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Lavoro Accessorio: limiti per gli Enti NO PROFIT

In riferimento alla nuova regolamentazione del lavoro accessorio introdotta dal D.Lgs 81/2015 al capo VI art. 48, il Legislatore si è soffermato a meglio definire i soggetti committenti che possono ricorrere a tale tipologia di prestazione e i relativi limiti economici definiti su base annua (anno civile).

Art. 48 
Definizione e campo di applicazione 
1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attivita' lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attivita' lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma.


A riguardo della definizione delle tipologie di committenti destinatari di tale disposizione normativa con il termine "imprenditori" Il Legislatore fa riferimento a tutte le categorie disciplinate dall’art. 2082 e segg. del codice civile, escludendone, quindi, coloro che, seppur dotati di una posizione fiscale (partita iva o codice fiscale) non sono classificabili come imprenditori o lavoratori autonomi.

Questa interpretazione è quanto emerge dal Messaggio INPS 2 febbraio 2016, n.8628 che, appunto, sembrerebbe escludere dal limite dei 2.000 euro annui le prestazioni rese a favore delle categorie rientranti tra gli Enti NO PROFIT che non si configurerebbero come "imprenditori".



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