Per semplici richieste o suggerimenti contattateci cliccando quì (oppure utilizza il form sotto
),
specificando il quesito o la vostra richiesta e provvederemo a contattarvi al più presto per la risposta.

Art.100 c.p.c. IMPUGNAZIONE


L'interesse all'impugnazione, manifestazione del generale principio dell'interesse ad agire - sancito, quanto alla proposizione della domanda e alla relativa contraddizione alla stessa, dall'art. 100 c.p.c. - va apprezzato in relazione all'utilità concreta derivabile alla parte dall'accoglimento del gravame, e si collega alla soccombenza, anche parziale, nel precedente giudizio, mancando la quale l'impugnazione è inammissibile. Conseguentemente deve escludersi l'interesse della parte integralmente vittoriosa a impugnare la sentenza al solo fine di ottenere una modificazione della motivazione, salvo il caso che da quest'ultima possa dedursi un'implicita statuizione contraria all'interesse della parte medesima, nel senso che a questa possa derivare pregiudizio da motivi che, quale premessa necessaria dalla decisione, siano suscettibili di formare giudicato. (Nella specie, la S.C., ribadendo l'enunziato principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale, in relazione a un giudizio per repressione di condotta antisindacale, si censurava la decisione della Corte territoriale per avere accolto la domanda in base all'argomentazione, formulata in via subordinata nel giudizio, che la procedura di mobilità condotta a termine dalla società, ai sensi della legge n. 223 del 1991, dissimulava un trasferimento d'azienda, trattandosi di mera subordinazione logica rispetto all'altra, con cui si deduceva l'occultamento di un'illecita operazione di intermediazione di manodopera, e attesa l'assenza di una pronunzia di rigetto del diverso percorso motivazionale. (Cass. 10/11/2008 n. 26921, Pres. Sciarelli Est. Ianniello, in Lav. nella giur. 2009, 294)
La doglianza relativa alla mancata adozione di un diverso rito, dedotta come motivo di impugnazione, è inammissibile per difetto di interesse qualora non si indichi uno specifico pregiudizio processuale che dalla sua mancata adozione sia concretamente derivato, in quanto l'esattezza del rito non deve essere considerata fine a sé stessa, ma può essere invocata solo per riparare una precisa e apprezzabile lesione che, in conseguenza del rito seguito, sia stata subita sul piano pratico processuale. (Cass. 13/5/2008, n. 11093, Pres. Finocchiaro Est. Talevi, in Lav. nella giur. 2008, 1057)
Il canone costituzionale della ragionevole durata del process, coniugato con quello dell'immediatezza della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), orienta l'interpretazione dell'art. 420 bis c.p.c. nel senso, confortato anche da argomenti di interpretazione letterale, che tale disposizione trova applicazione solo nel giudizio di primo grado e non anche in quello d'appello, in sintonia con le scelte del legislatore delegato (D.Lgs. n. 40 del 2006) che, più in generale, ha limitato la possibilità di ricorso immediato per cassazione avverso sentenze non definitive rese in grado d'appello, lasciando invece inalterata la disciplina dell'impugnazione immediata delle sentenze non definitive rese in primo grado. Conseguentemente, la sentenza di accertamento pregiudiziale sull'interpretazione di un contratto collettivo, ove resa in grado d'appello, non essendo riconducibile nel paradigma dell'art. 420 bis c.p.c., non incorre in un vizio che inficia la pronuncia, bensì nel rimedio impugnatorio proprio, che non è quello del ricorso immediato per cassazione, il quale ove proposto deve essere dichiarato inammissibile, ma trattandosi di sentenza che non definisce, neppure parzialmente, il giudizio, è quello generale risultante dal combinato disposto dell'art. 360, terzo comma, e 361, primo comma, c.p.c. Pertanto non viene in rilievo l'affidamento che le parti possono avere riposto nella decisione della Corte territoriale emessa nel contesto processuale dell'art. 420 bis c.p.c., atteso che l'interesse a un giudizio di impugnazione sulla sentenza resa dal giudice di appello è salvaguardato dall'applicabilità del secondo periodo del terzo comma dell'art. 360 c.p.c., come novellato dall'art. 2 del D.Lgs. n. 40 del 2006, che prevede che avverso le sentenze che non definiscono il giudizio e non sono impugnabili con ricorso immediato per cassazione, può essere successivamente proposto il ricorso per cassazione, senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio. (Cass. 7/5/2008 n. 11135, Pres. Mercurio Est. Amoroso, in Lav. nella giur. 2008, 953)
llorché sono convenute in giudizio più parti e le cause siano inscindibili o tra loro dipendenti, la notificazione al ricorrente della sentenza ad iniziativa di una sola delle parti convenute fa decorrere il termine breve per l'impugnazione anche nei confronti dell'altra parte con conseguente inammissibilità dell'appello proposto fuori termine. (Corte d'appello Milano 25/9/2002, Pres. e rel. Mannacio, in Lav. nella giur. 2003, 390)
Nel caso in cui la sentenza sia fondata su una pluralità di ragioni tra loro distinte e autonome, ciascuna logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, l’omessa specifica impugnazione di tutte tali ragioni rende inammissibile la censura su alcuna di esse, la quale non potrebbe mai condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre ragioni non impugnate, all’annullamento della decisione (Cass. 24/5/99 n. 5048, pres. Buccarelli, est. Mercurio, in D&L 1999, 921)

Nessun commento: