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Cosa può fare un lavoratore qualora, disposta la reintegrazione da parte del giudice a seguito dell'accertamento della illegittimità del licenziamento

L'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori prevede che il giudice, qualora annulli un licenziamento (per esempio, perché intimato senza giusta causa o giustificato motivo, oppure perché discriminatorio o intimato a voce), ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. Inoltre, nello stesso caso, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno, nella misura della retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali; in ogni caso, l'indennità dovuta a titolo di risarcimento del danno non potrà essere inferiore a cinque mensilità.

Peraltro, l'art. 18 S.L. è applicabile solo ai datori di lavoro, imprenditori o non imprenditori, che abbiano alle proprie dipendenze più di quindici dipendenti nell'unità produttiva in cui è avvenuto il licenziamento, ovvero nell'ambito dello stesso comune (il numero dei dipendenti è ridotto a più di cinque se il datore di lavoro è un imprenditore agricolo); inoltre, la norma in questione è applicabile ai datori di lavoro che occupino, complessivamente, più di sessanta lavoratori.

La recente riforma introdotta dalla legge n. 108 del 1990 ha anche considerato l'ipotesi che il lavoratore, reintegrato a seguito di un illegittimo licenziamento, preferisca rinunciare al posto di lavoro. L'ipotesi è disciplinata dall'art. 18 c. 5 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dalla citata L. 108/90. Più precisamente, la legge prevede che il lavoratore, a seguito dell'ordine di reintegrazione formulato dal giudice, opti per la risoluzione del rapporto in cambio di una indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. In altre parole, il lavoratore ha la facoltà di domandare al datore di lavoro, al posto della reintegrazione, la somma ora indicata, che andrà ad aggiungersi a quella già liquidata dal giudice a titolo di risarcimento del danno e di cui si è già detto.

Tuttavia, il lavoratore deve esercitare tale facoltà nel termine tassativo di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza. In ogni caso, fino a quando l'opzione non sia stata esercitata, il lavoratore ha diritto alla retribuzione dovuta a far tempo dalla sentenza di reintegrazione. La Corte di cassazione ha precisato che la retribuzione è dovuta anche nel caso in cui il lavoratore non ottemperi all'invito, rivoltogli dal datore di lavoro, di riprendere servizio (sentenza n. 6494 del 7/6/91); a tale riguardo, si tenga però presente che, se entro trenta giorni dall'invito il servizio non viene ripreso, il rapporto è automaticamente risolto senza diritto ad alcuna indennità.

Inoltre, la Corte Costituzionale (sentenza n.291/96) ha affermato che la facoltà insindacabile di monetizzare il diritto alla reintegrazione in una prestazione pecuniaria di ammontare fisso, attribuita al lavoratore dal 5° comma dell'art. 18 S.L., non può essere vanificata dalla revoca del licenziamento da parte del datore di lavoro, nel corso del giudizio avanti l'Autorità Giudiziaria; tale revoca infatti non può giungere ad effetto se non vi è accettazione del dipendente.

Fonte: Dielle on line, Rivista telematica di diritto del lavoro

Le collaborazioni coordinate e continuative nelle modalità a progetto. Requisiti di legittimità e valutazioni ispettive

Pubblicato da Daniele Rag. Scorrano e Bruno Dott. Olivieri


di Antonio Saccone
Avvocato - Funzionario della DPL di Pescara - Responsabile Affari Legali e del Contenzioso


Le considerazioni che seguono sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.



Introduzione

A distanza di alcuni anni dalla loro entrata in vigore, le collaborazioni coordinate e continuative nelle modalità a progetto (le cosiddette co.co.pro.), presentano ancora aspetti controversi; ciò nonostante siano intervenute specifiche indicazioni amministrative da parte del Ministero del Lavoro e sebbene si siano consolidati precisi indirizzi giurisprudenziali in materia.
I punti di maggiore criticità dell'istituto riguardano essenzialmente i requisiti che legittimano la scelta di tale tipologia negoziale nonché i criteri necessari per la corretta definizione dei regimi di autonomia e subordinazione, che - unitamente alle concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative - possono essere fonte di contenzioso sull’argomento.
Inoltre, nel corso degli anni spesso le co.co.pro. sono state utilizzate dalle aziende in maniera non del tutto conforme alle previsioni normative: infatti, sul presupposto che con tale disciplina negoziale si pagano meno contributi ovvero che le durate contrattuali sono più brevi oppure che vi sono minori vincoli rispetto ad un’assunzione a tempo indeterminato, esse sono state talvolta abusate ed applicate anche in assenza delle condizioni di legge.
Con l'obiettivo di ricondurre l'utilizzo della tipologia negoziale che ci occupa nell'ambito delle finalità individuate dalla legge, anche alla luce delle esperienze ispettive maturate, questo lavoro cercherà - per quanto possibile - di fornire indicazioni che consentano, ragionevolmente, di individuare quelle situazioni nelle quali il contratto di lavoro a progetto potrà essere ritenuto genuino.

Requisiti qualificanti la fattispecie del cd. lavoro a progetto

A) L’autonomia del collaboratore nello svolgimento della prestazione

L'utilizzo del lavoro coordinato e continuativo, anche nelle modalità a progetto, deve limitarsi essenzialmente a quelle prestazioni che siano genuinamente autonome: vale a dire che, affinchè un contratto di lavoro a progetto possa ritenersi genuino, è necessario che esso sia caratterizzato da elementi di autonomia nello svolgimento della prestazione lavorativa da parte del collaboratore.
Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, requisito fondamentale per la corretta qualificazione del rapporto di lavoro è la cd. subordinazione tecnico - funzionale, intesa nel senso della soggezione del prestatore al potere direttivo, organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro.
Tale requisito, come da orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, non può essere valutato in astratto, ma deve essere apprezzato in concreto con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore, al modo della sua attuazione nonché alle caratteristiche organizzative dell’impresa.
Esso può atteggiarsi diversamente ed assumere forme più o meno attenuate anche in relazione all’evolversi dei sistemi di organizzazione del lavoro.
In termini generali, si può ritenere che quando le prestazioni lavorative abbiano particolari caratteristiche di elevatezza (intellettuali, dirigenziali o professionali) ed, in quanto tali, non si prestano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro o con continuità regolare anche negli orari, è più agevole concludere nel senso dell’esclusione del vincolo della subordinazione.
Viceversa, allorché le prestazioni lavorative hanno i caratteri della ripetitività, semplicità, routinarietà e predeterminazione nelle loro modalità di esecuzione (in tali casi, dunque, l’esercizio del potere direttivo del datore di lavoro, inteso nel senso di emanazione continua di direttive e/o di controllo assiduo delle attività svolte, non ha necessità di manifestarsi frequentemente - Cass. 27 marzo 2000, n. 3674 e, più di recente, Cassazione Sezione Lavoro 21 gennaio 2009, n. 1536) per la corretta qualificazione del rapporto occorre far riferimento a criteri distintivi sussidiari quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, il coordinamento con l’assetto organizzativo del datore di lavoro, la presenza di una seppur minima organizzazione imprenditoriale, la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore e l’assenza di rischio per il lavoratore.
Dunque, con riferimento al requisito dell'autonomia della prestazione lavorativa, va evidenziato che sicuramente sarà difficile ritenere genuina una fattispecie di lavoro a progetto in ipotesi nelle quali le mansioni che il collaboratore deve svolgere sono di tipo elementare, semplice, ripetitivo o predeterminato: più agevole sarà invece ritenere genuino un contratto di lavoro a progetto per mansioni di tipo “elevato”.
Inoltre, le verifiche ispettive in ordine a tale requisito andranno nella direzione di accertare in primo luogo se residuano in capo al collaboratore autonomie di scelta; vale a dire che si tenderà a constatare la sua sottoposizione al potere direttivo, gerarchico, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro.
Allorquando tale sottoposizione non si riesca ad evincere (ovvero ad escludere) con sufficiente chiarezza, gli ispettori controlleranno i seguenti elementi, in base ai quali valuteranno se incardinare il rapporto di lavoro che si realizza in concreto nell'alveo del lavoro autonomo o subordinato:
a) se il committente impartisce direttive con continuità e se verifica con assiduità l'operato del collaboratore;
b) se lo stesso committente predetermina gli orari di lavoro del collaboratore ovvero se quest’ultimo rispetta gli stessi orari dell’altro personale dipendente dell’azienda;
c) se il committente esercita o meno sul collaboratore il potere disciplinare, mediante l'adozione di sanzioni;
d) se il collaboratore percepisce un compenso fisso e predeterminato e se tale compenso è parametrato o meno al raggiungimento dell'obiettivo fissato nel progetto;
e) se il collaboratore è dotato o meno di una seppur minima organizzazione imprenditoriale propria; f) se l'espletamento della prestazione del collaboratore presenti o meno per lui una qualche forma di rischio di impresa;
g) se la durata della prestazione è breve oppure continuativa.
In altri termini, l'azione ispettiva sarà improntata alla verifica della presenza o meno nel contratto di lavoro a progetto degli elementi che connotano il rapporto di lavoro subordinato: collaborazione, intesa come messa a disposizione continua delle energie lavorative da parte del prestatore in favore dell’imprenditore, nell’ambito di un coordinamento con l’organizzazione aziendale dell’imprenditore medesimo e subordinazione cd. tecnico - funzionale, intesa quale capacità del datore di lavoro di determinare modalità, tempi e luogo della prestazione lavorativa (cd. eterodeterminazione).
E ciò indipendentemente dal nomen iuris che le parti hanno dato alla disciplina realizzata, qualificazione che potrà essere presa a riferimento ai fini dell’individuazione della volontà negoziale delle parti, ma che non potrà mai prevalere sul concreto atteggiarsi del rapporto di fatto intercorso tra le stesse parti.
Per l’effetto, qualora nell’esame di una disciplina negoziale di co.co.pro. venissero accertati indici di subordinazione quali l’assoggettamento del collaboratore al potere direttivo e/o di controllo esercitato dal datore direttamente o per interposta persona, la necessità per lo stesso collaboratore di giustificare le assenze ovvero di ottenere preventive autorizzazioni per assentarsi per ferie, permessi od altro, l’obbligatorietà dell’osservanza di un orario di lavoro magari identico a quello dell’altro personale dipendente, la presenza di una qualsivoglia forma di esercizio di potere disciplinare, la percezione di un compenso legato esclusivamente alla durata della prestazione (oraria, settimanale, mensile) e non connesso al raggiungimento del risultato fissato nel progetto, non potrà che aversi il disconoscimento del contratto stipulato tra le parti: non è molto pregnante nelle co.co.pro. l’utilizzo esclusivo da parte del collaboratore di strumentazione, attrezzature e/o materiale di lavoro di proprietà del committente, così come poco rilievo assume la durata della prestazione.
Viceversa, allorquando l’analisi degli indici dovesse condurre ad una fattispecie concreta per effetto della quale il collaboratore, seppur nel rispetto delle forme di coordinamento - anche temporale - concordate con il committente, può scegliere le modalità di esecuzione della prestazione, senza che essa sia legata al tempo impiegato ed avendo facoltà di autodeterminare i propri ritmi di lavoro ovvero se il compenso è proporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto (quindi in funzione del risultato) od anche se non si rileva l’esercizio di alcuna forma di potere disciplinare, potrà esserci il riconoscimento della genuinità della tipologia negoziale ripassata tra le parti.

B) Specificità del progetto
Come è noto, la previsione di legge che consente la possibilità di stipula di contratti di lavoro cd. a progetto (art. 61, c.1 D.Lgs. 276/03), statuisce espressamente che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409, n. 3 c.p.c. devono essere “riconducibili ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso………”.
Con la circolare n. 1 del 8.1.2004, il Ministero del Lavoro ebbe a precisare con estrema chiarezza che cosa dovesse intendersi per progetto (attività produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale, cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione), programma di lavoro (tipo di attività cui non è direttamente riconducibile un risultato finale, ma solo parziale, destinato quindi ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali) o fasi di esso (segmenti di attività, anch’essi parziali e che necessitano di integrazione in vista del risultato finale).
La tipologia negoziale che ha avuto la maggiore diffusione è stata quella delle collaborazioni coordinate e continuative nelle modalità a progetto: tutta la giurisprudenza di merito che si è formata nel corso degli anni è stata caratterizzata dalla previsione della necessarietà di una adeguata e circostanziata individuazione dell’attività progettuale da realizzarsi (Tribunale di Torino 10.5.2006, che ribadiva gli orientamenti già espressi nell’anno 2005; Tribunale di Milano 23.3.2006, n. 822 e 2.8.2006, n. 2655; ancora Tribunale di Milano 8 e 18 gennaio 2007 nonché 2 e 5 febbraio 2007, Tribunale di Genova 3.4.2008).
In altre parole, il progetto non può ritenersi adeguatamente formulato allorquando consista nella semplice descrizione del contenuto delle mansioni attribuite al lavoratore, ma è assolutamente necessario che esso individui - si ribadisce con estrema precisione - l’obiettivo che si intende raggiungere nonché le attività prodromiche e funzionali al suo conseguimento e non può consistere nella semplice messa a disposizione dell’attività lavorativa del collaboratore.
Anche il Consiglio di Stato (sentenza n. 1743 del 3.4.2006 e decisione n. 4420 del 14.3.2008) ha ribadito l’assunto, affermando che “l’elemento caratterizzante il rapporto di lavoro a progetto è lo scopo (progetto, appunto) da realizzare ”.
Dunque, elemento essenziale per la legittimità di un contratto di lavoro a progetto è la presenza di un progetto specifico, che deve contemplare sia l'obiettivo che con il contratto si intende raggiungere nonché prevedere quali sono le attività che il collaboratore deve svolgere per arrivare a conseguire l'obiettivo fissato: è questa, cioè, l'accezione di progetto specifico che giurisprudenza e prassi amministrativa hanno individuato.
Come chiarito, poi, dalla circolare MLPS n. 4 del 29 gennaio 2008, il progetto (o programma di lavoro o fase di esso) non può coincidere totalmente con l’attività principale o accessoria del committente, risultante dall’oggetto sociale, e non può ad essa sovrapporsi: esso, inoltre, non può limitarsi a descrivere il mero svolgimento dell’attività lavorativa né può consistere nella semplice elencazione delle mansioni affidate al collaboratore.
Ed ancora, il collaboratore non può essere utilizzato per generiche attività estranee al progetto dedotto in contratto: ciò, infatti, da un lato ridurrebbe la sua prestazione ad una mera messa a disposizione di energie lavorative in favore del committente, per altro verso determinerebbe una variazione unilaterale del progetto operata dal medesimo committente.
Pertanto, il personale ispettivo dovrà accertare in primo luogo che il progetto sia specifico, secondo le suddette indicazioni amministrative e giurisprudenziali; poi passerà alla verifica della non coincidenza (e sovrapponibilità) dell’attività progettuale con l’oggetto sociale dell’impresa del committente nonché a quella della circostanza che esso non si limiti ad una mera elencazione delle mansioni affidate al collaboratore ovvero che la prestazione lavorativa non si risolva nella generica messa a disposizione di energie lavorative in favore dello stesso committente.
E’ di ogni evidenza che, riscontrando una o più situazioni di quelle sopra indicate, i funzionari accertatori procederanno al disconoscimento del contratto posto in essere, in quanto non conforme alle predette previsioni e quindi non genuino.
In tale ambito, infine, deve evidenziarsi la particolare attenzione che il personale ispettivo pone al fatto che le mansioni svolte dal collaboratore non si concretino nella previsione di ordinarie attività lavorative tipiche di lavoratori subordinati del settore di appartenenza dell’azienda.
In altre parole, la verifica si indirizzerà nel senso di controllare che le mansioni del collaboratore non coincidano con quelle di altri prestatori di lavoro subordinati dell’azienda medesima, ma che si caratterizzino per peculiarità e/o specificità rispetto ad esse.

C) Forma scritta del contratto

Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa nelle modalità a progetto - cosi come definito - deve essere formalizzato per iscritto: la forma scritta del contratto, seppur richiesta ai soli fini della prova, assume valore determinante e decisivo per l’individuazione del progetto.
Vale a dire che, poiché l’eventuale assenza di forma scritta comporterà non poche difficoltà per le parti (soprattutto per il committente) di dimostrare la riconducibilità della fattispecie negoziale realizzata nell’alveo del lavoro a progetto, qualora il personale ispettivo dovesse riscontrare tale situazione (mancanza di forma scritta) provvederà senza indugi e senza espletare alcuna attività istruttoria a ricondurre la fattispecie stessa nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato.
E’ ovvio che resta ferma la possibilità per il committente di provare successivamente in sede giudiziaria l’effettiva sussistenza di un rapporto di natura autonoma.
Per quel che riguarda altri requisiti di forma del contratto di lavoro a progetto, esso deve contenere l’indicazione della durata (determinata o determinabile) e l’indicazione del progetto o programma; inoltre, deve indicare il corrispettivo ed i criteri per la sua determinazione nonché i tempi e le modalità di pagamento, la disciplina dei rimborsi spese, le eventuali misure per la tutela e la sicurezza del collaboratore a progetto e le forme di coordinamento del medesimo con il committente sulla esecuzione - anche temporale - della prestazione lavorativa, che non possono pregiudicarne l’autonomia.

D) Modalità di inserimento del collaboratore nel contesto aziendale

Per quanto attiene alle modalità di inserimento del collaboratore nel contesto aziendale (il cosiddetto “coordinamento”), va preliminarmente rilevato che l’inserimento organico dello stesso nell’organizzazione produttiva aziendale non può da solo essere ritenuto elemento decisivo per la natura subordinata del rapporto di lavoro, anche se stabile e continuativo: ciò in quanto, per evidenti ragioni di partecipazione al ciclo produttivo, il coordinamento con l’organizzazione aziendale può essere connaturato a qualsiasi prestazione lavorativa.
Nello specifico delle collaborazioni coordinate e continuative nelle modalità a progetto, va anzitutto evidenziato che le forme di coordinamento tra collaboratore e committente devono essere espressamente individuate per iscritto nel contratto.
Il coordinamento può essere riferito sia ai tempi di lavoro (ad esempio, fasce orarie nelle quali il collaboratore può essere presente in azienda) che alle modalità di esecuzione del progetto, per le quali - si ribadisce - devono residuare autonomie di scelta in capo al collaboratore stesso.
Resta fermo ovviamente che il committente non può chiedere al collaboratore il rispetto di un determinato orario di lavoro né può modificare unilateralmente le modalità di inserimento originariamente concordate (ad es. fasce orarie stabilite).
Le indagini ispettive in ordine al coordinamento non sono sempre agevoli per la già richiamata possibilità di operare all’interno del ciclo produttivo per qualunque tipologia di prestazione lavorativa, autonoma o subordinata: tuttavia, le verifiche in tale direzione vengono comunque svolte e riguardano essenzialmente le previsioni scritte delle modalità di inserimento nel contratto nonché la facoltà del collaboratore di agire in autonomia.

E) Altri elementi valutati in sede ispettiva
In sede di verifica dei presupposti di legittimità delle co.co pro., oltre all’esame degli elementi fin qui trattati, gli ispettori effettuano controlli anche su altre circostanze, che possono essere di ausilio nell’individuazione della genuinità o meno della collaborazione.
In particolare, viene verificato se esista o meno nel contratto una clausola di esclusiva (o di monocommittenza): questa, seppur non incompatibile con l’istituto, non è vista con particolare favore in fase di verifica, atteso che riconduce più agevolmente verso la subordinazione ed impone quindi una più attenta analisi di tutti gli altri elementi.
Altra questione su cui viene posta particolare attenzione in sede ispettiva è l’esistenza o meno di proroghe o rinnovi del contratto di lavoro a progetto.
Come detto, il contratto in parola deve avere una durata determinata o determinabile, legata al raggiungimento dell’obiettivo fissato nel progetto; è possibile la proroga della durata solo nel caso in cui non sia stato raggiunto, in tutto o in parte, il risultato pattuito nel termine fissato.
E’ evidente che la proroga non deve essere un escamotage per la ripetizione o il proseguimento di attività non legata a conseguire un effettivo risultato finale: vale a dire che la proroga ingiustificata costituisce un elemento indiziario particolarmente incisivo per l’individuazione della natura subordinata del rapporto.
Allo stesso modo, il rinnovo di un contratto di lavoro a progetto con lo stesso collaboratore deve riguardare un nuovo progetto ovvero uno affine a quello precedente, non essendo ovviamente consentita la stipula di un contratto identico a quello scaduto.
In tale ambito, infine, va rilevato che in termini generali gli istituti della proroga e dei rinnovi delle co.co.pro. non sono visti di buon occhio da parte del personale ispettivo.

Per completezza della trattazione, si ritiene utile da ultimo fornire alcune indicazioni di carattere generale sull’istituto.
- La normativa sulle co.co.pro. non si applica ai rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione, per i quali continuano ad essere vigenti le collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art. 409 c.p.c..
- Nelle co.co.pro. non sono previste erogazioni di mensilità ulteriori (come ad es. la tredicesima) né il TFR: ogni forma di compenso, infatti, viene inclusa nell'unica somma complessiva concordata fra le parti al momento della stipula del contratto.
- In caso di fallimento del datore di lavoro, i lavoratori con contratto a progetto non hanno accesso al fondo nazionale di garanzia con il quale vengono pagati fino a tre mesi di stipendi ed il TFR ai dipendenti.
- Il Ministero del lavoro, con la già citata circolare n. 4/2008, ha individuato mansioni che - per loro natura - difficilmente si attagliano ad una collaborazione a progetto; è stata creata, cioè, una sorta di “lista nera” dei lavori che non possono rientrare nelle co.co.pro.. Eccoli in dettaglio: addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici, addetti alle agenzie ippiche, addetti alle pulizie, autisti ed autotrasportatori, agricoltori, baby sitter e badanti, baristi e camerieri, commessi e addetti alle vendite, custodi e portieri, estetiste e parrucchieri, facchini, istruttori di autoscuola, letturisti di contatori, manutentori, muratori e qualifiche operaie dell’edilizia, piloti ed assistenti di volo, addetti alle attività di segreteria e terminalisti.
- La legge finanziaria per l’anno 2008 (art.1, comma 79) ha aggiornato le aliquote contributive per i collaboratori a progetto per l'anno 2008, prevedendo l'innalzamento di 1 punto percentuale rispetto al 2007; ciò risponde all'obiettivo di avvicinare gradualmente i contributi dei lavoratori parasubordinati a quelli dei lavoratori dipendenti in modo da poter garantire anche ai collaboratori coordinati e continuativi una pensione che non sia puramente simbolica.
Per gli anni 2009 e 2010, inoltre, sono stati stabiliti ulteriori incrementi: l'aliquota contributiva pensionistica è fissata in misura pari al 24% per l'anno 2008, al 25% per l'anno 2009, mentre per l’anno 2010 viene stabilita nella misura del 26%.
- Per quanto attiene alle tutele, ai lavoratori a progetto spetta:
a) la tutela della malattia: prevede la corresponsione dell’indennità di malattia per eventi morbosi di durata non inferiore a 4 giorni, entro il limite massimo di giorni pari ad 1/6 della durata del rapporto (comunque non più di 61 giorni nell’anno solare); la misura della prestazione è pari al 50% dell’importo di indennità di malattia corrisposto agli iscritti alla Gestione separata (a condizione che siano intervenuti versamenti per almeno tre mesi nei 12 mesi precedenti). Durante la malattia, che deve essere comunicata al datore di lavoro, il rapporto di lavoro a progetto si sospende e se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata del contratto, oppure oltre 30 giorni, il datore di lavoro può recedere dal rapporto di lavoro.
b) la tutela della maternità: prevede il diritto ad assentarsi dal lavoro e di percepire l’indennità di maternità: dal mese di novembre 2007, ai committenti e agli associati in partecipazione è esteso il divieto di adibire al lavoro le lavoratrici a progetto. Tali lavoratrici possono accedere all'indennità di maternità subordinatamente all'effettiva astensione dall'attività lavorativa durante i periodi astensione obbligatoria e la tutela è riconosciuta anche in caso di adozione e affidamento nonché in favore dei collaboratori padri: l'indennità di maternità spetta alle lavoratrici che abbiano versato all'Inps almeno tre mesi di contributi nell’anno precedente il settimo mese di gravidanza e la misura della stessa è pari all'80% del reddito derivante dal lavoro a progetto prodotto nei dodici mesi precedenti l'astensione. Durante la gravidanza il contratto a progetto si sospende e viene automaticamente prorogato per 180 giorni.
c) il congedo parentale per un periodo complessivo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino ed il diritto è riconosciuto anche in caso di adozione e affidamento.
d) l’indennità una tantum per disoccupazione: i lavoratori assunti con co.co.pro., iscritti in via esclusiva alla gestione separata INPS, che operino in regime di monocommittenza e che abbiano conseguito nell'anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro, che risultino senza contratto di lavoro da almeno due mesi, a condizione che nei loro confronti risultino accreditati nell'anno precedente almeno tre mesi presso la predetta gestione separata INPS, hanno diritto ad un’indennità una tantum pari al 30% del reddito percepito l'anno precedente, che può arrivare fino a 4.000 euro e che viene liquidata in un'unica soluzione.

Nuove imprese: la comunicazione unica


Pubblicato da Bruno Dott. Olivieri


Dal 1° aprile 2010 chi vuole aprire un'impresa deve fare la comunicazione unica al Registro delle imprese.

Dopo tale data chi vuole creare un'impresa dovrà necessariamente fare la comunicazione unica.
Fino ad oggi la creazione di una nuova attività prevede una serie di passaggi:

- l'apertura della partita IVA presso l'Agenzia delle Entrate;
- se l'attività è artigiana o se bisogna assumere dipendenti, è necessaria l'iscrizione all'INAIL per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro;
- l'iscrizione all'INPS, sia per la previdenza individuale (artigianato, commercio, agricoltura), sia per il versamento dei contributi per dipendenti e collaboratori;
- l'iscrizione al Registro imprese presso la locale Camera di Commercio.

Tutti questi passaggi si possono fino ad oggi fare telematicamente, presso ciascuno dei quattro enti preposti.

L'innovazione consiste nell'unificazione di tutte le comunicazioni.

Chi vuole fare da sé deve:

1) scaricare l'apposito software presso il sito www.registroimprese.it , dove c'è anche una guida alla comunicazione unica.
2) dotarsi, quale il titolare dell'impresa o legale rappresentante, di una casella email certificata (la cosiddetta PEC);
3) possedere la firma digitale, cioè una chiavetta USB rilasciata dalla stessa Camera di commercio o da altri enti certificati, affinché sia certa la provenienza dei documenti trasmessi per via telematica;
3) conoscere con precisione quali documenti di devono produrre ed allegare perché l'iscrizione al registro delle Imprese e/o ad uno degli albi e ruoli possa avvenire senza ostacoli.

Inoltre in diversi casi di attività artigiane, oppure per attività specificamente disciplinate, vi sono altri enti coinvolti con numerosi altri documenti necessari (a titolo di esempio: licenze comunali, autorizzazioni igienico-sanitarie, autorizzazioni di PS ed altro ancora).

Il tentativo di indirizzare le imprese a dotarsi degli strumenti informatici più moderni per interagire con la pubblica amministrazione è senz'altro necessario ed utile. Tuttavia sono ancora troppi gli intralci burocratici perché una pratica di iscrizione possa andare in porto con il sistema fai-da-te.


Vista la difficoltà nell'espletare autonomamente tutti questi passaggi Vi invitiamo a rivolgerVi ad uno studio di consulenza fiscale o contattarci per espletare per vostro conto la pratica di comunicazione unica.

LAVORO AUTONOMO: DEFINIZIONE GENERALE

Si ha un contratto d'opera, e quindi una prestazione di lavoro autonomo, quando ci si impegna a rendere in prima persona un'opera o un servizio "senza vincolo di subordinazione". (art. 2222 Codice civile). E' evidente che si tratta di una definizione di carattere generale e che molte sono le forme in cui un'attività può essere svolta, con confini molto difficili da tracciare.

Assunzione
Non viene effettuata una vera assunzione, ma solo un accordo tra le parti, se entrambe preferiscono essere vincolate per un determinato periodo. Se non è stato firmato alcun documento scritto, sia il datore di lavoro che il professionista sono liberi da vincoli di impegno reciproco.

Orario di lavoro
L'orario di lavoro è orientativamente concordato col committente sulla base delle sue necessità e della disponibilità del professionista. Non sono previste ferie pagate: quando il lavoratore vorrà godere di ferie ne darà comunicazione e in quel periodo non percepirà compensi.

Vincoli
Solitamente è prevista l'apertura di una partita Iva il cui numero di riferimento servirà per le fatture che saranno emesse. All'emissione di fattura il professionista dovrà addebitare il 20% di Iva: la partita Iva permetterà al lavoratore di detrarre le spese di lavoro detraibili per legge.

Retribuzione
Il compenso è concordato. Spesso, però, bisogna giungere a compromessi perché può essere imposto dal datore di lavoro.
Può essere valutato a giornata lavorativa (se non sono previsti straordinari) oppure ad ore effettuate. Il reddito consisterà nel compenso decurtato del 20% di Iva, dei costi previdenziali e delle spese non detraibili.

Previdenza
Non esistono versamenti previdenziali da parte dell'azienda per la copertura di malattia, invalidità, pensione ecc...
Il costo per il datore di lavoro è unicamente quello concordato con il professionista. I versamenti vanno effettuati direttamente dal lavoratore.

Nell'universo del lavoro autonomo, inteso, in senso più ampio, come tutte le attività svolte al di fuori del tradizionale lavoro dipendente, rientrano: le attività artigianali (volte alla produzione di merci e servizi utilizzando in maniera determinante la propria abilità manuale), le attività d'impresa (volte alla produzione di beni e servizi utilizzando in maniera rilevante dipendenti e macchinari), le attività del commercio (vendita di prodotti), e le libere professioni (regolamentate e non regolamentate).

Nel lavoro autonomo rientrano anche, per quanto riguarda le modalità di svolgimento del lavoro e la mancanza di subordinazione, i contratti a progetto, che sostituiscono i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.