Si segnala la sottoportata sentenza del Consiglio di Stato n.2118/12 che ha riconoscioutio l'illegittimiota' del provvedimento di recupero di somme pagate in deboitamenmte nel caso in cui da diversi elenmenti della fattispecie possa desumersi una situazione di cattiva amministrazione.

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N. 02118/2012REG.PROV.COLL.

N. 11823/2003 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11823 del 2003, proposto da:

Martelli Mauro (deceduto), rappresentato e difeso dagli avv. Angelo Clarizia,

Antonio Carullo, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via

Principessa Clotilde, 2; Giovanni Martelli, Laura Martelli, Elikatia Di Leo quali

eredi di Mauro Martelli, rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Carullo, con

domicilio eletto presso Antonio Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Comune di Castenaso;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA, BOLOGNA, Sez. I n.

1046/2003, resa tra le parti, concernente RECUPERO PRESUNTI CREDITI

INDEBITAMENTE CORRISPOSTI;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2012 il Cons. Raffaele Prosperi

e udito l'Avv. Giuffrè, per delega dell'Avv. Carullo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con comunicazione prot. 27323 del 20 dicembre 1999 il Comune di Castenaso

comunicava al dott. Mauro Martelli, direttore della farmacia comunale dal 1976

fino al 1° dicembre 1997, l'avvio del procedimento di recupero di somme

stipendiali asseritamente non dovute e relative al periodo intercorso dal 1987 al 3°

trimestre 1995.

Il Martelli presentava memoria difensiva in sede di procedimento, ma con il

provvedimento prot. 6904 del 1° aprile 2000 il Comune disponeva a carico

dell'interessato l'obbligo di versare presso la tesoreria comunale la somma di £.

21.853.062 oltre agli interessi di legge, avverso il quale il Martelli proponeva ricorso

al TAR dell'Emilia Romagna.

Il ricorrente esponeva che la questione riguardava il compenso previsto per il

meccanismo della reperibilità, stabilito per un massimo di sei giornate ogni mese -

nei fatti largamente superiore - per il quale era stato stipulato un accordo sino dal

1977, per cui al farmacista spettava in via forfettaria la retribuzione per un'ora

lavorativa per un ogni 3 ore di reperibilità, ugualmente a quanto stabilito in alcuni

Comuni vicini. Tale sistema non era stato mai posto in discussione

dall'Amministrazione fino al 1995 e secondo il ricorrente non era mai stato

modificato e così nel periodo seguente e ciò fino al settembre 1996, allorché il

Comune assumeva di aver variato le modalità di retribuzione della reperibilità con

la delibera n. 282/95 e stabiliva che il compenso dovesse essere determinato sulla

base del tempo impiegato.

Il Martelli subiva poi procedimento penale a causa del percepimento delle somme

in questione, ma il procedimento si concludeva con sentenza n. 1145/01 del g.u.p.

di Bologna, il quale disponeva in un luogo a procedere, perché il fatto non

costituiva reato. Il TAR respingeva invece con sentenza n. 1046 del 30 luglio 2003,

affermando che la disciplina del servizio di pronta reperibilità sarebbe stata

disciplinata da tre delibere della giunta comunale di contenuto del tutto diverso

dalle modalità seguite dai fatti, che la motivazione addotta dal Comune era

sufficiente per giustificare il provvedimento di recupero, che il ricorrente non

poteva vantare alcun tipo di affidamento, che alla fattispecie non si applicava la

prescrizione quinquennale bensì quella decennale, e che non sarebbe stata fornita

la prova di benefici contrattuali non goduti da parte del ricorrente relativi ai riposi

compensativi.

Con ricorso notificato il 12 dicembre 2003 il Martelli proponeva appello il

Consiglio di Stato avverso la sentenza n. 1046/03, sollevando le seguenti censure:

Il ricorrente invoca nuovamente il principio della

 

bona fidei percipiendi non applicato

in primo grado, visto che il metodo forfettario di pagamento della reperibilità è

stato da sempre avallato anche formalmente dall'Amministrazione: questa ultima

ha ingenerato la convinzione della sua correttezza, data anche la difficoltà di

individuare altri sistemi collegati al servizio effettivamente prestato e visto il

lunghissimo tempo in cui il Comune ha autorizzato l'interessato a compilare i

moduli prestampati su cui registrare le ore da retribuire, moduli debitamente

sottoscritti dal segretario generale e dal Sindaco prima di essere mandati in

pagamento. Quindi il comportamento della P.A. è stato tale, tanto da non poter

giustificare il recupero con delibere di giunta mai fatte concretamente applicare per

oltre un decennio e dipendendo esclusivamente dagli uffici comunali l'avvenuta

corresponsione delle somme, solo molto tempo dopo messe in discussione, senza

che si potesse fare carico in alcun modo al dipendente, così come avvalorato anche

dalla sentenza del g.u.p.

Inoltre il Comune non ha tenuto in alcun conto le considerazioni svolte

dall'interessato nelle memorie prodotte nel procedimento, in cui il medsi,o

esprimeva osservazioni puntuali sui metodi forfettari di contabilizzazione della

reperibilità e sulla disapplicazione di eventuali delibere o accordi sindacali, violando

così l'art. 10 L. 241/90, il quale non ammette una mancata valutazione della

partecipazione del privato nel procedimento.

Ancora, la sentenza ha ignorato il fatto che l'istruttoria è stata del tutto carente per

la mancata audizione di persone informate sui fatti intercorsi all'epoca della

corresponsione delle somme in controversia, ed inoltre il calcolo del servizio

effettivamente prestato non poteva che essere palesemente sottostimato,

mancando di prove documentali.

Erra poi la sentenza impugnata nello stabilire che la prescrizione sia quella

dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. e quindi rientrante in quella generale

decennale disciplinata dall'art. 2946 c.c., mentre essa è palesemente disciplinata

dall'art. 2948 c.c., ossia quella quinquennale analogamente alle corrispettive pretese

dei dipendenti, trattandosi di somme periodiche e ricavandone al contrario una

gravissima disparità di trattamento. In ogni caso, poiché precedente

comunicazione di avvio del procedimento inviata al Martelli nel 1996 non era

comunque idonea a costituire in mora il debitore per la sua indeterminatezza,

quanto versato fino al dicembre 1989 deve comunque ritenersi prescritto.

L'appellante poi richiamava una serie di norme contenute nei dd.PP.RR. di

recepimento dei c.c.n.l. degli anni '80 riguardanti la mancata fruizione del riposo

settimanale e del diritto al riposo compensativo ed ancora le previsioni di

remunerazione del servizio di pronta reperibilità, norme queste disapplicate dal

Comune e che invece dovevano essere applicate per calcolare le compensazioni

nell'eventuale recupero.

Il Martelli concludeva per l'accoglimento dell'appello con vittoria di spese.

Il Comune di Castenaso non si è costituito in giudizio.

In data 15 marzo 2003 gli eredi del ricorrente, deceduto il 29 settembre 2009, si

sono costituiti in giudizio, insistendo per l'accoglimento del ricorso.

Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione

DIRITTO

Oggetto dell'appello è la sentenza n. 1046/03 con cui il TAR dell'Emilia Romagna

ha respinto il ricorso del dr. Mauro Martelli, nella qualità di farmacista comunale di

Castenaso sino al 1° dicembre 1997, ricorso proposto avverso il provvedimento n.

6904 in data 29 marzo 2000 con il quale l'amministrazione comunale aveva

disposto il recupero di £. 21.853.062 oltre agli interessi di legge, relativi a somme

versategli dal 1987 al 3° trimestre 1995 a titolo di compenso dei periodi di

reperibilità, computate in un'ora di retribuzione per ogni tre ore di reperibilità.

Il Comune ha affermato che il sistema di retribuzione di dette ore di reperibilità

non era in realtà quello stabilito, regolato invece da delibere di Giunta di diverso

contenuto ed il TAR ha ritenuto corretto il provvedimento adottato, escludendo

l'esistenza di una situazione di affidamento sia per la presenza di una

regolamentazione sufficientemente chiara, sia perché il recupero di somme

indebitamente percepite non era precluso dalla buona fede del dipendente e

corrispondeva comunque all'interesse pubblico.

Con l'appello in esame sono state nuovamente sollevate le censure già disattese in

primo grado, inerenti la buona fede del Martelli, la carenza di istruttoria da parte

della P.A., l'avvenuta prescrizione di parte del credito e la disapplicazione delle

norme in materia contenute nei relativi c.c.n.l.

Il Collegio rileva come nella materia del recupero di somme stipendiali nei

confronti dei pubblici dipendenti si sia formata negli ultimi anni una

giurisprudenza costante che ritiene non ostative le situazioni di affidamento o di

buona fede del percipiente all'effettuazione del recupero medesimo: esse semmai

possono condurre ad un'equa rateizzazione del recupero, ma questo ultimo è

sempre giustificato dal fatto che le amministrazioni sono portatrici dell'interesse a

rimediare ad un'indebita spendita di pubblico denaro.

Il Collegio, pur condividendo in linea generale i principi ora espressi, ritiene però

che una soluzione di concreta giustizia debba essere rapportata alle singole

fattispecie dedotte in giudizio (Cons. Stato, V, 15 ottobre 2003 n. 6291); per cui

non si possono sottacere una serie di elementi come, ad esempio, ove risieda

l'errore che ha portato alla corresponsione delle somme in controversia e cioè se di

esso si possa fare carico alla sola Amministrazione, il lungo lasso di tempo tra la

data di corresponsione e quella di emanazione del provvedimento di recupero,

l'eventuale tenuità delle somme corrisposte anche in riferimento ai servizi resi, la

complessità della macchina burocratica dalla quale è scaturito l'errore di conteggio.

Ora, si rileva che l'avvio del procedimento di recupero è avvenuto il 20 dicembre

1999, allorché la corresponsione delle somme in controversia era iniziata nel 1987;

la motivazione dell'indebito risiede nel richiamo di tre deliberazioni della giunta

municipale, la prima del 9 settembre 1986, la seconda del 17 marzo 1992 e la terza

dell'11 aprile 1995, le quali avevano disciplinato il servizio di reperibilità per la

farmacia comunale, disponendo una diversa disciplina del trattamento economico

di detto servizio e solo alcuni mesi dopo la terza delibera, il Comune aveva sospeso

il modello di retribuzione del servizio di reperibilità avviato nel 1987.

Nel 1996 era stato avviato un primo procedimento di recupero mai portato a

termine, in cui era stata vagliata la corrispondenza tra gli scontrini emessi dalla

farmacia e le ore di reperibilità dichiarate dal Martelli; nulla è stato contestato

all'interessato sulla correttezza degli orari, ma è stato formulato un calcolo delle

somme asseritamente versate in eccedenza e quindi, solo tre anni dopo è stato

comunicato l'inizio del procedimento di recupero vero e proprio.

Negli anni intercorrenti tra il 1987 ed il 1995, nonostante la parallela emanazione

delle delibere di Giunta, il Comune di Castenaso ha pacificamente continuato a

versare al proprio farmacista i compensi per le ore di reperibilità, commisurandoli

ai parametri contenuti da precedente delibera risalente al dicembre 1980,

contabilizzando le ore di reperibilità su moduli predisposti dal Comune al dr.

Martelli, trasmessi all'Azienda farmaceutica municipalizzata e poi sottoscritti del

segretario generale comunale e dal Sindaco prima di essere messi in pagamento.

La vicenda appare del tutto paradigmatica di cattiva amministrazione, tanto da

apparire al di là del credibile: il Sindaco ha continuativamente riscontrato il sistema

di retribuzione delle ore di reperibilità pur partecipando alla riunioni di Giunta con

le quali veniva deliberato un metodo retributivo affatto diverso e ciò è accaduto

per anni, anche a fronte del controllo del segretario comunale. Se poi si rileva che

Castenaso è un comune al di sotto dei 15.000 abitanti e dunque dotato di una

macchina amministrativa del tutto priva di complessità, appare logico che

l'affidamento maturato nel dipendente non può essere portato alla stregua di

quanto può accadere in un capoluogo di Regione o ancor più in strutture di

complessità macroscopica, come ad esempio il Ministero dell'Istruzione o della

Difesa, oppure ancora l'Inps o quant'altro di simile, soprattutto in dipendenza del

fatto che le somme in questione riguardavano solo due dipendenti, l'appellante e la

sua collega dr.ssa Efthalia Calambuca.

La stessa sentenza del g.i.p. di Bologna del 19 luglio 2001, che ha dichiarato il non

luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato nei confronti del ricorrente

per i reati di cui agli artt. 476 e 479 c.p., ha ritenuto la confusione creata

dall'amministrazione comunale addirittura tra i concetti di reperibilità e

straordinario ed ha riportato l'ascrivibilità delle difformità dei calcoli

all'affidamento riposto dall'imputato alla condotta dell'Amministrazione, che per

circa diciotto anni ha avallato, senza mai nulla eccepire i conteggi fondati sulla

delibera n. 191 del 23 dicembre 1980, nonostante questa fosse stata rimossa nel

1986.

Il quadro complessivo dimostra quindi che il Comune di Castenaso ha

pacificamente erogato per una serie di anni al Martelli un tipo di trattamento

economico delle ore di reperibilità e ciò è accaduto per la responsabilità degli stessi

organi, Sindaco e segretario comunale, che avevano partecipato o condiviso nello

stesso periodo determinazioni recanti previsioni del tutto diverse; quindi, è

evidente che dopo dieci anni dall'inizio dell'erogazione di tali somme non poteva

che essere maturato nel Martelli l'affidamento a ritenere parte del suo reddito una

fonte di entrata regolare, in quanto sottoposta a controlli continuativi e la di cui

erronea corresponsione non può essere posta in contestazione da chi l'ha sempre

avallata per un decennio, se non incorrendo in una grave ingiustizia.

Per le suesposte considerazioni l'appello deve essere accolto con il conseguente

accoglimento del ricorso di primo grado.

Le spese di giudizio possono essere compensate per i due gradi, vista la peculiarità

del caso e le modalità dell'intera vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso

di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2012 con

l'intervento dei magistrati:

Calogero Piscitello, Presidente

Marzio Branca, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/04/2012

IL SEGRETARIO