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Reverse Charge per i contribuenti Minimi e Forfettari: le conseguenze

Introduciamo all'argomento descrivendo brevemente il meccanismo del Reverse Charge.
Il soggetto fornitore che è obbligato all'applicazione di tale regime IVA, emetterà una fattura (a un altro soggetto IVA) con il solo imponibile non richiedendo il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto.

Il soggetto che riceve la fattura (committente) ha l'obbligo di integrare la fattura, ovvero registrare il documento integrando dell'iva che avrebbe dovuto versare su tale prestazione resa dal fornitore.
Contabilmente la registrazione avviene sia sul registro Iva acquisti (contabilizzando un'importo iva a credito) che sul registro Iva vendite (contabilizzando un'importo iva a debito) quindi neutralizzando il debito d'imposta.

Questo aspetto di "neutralità " però assume delle particolari connotazioni nel caso ci troviamo di fronte a soggetti "committenti" che operano in regime di "neutralità" ai fini IVA come gli ex minimi e nuovi forfettari o ad esempio soggetti che effettuano operazioni esenti da Iva (medici).

I casi sopra esposti, in funzione della neutralità per le operazioni attive, non godono, ovviamente, nemmeno del diritto alla detrazione nelle operazioni di acquisto che recuperano come maggior costo.

Il caso si fa particolare per questi soggetti nel caso ricevano fatture in cui il fornitore applichi il reverse charge alla prestazione resa. Non avendo diritto alla detrazione d'imposta, verrebbe nulla la neutralità ai fini IVA che invece, in regime ordinario, vi sarebbe con la "doppia registrazione" (tra acquisti e vendite) nell'integrazione della fattura.

Ciò vuol dire che tali soggetti, nel caso sopra esposto, essendo comunque obbligati all'integrazione della fattura per aver ricevuto i servizi e prestazioni di cui riferimento all'art. 17 DPR 633/1972, si troveranno a dover versare, entro il 16 del mese successivo all'operazione di integrazione, l'iva integrata tra le vendite che poi verrà recuperata, tra gli acquisti, come maggior costo.

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