell’agente di commercio all’interno della sfera della parasubordinazione viene chiarificata da quanto prevede l’art. 409 c.p.c. che al comma 3 prevede l’applicazione del rito speciale per le controversie di lavoro dipendente, riguardo i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale e altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

Ora che abbiamo tracciato questo variegato profilo interpretativo della figura dell’agente di commercio da un punto di vista gius-lavorativo, da un punto di vista fiscale, alla luce delle considerazioni circa la possibilità di assimilazione dell’agente alla figura di lavoratore subordinato, potremmo effettuare un' importante considerazione di carattere fiscale che fa riferimento alla assoggettabilità del reddito dell’agente all’IRAP.

La qualificazione di collaboratore parasubordinato abbiamo sopra detto che giustifica l’equiparazione dell’agente di commercio ad un collaboratore coordinato e continuativo; in tali termini ne deriva che come non è soggetto al pagamento della stessa imposta regionale sulle attività produttive il collaboratore coordinato e continuativo, parimenti non dovrebbe esserlo l’agente non organizzato in forma di impresa.

Purtroppo non dello stesso logico parere è l’Agenzia delle Entrate la quale invece afferma che possono essere escluse dall’applicazione dell’IRAP i co.co.co. e quei particolari rapporti di lavoro che non sono esercitati di regola mediante un’organizzazione autonoma.

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