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I rapporti di lavoro nelle aggregazioni tra imprese

Nella fase post pandemica le aggregazioni tra imprese si sono confermate come un valido strumento per finalizzare processi di riorganizzazione aziendale in risposta all'esigenza di una "ripartenza".

Parliamo di una emergente esigenza non solo in termini strettamente economici quanto piuttosto di rimodulare le attività aziendali per essere maggiormente performanti, quindi "collaborare" nei termini di "unione di risorse, conoscenze e professionalità" per perseguire performance migliori, più efficienti e quindi essere più competitivi sul mercato.

L'aggregazione imprenditoriale è un fenomeno che nel nostro ordinamento giuridico si concretizza in diverse forme dagli appalti, alle ATI e i Consorzi, sino ai gruppi e alle reti di imprese.

In tutte le forme di aggregazione imprenditoriale la gestione dei rapporti di lavoro del personale impiegato ha sempre richiesto un'attenta analisi nel mantenere sani e inalterati i diritti e i doveri scaturenti (normalmente secondo l'accezione civilistica) da un rapporto di lavoro di matrice "duale" ovvero un lavoratore e un solo datore di lavoro.

Art. 2094 c.c. “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”.

Allorquando la collaborazione tra imprese si formalizza attraverso la condivisione delle risorse umane i poteri datoriali sono sottoponibili ad una (regolamentata) dissociazione nel loro esercizio, tra quello che è il datore di lavoro formale (colui che è parte contraente nella sottoscrizione del contratto individuale di lavoro) e gli imprenditori che poi di fatto utilizzano la prestazione lavorativa.

Le forme della dissociazione dei poteri datoriali
Il "trasferimento" degli ordinari poteri datoriali (non necessariamente tutti in tutti i casi) può realizzarsi nelle sole forme giuridicamente riconosciute, come meglio di seguito riepilogate:
  1. comando in distacco ex art. 30 comma 1 D.lgs 276/2003;
  2. somministrazione ex art. 30 e succ. D.lgs 81/2015;
  3. comando in distacco nei gruppi di imprese INTERPELLO MLPS N. 1/2016;
  4. comando in distacco nelle reti di imprese ex 30 comma 4-ter D.lgs 276/2003;
  5. codatorialità nelle reti di imprese ex 30 comma 4-ter  D.lgs 276/2003;
  6. assunzioni congiunte in agricoltura ex 31 comma 3-bis e succ. D.lgs 276/2003.
Appalto
L'appalto è un istituto disciplinato ex art. 1655 e seg. del codice civile, formalizzato per il mezzo di un contratto con il quale un soggetto (appaltatore) si assume il compito di eseguire un'opera o di svolgere un servizio in favore di un altro soggetto beneficiario (appaltante) dietro un compenso in denaro. 
Nell'esecuzione dell'appalto normalmente la dissociazione dei poteri datoriali si concretizza nella forma del comando in distacco ex 30 comma 1 D.lgs 276/2003 in cui risulta fondamentale, per distinguerlo dalla somministrazione ed evitare l'apparato sanzionatorio ex comma 4-bis, che sia manifesto l'interesse "funzionale" del distaccante.

ATI e Consorzio
Le ATI (anche conosciute come reti temporanee di imprese) sono aggregazioni di imprese disciplinate ex art. 37 del D.Lgs. 163/2006 (Codice degli Appalti) specificamente costituite per la partecipazione ad una gara d'appalto. Si realizzano con un accordo in cui le imprese partecipanti (mandanti) conferiscono un mandato collettivo speciale con rappresentanza all’impresa capogruppo (mandataria), attribuendole in tal modo il potere di interloquire per tutto il gruppo con la stazione appaltante o il committente.

I consorzi sono disciplinati ex art. 2602 c.c. quale forma di aggregazione imprenditoriale finalizzata ad una "comune organizzazione" di determinate attività che, diversamente dalle ATI, coinvolge ciascun consorziato per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività.

La partecipazione all'ATI o consorzio non comporta l'assorbimento delle imprese contraenti in un organismo unitario.

Nell'esecuzione dell'appalto la dissociazione dei poteri datoriali si concretizza nella forma del comando in distacco ex 30 comma 1 D.lgs 276/2003 in cui risulta fondamentale, per distinguerlo dalla somministrazione ed evitare l'apparato sanzionatorio ex comma 4-bis, che sia manifesto l'interesse "funzionale" del distaccante.

Gruppi di imprese
Nel nostro ordinamento giuridico non abbiamo una specifica definizione di gruppo d’imprese quale intesa "aggregazione imprenditoriale", desumendosi la medesima in relazione al collegamento tecnico-funzionale si può instaurare tra un insieme di imprese. 
Per quel che riguarda invece i gruppi di imprese intesi come aggregazioni in termini di partecipazione e controllo di un insieme di imprese, il Legislatore rimanda all'art. 2359 c.c. con cui definisce le società controllate e società collegate in relazione all'esercizio di un'influenza dominante su un'altra società, per effetto del possesso della quota maggioritaria di partecipazione nella stessa o per la sussistenza delle condizioni indicate nella norma in commento.
Un gruppo di imprese è sostanzialmente un insieme di entità tra loro autonome dal punto di vista giuridico ma assoggettate ad un unico soggetto economico.

Sotto il profilo lavoristico l'art. 31 del D.lgs 276/2003 disciplina, per i soli gruppi civilisticamente definiti, la possibilità di delegare lo svolgimento degli adempimenti  in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti (art. 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12) alla società capogruppo per tutte le società controllate e collegate.

Per quanto attiene alla gestione "condivisione" delle risorse umane nei gruppi di imprese, non esiste una specifica previsione normativa (come invece vedremo per le reti di imprese) in cui sia specificamente disciplinato il distacco tra gruppi di imprese, tali intese sia nell'accezione aziendalistica (aggregazione imprenditoriale) che civilistica (partecipazione e controllo).
Successivamente alle modifiche dell'art. 30 del D.lgs 276/2003, con la previsione del comma 4-ter, il Ministero del Lavoro, con  risposta a interpello n. 1 del 20 gennaio 2016, estende anche ai gruppi di imprese il principio di automaticità alla sussistenza dell’interesse nel distacco, ritenendolo sussistente ugualmente ai contratti di rete.

(...) si osserva che l’aggregazione in gruppo di imprese si caratterizza, ferma restando l’autonomia giuridica dei soggetti che ne fanno parte, per il potere di controllo e direzione che una società del gruppo (c.d. capogruppo) esercita sulle altre in virtù delle condizioni di cui all’art. 2359 c.c.
 In ragione di quanto sopra, può ritenersi che anche nel gruppo di imprese venga condiviso un medesimo disegno strategico finalizzato al raggiungimento di un unitario risultato economico che trova, peraltro, rappresentazione finanziaria nel bilancio consolidato di gruppo. 
Appare pertanto possibile ritenere che in caso di ricorso all’istituto del distacco tra le società appartenenti al medesimo gruppo di imprese, ricorrendo, quanto meno, le condizioni di cui al’art. 2359, comma 1, c.c., l’interesse della società distaccante possa coincidere nel comune interesse perseguito dal gruppo analogamente a quanto espressamente previsto dal Legislatore nell’ambito del contratto di rete. (...)

Reti di imprese
Le reti di imprese sono regolamentate ai sensi dell’art. 3, commi 4-ter e seguenti della L. n. 33/2009 e definite come aggregazione di imprese finalizzata al perseguimento di specifici obiettivi definiti nell'oggetto dell'accordo stipulato tra le imprese retiste, il programma di rete. 
Le reti di imprese si differenziano dalle precedenti forme aggregative per la maggiore elasticità e flessibilità che le imprese retiste hanno nell'organizzazione delle attività di rete, in attuazione di una potere negoziale di ampia portata lasciato alle partecipanti.

Questo ampio potere negoziale è formalmente riconosciuto anche nella gestione dei rapporti di lavoro nelle reti di imprese in relazione alle previsioni di cui al comma 4-ter dell'art 30 del D.lgs 276/2003 che rimette ad una sorta di regolamento interno (disciplinare sulle regole di ingaggio) la gestione della codatorialità.

Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l'interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell'operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall'articolo 2103 del Codice civile. Inoltre, per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso.

La "condivisone" dei lavoratori nelle reti di imprese si qualifica nella previsione della codatorialità e di un regime derogatorio all'ordinario distacco, in cui gli elementi di identificazione del rapporto associativo tra le imprese (contratto di rete) e della definizione degli obiettivi e delle modalità di attuazione (programma di rete) e la regolamentazione dei rapporti lavorativi (regole di ingaggio) assumono requisiti essenziali per la legittimazione dei medesimi.

Per quanto attiene al distacco infra-rete, la condivisione di un programma di rete diviene intrinsecamente sussistenza di un interesse tra le imprese retiste, tale da rendere insita nella sua condivisione la legittimità nel ricorrere anche a forme di condivisione delle prestazioni lavorative, vedi il distacco che può automaticamente identificarsi genuino all'operare delle condizioni contrattuali stabilite dalla L. n. 33/2009; un aspetto non di poco conto considerato che "ciò che differenzia il distacco dalla somministrazione, infatti, è solo l'interesse del distaccante" (Circolare MLPS n. 3 del 15 gennaio 2004)

La codatorialità è una speciale e del tutto nuova forma di gestione condivisa delle prestazioni di lavoro esclusivamente attuabile nelle reti di imprese. 
Si realizza attraverso l'impiego cumulativo e promiscuo di uno o più lavoratori in funzione di un interesse condiviso e oggettivo definito nel programma di rete, circoscritto ad un unico rapporto di lavoro con “n” datori di lavoro detti “codatori”.
Sostanzialmente la previsione legislativa permette a due o più imprenditori in rete di essere contitolari di un unico rapporto di lavoro con lo stesso dipendente con regole stabilite attraverso il contratto di rete medesimo.
E' però pur sempre opportuno fare attenzione a non confondere la codatorialità con altre circostanze di “aggregazione imprenditoriale” che preordinano la loro promiscuità organizzativa all’elusione delle norme in materia di rapporti di lavoro (centro unico di imputazione dei rapporti di lavoro).




Articolo di Bruno Olivieri
(Consulente del Lavoro in Pescara)

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