Si ricorda che  nel nuovo testo dell'art.7 della legge n.604/66 ,introdotto dal  18 luglio 2012  dalla lege di riforma n.92/12:

1. Il  licenziamento per giustificato motivo oggettivo  disposto da un datore di lavoro avente i requisiti dimensionali di cui all'articolo 18, ottavo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore

2.  In tale  comunicazione  , il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.

3.  Nel termine perentorio  di sette giorni  dalla ricezione  della comunicazione aziendale, , La Direzione territoriale del lavoro  provvede alla  convocazione  del  datore di lavoro e del lavoratore   dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile.

4. La comunicazione contenente l'invito   si considera validamente effettuata quando è recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero è consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.

5. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.

6. La procedura di cui al presente articolo, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della commissione di cui al comma 3, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro, fatta salva l'ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.

7. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l'affidamento del lavoratore ad un'agenzia di cui all'articolo 4, comma l, lettere a) e b), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

8. Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la determinazione dell'indennità risarcitoria di cui all'articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, e per l'applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile.

9. In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all'incontro di cui al comma 3, la procedura può essere sospesa per un massimo di quindici giorni.

Premesso quanto sopra ,si segnala che  con nota n.12886/2012 il Ministero del Lavoro ha affermato  che risulta escluso dal tentativo di conciliazione di cui sopra il licenziamento dispostro dal datore di lavoro nei confronti del diupendente per il superamrento del periodo di conmporto  fissato dal ccnl di riferimento

La nuova procedura, come detto, è stata introdotta nell'ambito della disciplina dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (economici), quali quelli inerenti a ragioni dell'attività produttiva, dell'organizzazione del lavoro e del regolare funzionamento di essa. Secondo il ministero del lavoro il legislatore, nel riferimento alle nuove procedure introdotte per lo svolgimento del tentativo di conciliazione, ha circoscritto l'ambito di applicazione esclusivamente a quei licenziamenti intimati per esigenze prettamente aziendali connesse a ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Pertanto, il ministero esprime parere che l'ipotesi di recesso dovuta al «superamento del periodo di comporto», espressamente disciplinato dall'articolo 2119 del codice civile, non integri la fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e non vadano, pertanto, applicate le nuove regole e le procedure previste dalla riforma Fornero. In altri termini, l'esame svolto dalle parti con la partecipazione attiva della commissione riguardano l'organizzazione del lavoro e l'attività produttiva e non questioni attinenti alla persona del lavoratore.

 Nel chiarimento ministeriale si evidenzia che la  nuova procedura   è stata introdotta nell'ambito della disciplina dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (economici), quali quelli inerenti a ragioni dell'attività produttiva, dell'organizzazione del lavoro e del regolare funzionamento di essa.

 Pertanto  ,precisa  il ministero del lavoro, il legislatore, nel riferimento alle nuove procedure introdotte per lo svolgimento del tentativo di conciliazione, ha circoscritto l'ambito di applicazione esclusivamente a quei licenziamenti intimati per esigenze prettamente aziendali connesse a ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

Di conseguenza ,   il ministero esprime parere che l'ipotesi di recesso dovuta al «superamento del periodo di comporto», espressamente disciplinato dall'articolo 2119 del codice civile, non integri la fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e non vadano, pertanto, applicate le nuove regole e le procedure previste dalla riforma Fornero. In altri termini, l'esame svolto dalle parti con la partecipazione attiva della commissione riguardano l'organizzazione del lavoro e l'attività produttiva e non questioni attinenti alla persona del lavoratore.