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Illegittimo il licenziamento del lavoratore per l'assenza dalla visita fiscale

Pubblicato da Bruno Dott. Olivieri

Corte di cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza 21 ottobre 2010 n. 21621


La Cassazione, in una recente sentenza, ha affermato che il lavoratore in malattia assente alla visita fiscale non può essere licenziato se affetto da una sindrome depressiva ansiosa. In forza della suddetta pronuncia, la sezione Lavoro della Cassazione ha statuito che la natura della patologia può giustificare l'allontanamento, soprattutto quando è accompagnato dalla necessità di rivolgersi al sanitario di fiducia per l'insorgere di un evento morboso diverso da quello diagnosticato in precedenza. Tuttavia, per assentarsi lecitamente durante la reperibilità non è infatti richiesta l'assoluta indifferibilità della prestazione sanitaria da effettuare, ma, secondo detta pronuncia, è sufficiente un serio e fondato motivo che giustifichi l'allontanamento dal proprio domicilio. Infine, la Suprema Corte ha statuito che la sanzione comminata è sproporzionata rispetto alla condotta del lavoratore dal momento che il licenziamento disciplinare costituisce l'estrema ratio.


Tale recente statuizione rileva non tanto e non solo per il principio ivi consacrato, peraltro applicazione pratica di buon senso secondo cui “ per assentarsi lecitamente durante la reperibilità non è infatti richiesta l'assoluta indifferibilità della prestazione sanitaria da effettuare, ma, secondo detta pronuncia, è sufficiente un serio e fondato motivo che giustifichi l'allontanamento dal proprio domicilio” ed infatti è stato considerato tale “la necessità di rivolgersi al sanitario di fiducia per l'insorgere di un evento morboso diverso da quello diagnosticato in precedenza”. Infatti, in precedenti pronunce era stato già pacificamente statuito che “Il giustificato motivo di esonero del lavoratore malato dall'obbligo di reperibilità alla visita domiciliare di controllo non ricorre solo nelle ipotesi di forza maggiore, ma corrisponde a ogni fatto - consistente in una situazione cogente, ancorché non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari - che, alla stregua del giudizio medio e della comune esperienza, renda indifferibile la presenza del lavoratore in luogo diverso dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità. (Nella fattispecie è stata ritenuta legittima l'assenza del lavoratore che al momento della visita fiscale si trovava presso il Centro Servizi Sociali, struttura periferica del Ministero della Giustizia, a seguito di formale invito a presentarsi inderogabilmente nella data e orario indicati nell'avviso notificatogli a mezzo della Polizia Municipale.) (Cass. civ., Sez. lavoro, 06/05/2005, n.9453).


Ancora, “l'assenza alla visita di controllo, per non essere sanzionata dalla perdita del trattamento economico di malattia ai sensi dell'art. 5, comma 14, del d.l. n. 463 del 1983, convertito nella legge n. 638 del 1983, può essere giustificata oltre che dal caso di forza maggiore, da ogni situazione, la quale, ancorchè non insuperabile e nemmeno tale da determinare, ove non osservata, la lesione di beni primari, abbia reso indifferibile altrove la presenza personale dell'assicurato, come la concomitanza di visite mediche, prestazioni sanitarie o accertamenti specialistici, purchè il lavoratore dimostri l'impossibilità di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente alle fasce orarie di reperibilità. La valutazione del giudice di merito in proposito si risolve in un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato sotto il profilo logico - giuridico, è incensurabile in sede di legittimità. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che fosse incensurabile, perchè sorretta da corretta motivazione la valutazione con cui il giudice di merito aveva ritenuto che fosse giustificata l'assenza alla visita fiscale di un lavoratore che aveva dato dimostrazione di essersi recato, su indicazione del proprio medico curante, presso uno stabilimento termale per un ciclo di cure diretto ad ottenere un più pronto ristabilimento dello stato di salute, corrispondente anche agli interessi economici del datore di lavoro) (Cass. civ. Sez. lavoro, 23/11/2004, n. 22065, Cass. civ., Sez. lavoro, 22/06/2001, n.8544). Sullo stesso orientamento, infine, “Durante l'assenza per malattia, l'assenza del lavoratore dal proprio domicilio constatata dal medico fiscale in sede di visita fiscale comporta l'irrogazione della sanzione di cui all'art. 5 comma 14 l. n. 638 del 1983, a meno che il lavoratore assente non dimostri l'esistenza di motivi indifferibili ed urgenti che lo hanno costretto ad assentarsi (nel caso di specie, è stata disconosciuta l'esistenza di siffatti motivi per l'espletamento di magneto terapia segnalata come utile e consigliata al paziente dal medico curante).(Trib. Trieste, 28/04/2000)


D'altro canto, l'art. 5, comma 14, del d.l. n. 463 del 1983, come poi convertito nella legge n. 638 del 1983 prevede testualmente che “qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l'intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l'ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo”.


Pertanto, nel caso di assenza dalla visita di controllo, ammettendo senza giustificato motivo da parte del lavoratore, questi ha come sanzione la decadenza solo dal trattamento economico all'uopo previsto dall'articolo di legge citato, ma non certo il licenziamento!


Infatti, sul punto, la Sentenza in commento riprende e conferma che in caso di licenziamento a seguito di illecito disciplinare, affinchè questo possa rien6trare nel concetto di giusta causa, deve sussistere una certa proporzione tra la gravità della condotta illecita del lavoratore ed il licenziamento. Infatti, sul punto la giurisprudenza ha affermato più volte che “In tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, la sanzione disciplinare deve essere proporzionale alla gravità dei fatti contestati sia in sede di irrogazione della sanzione da parte del datore nell'esercizio del suo potere disciplinare, avuto riguardo alle ragioni che lo hanno indotto a ritenere grave il comportamento del dipendente, sia da parte del giudice del merito, il cui apprezzamento della legittimità e congruità della sanzione applicata, se sorretto da adeguata e logica motivazione, si sottrae a censure in sede di legittimità (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto che la discrezionalità del datore nel graduare la sanzione disciplinare dovesse trovare riscontro in una motivazione puntuale e coerente; doveva ritenersi, conseguentemente, illegittimo il licenziamento irrogato ad un lavoratore per un illecito disciplinare, quando, per la medesima condotta - consistente nell'utilizzazione personale dell'apparecchio telefonico portatile di servizio con invio di SMS - posta in essere da altri lavoratori, erano state inflitte sanzioni conservative e non espulsive, senza che da parte del datore di lavoro Telecom Italia s.p.a. fossero state indicate specifiche ragioni di diversificazione) (Cass. civ., Sez. lavoro, 08/01/2008, n.144). Ancora, “In tema di verifica giudiziale della correttezza del procedimento disciplinare, il giudizio di proporzionalità tra violazione contestata e provvedimento adottato si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento del lavoratore e dell'adeguatezza della sanzione, tutte questioni di merito che ove risolte dal giudice di appello con apprezzamento in fatto adeguatamente giustificato con motivazione esauriente e completa, si sottraggono al riesame in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che, con motivazione ineccepibile, aveva valutato le violazioni attribuite al lavoratore, liquidatore della spa Fondiaria - consistite nell'aver liquidato danni sulla base di semplici fotografie delle autovetture incidentate fornite dal carrozziere -, sia singolarmente che nel loro complesso, come inidonee ad integrare un licenziamento per giusta causa). (Cass. civ., Sez. lavoro, 15/11/2006, n.24349 Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 11/06/2007, n. 13633, Cass. civ. Sez. lavoro, 02/11/2005, n. 21213, Cass. civ. Sez. lavoro, 25/02/2005, n. 3994)



Avv. Luigi Modaffari

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