Il parere   contrario di cui al titolo risulta fornito  con la  sottoriportata nota del 14 settembre 2012, n. 36924, in riferimento a corrispondente richiesta di  un Ateneo pubblico circa la  possibilità di trasformazione di contratto di lavoro a tempo determinato di Dirigente in contratto di lavoro a tempo indeterminato.

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Si fa riferimento alla nota prot. n. 0045008 del 14 novembre 2011, di cui di recente è stato sollecitato il riscontro, con cui si chiede il parere di questo Ufficio in ordine alla possibilità di trasformare il contratto di lavoro a tempo determinato di un dirigente, assunto a seguito di concorso pubblico, in contratto di lavoro a tempo indeterminato.

La trasformazione del rapporto di lavoro avverrebbe in applicazione della disposizione del bando di concorso che espressamente prevede la possibilità per l'Università di procedere in tal senso.

A tal proposito si rappresenta che l'articolo 97 della Costituzione, laddove recita che "Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge", introduce un principio di riserva di legge in materia di reclutamento.

Ciò detto, il reclutamento dei dirigenti, come previsto dall'articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non contempla la possibilità di bandire concorsi a tempo determinato, per l'accesso alla qualifica dirigenziale, e di trasformarli in contratti di lavoro a tempo indeterminato.

Riconoscere una facoltà di questo tipo alle amministrazioni pubbliche determinerebbe un contrasto con i principi di imparzialità e trasparenza a cui deve soggiacere l'attività amministrativa. Tale facoltà, infatti, sarebbe esercitata in modo meramente discrezionale dall'amministrazione con il rischio di determinare scelte personalistiche, valutate di volta in volta in relazione all'esito della procedura concorsuale a tempo determinato. Inoltre, per il reclutamento dei dirigenti, una tale possibilità confliggerebbe con i principi che regolano l'autonomia della dirigenza e la separazione di competenza tra il vertice politico e quello amministrativo.

Chiaramente, di fronte a tali principi fondanti l'azione amministrativa, va da sé che l'autonomia riconosciuta alle amministrazioni pubbliche di definire regolamenti concorsuali propri, ex articolo 70, comma 13, del citato d.lgs 165/2001, deve svolgersi nell'ambito del rispetto degli stessi, in coerenza con la Costituzione e la disciplina contenuta nella fonte di rango primario.

E' pertanto nulla, in quanto contraria a disposizioni imperative, la clausola del bando di concorso che consente all'amministrazione di procedere alla trasformazione del contratto di lavoro nel senso anzidetto (NOTA 1).

Si richiama a completamento del quadro descritto il divieto generale di conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato di cui all'articolo 36, comma 5, dello stesso d.lgs 165/2001 che sancisce espressamente tale divieto di conversione (NOTA 2). La disposizione, infatti, prevede che "In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione".

Alla luce di quanto detto, non può che darsi risposta negativa al quesito formulato.

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(1) V. TAR Bari Puglia, 22 dicembre 1986, n. 1185: "Nell'ipotesi in cui in un bando di concorso sia stata inserita una clausola palesemente in contrasto con l'ordinamento vigente (nella specie: impossibilità di reclamare avverso i risultati della visita fiscale circa l'idoneità fisica degli aspiranti) la stessa - se frutto di un reliquato storico - è da ritenere "tamquam non esset"; qualora, invece, effettivamente voluta devono trovare applicazione i principi generali di cui all'art. 1419 c.c.. ( nullità parziale del bando ) ed all'art. 1339 ce. (inserzione automatica dell'art. 24 cost., che accorda tutela ai diritti ed interessi legittimi).".

(2) Ex plurimis v. Corte appello Perugia, sez. lav., 8 marzo 2011, n. 524; Tribunale Siena, sez. lav., 27 settembre 2010; Consiglio Stato, sez. V, 14 aprile 2008, n. 1645; Cassazione civile, sez. lav., 15 giugno 2010, n. 14350: "In materia di pubblico impiego, un rapporto di lavoro a tempo determinato non è suscettibile di conversione in uno a tempo indeterminato, stante il divieto posto dall'art. 36 del d.lg. n. 165 del 2001, il cui disposto è stato ritenuto legittimo dalla Corte cost. (sent. n. 98 del 2003) e non è stato modificato dal d.lg. 6 settembre 2001 n. 368, contenente la regolamentazione dell'intera disciplina del lavoro a tempo determinato.".