Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, Sentenza n. 5241 del 2 aprile 2012,
L’assunzione con contratto a termine, poto in essere dall' impresa che abbia omesso la valutazione dei rischi è nulla, con la conseguente sanzione della conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
In cpoche parole è questo in sintesi il principio sancito dalla Suprema Corte, nella recente sentenza n. 5241 del 2 aprile 2012, inserendosi di fatto fra i molteplici casi in cui è vietato stipulare contratti a termine.
La circostanza per cui si è giunti alla pronuncia ha ad oggetto la la storia di un dipendente della Poste Italiane S.p.a., che aveva prestato la propria attività lavorativa attraverso una pluralità di contratti a termine, ma il cui rapporto di lavoro, non era stato alla fine trasformato a tempo indeterminato.
Il ricorrente lamentava la genericità della causale sostitutiva apposta, la mancata indicazione del nome dei lavoratori sostituiti, nonché la stipulazione dei vari contratti nonostante il divieto di procedere ad assunzioni a termine nelle sedi di lavoro ove non era stata effettuata la valutazione dei rischi.
Tutte le domande venivano respinte sia in primo che in secondo grado. Tuttavia, la Suprema Corte di Cassazione ha parzialmente accolto le doglianze del lavoratore, non tanto però in riferimento alla pretesa illegittimità della causale sostituiva indicata nei contratti, quanto in ragione della conclusione dei contratti a termine senza che il datore di lavoro avesse preventivamente proceduto alla elaborazione del documento di valutazione dei rischi, ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994 e successive modifiche.
Gli ermellini, precisano che, affinché il datore di lavoro intenda sottrarsi alla conversione del contratto di lavoro, deve provare di aver effettuato la valutazione dei rischi in epoca antecedente alla stipula del contratto a termine. Nel caso de quo, la ratio di tale divieto è giustificata dalla maggiore esigenza di protezione che deve essere garantita ai lavoratori flessibili e a termine, che hanno una minore familiarità con l’ambiente e con gli strumenti di lavoro. Al lavoratore spetterà, inoltre, ai sensi di quanto stabilito dalla L. n. 183/2010, un’indennità risarcitoria da parte del datore di lavoro compresa fra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
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