Per semplici richieste o suggerimenti contattateci cliccando quì (oppure utilizza il form sotto
),
specificando il quesito o la vostra richiesta e provvederemo a contattarvi al più presto per la risposta.

Anticipazione del TFR


Un'azienda può concedere un anticipo sul TFR per motivi non rientranti in quelli obbligatori per il datore di lavoro?

RISPOSTA:

Secondo quanto disposto dall'articolo 2120 del Codice civile, il lavoratore che abbia almeno otto anni di servizio presso lo "stesso" datore di lavoro può ottenere, "una sola volta" nel corso del rapporto, un anticipo non superiore al 70% del TFR maturato.
Ricordiamo che le richieste di anticipo vengono soddisfatte annualmente dal datore di lavoro nel limite del 10% degli aventi diritto e del 4% dei dipendenti.
Inoltre si rammenta che è possibile ottenere l'anticipo del TFR secondo quanto previsto dal Codice civile per le seguenti motivazioni:
• spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche;
• acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.
Ricordiamo che i contratti collettivi possono stabilire condizioni di "miglior favore", per esempio prevedendo altri casi che legittimano l'anticipo.
In conclusione, confermiamo che è possibile la concessione dell'anticipazione TFR, se pur "in deroga" alle disposizioni normative e contrattuali, nel caso di "consenso/concessione" del datore di lavoro, ma evidenziamo che questo può comportare la creazione di "un precedente" all'interno dell'azienda per richieste ulteriori ad opera di altri lavoratori.

Può il datore di lavoro, nel corso del rapporto di lavoro, modificare le mansioni del dipendente?


L’art. 2103 c.c. stabilisce che il lavoratore debba essere addetto alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito, ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte. In altre parole, il lavoratore non può essere adibito a mansioni inferiori; in caso contrario, il comportamento del datore di lavoro può essere impugnato avanti il Giudice del lavoro, al fine di ottenere l'accertamento dell'intervenuta dequalificazione e la conseguente riassegnazione a mansioni equivalenti, ovvero adeguate e corrispondenti alla professionalità acquisita.

Inoltre, costituisce principio ormai acquisito dalla giurisprudenza che una dequalificazione o addirittura la totale sottrazione di ogni mansione si riflettano sull'immagine professionale del lavoratore e quindi sul suo "valore" sul mercato del lavoro, determinando perciò un danno di tipo professionale. La giurisprudenza ha ripetutamente ritenuto risarcibile il danno alla professionalità, conseguentemente riconoscendo, in via equitativa, un risarcimento pari a una somma corrispondente a circa la metà delle retribuzioni percepite dal lavoratore nel corso del periodo di dequalificazione. In alcuni casi è stato anche accertato che il demansionamento, traducendosi in una sofferenza fisico-psichica, abbia prodotto danni alla salute del dipendente. In casi come questi, dopo che è stato rigorosamente provato il nesso di causalità tra il comportamento illegittimo del datore di lavoro e la malattia (da accertare in genere mediante apposita consulenza tecnica medica), è stato anche riconosciuto il diritto al risarcimento del danno biologico, liquidato sempre in via equitativa.

Uguaglianza di trattamento dei sessi



La discriminazione sessuale sul lavoro è frequente e, spesso, esercitata in modo subdolo, tanto da non essere riconosciuta. Proprio per questo il Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali ha inviato una circolare, la numero 31 del 2001, ai propri ispettori, sollecitandoli a vigilare nei luoghi di lavoro, sul rispetto della legge.

Le offerte d’impiego discriminatorie
"Cercasi commessa", "Assumiamo uomo di 30 anni". Questi esempi di offerte di impiego, vengono considerati illeciti, perché attuano una discriminazione palese basata sul sesso. La legge, tuttavia, ammette la "unicità" di sesso, quale condizione determinante per lo svolgimento di una determinata attività, ad esempio: Ofelia può interpretarla solo una attrice, un vestito femminile può indossarlo solo una modella, un lavoro particolarmente pesante può svolgerlo solo un uomo.

Discriminazione femminile: cosa prevede la legge
La disparita' di trattamento più frequente, in sede lavorativa, viene esercitata sulle donne, nel momento antecedente all’assunzione, in fase di svolgimento dell’attivita' e in fase di licenziamento. Dunque è bene tenere occhi e orecchie aperte e sapere cosa prevede la legge per evitare di cadere in trappola. Ecco i punti importanti da conoscere
l’aspirante lavoratrice non puo' essere sottoposta a test gravidico. La gravidanza non puo' essere oggetto di indagine da parte dell’azienda.

Non puo' essere sottoposto il quesito relativo allo svolgimento del servizio militare. Cio' comporta implicitamente la mancanza di volonta' di assumere donne
Svantaggi o vantaggi proporzionalmente minori o maggiore relativi al sesso sono da considerare discriminatori.
L’azienda non puo' sottoporre alla candidata fogli in bianco da firmare prima della fase di assunzione. Il datore di lavoro avrebbe la liberta' di allontanare l’aspirante lavoratrice quando vuole

L’azienda non puo' sottoporre alla candidata lettere di dimissioni dove la data sia lasciata in bianco. Il datore di lavoro, potrebbe, decidere di licenziare la donna in questione qualora stia per sposarsi o sia rimasta incinta.

E' nullo il licenziamento sottoposto alla lavoratrice, qualora sia stato intimato nel periodo che va dalla pubblicazione delle carte per le nozze ad un anno dopo la celebrazione del matrimonio. L’azienda ha diritto di licenziare la lavoratrice, solo nel caso di colpa grave, cessazione dell’attività dell’azienda, ultimazione del lavoro per il quale era stata assunta.

Sono sospette le dimissioni presentate causa matrimonio, in quanto possono derivare da un licenziamento mascherato o dall’esercizio di mobbing. Le dimissioni, dunque, devono essere confermate di persona dall’interessata difronte a funzionari della direzione provinciale del lavoro.

Sono da considerare sospette anche le dimissioni presentate durante la gravidanza e il puerperio, ovvero fino al primo anno di vita del bambino. Dunque anche in questo caso vanno convalidate dagli uffici del lavoro.

L’azienda non può sottoporre la lavoratrice a lavoro notturno tre le 24 e le 6, qualora sia stato accertato lo stato di gravidanza.

Lavoro sportivo


L'art. 3 della Legge 23/3/1981 n. 91 dispone che la prestazione dello sportivo, che sia continuativa, a titolo oneroso e non dilettantistica, costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, a meno che l'attività venga svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva (o più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo), o che l'atleta sia vincolato per ciò che riguarda la frequenza alle sedute di allenamento, o che la prestazione non superi un certo quantitativo (8 ore settimanali, o 5 giorni al mese, o 30 giorni all'anno).

In buona sostanza, se il rapporto di lavoro è di tipo subordinato, lo sportivo ha gli stessi diritti e obblighi previsti dalla legge per ogni lavoratore subordinato.
Va tuttavia sottolineato che la già citata Legge 91/1981 prevede numerose eccezioni che, di fatto, differenziano anche sensibilmente il rapporto di lavoro dello sportivo dagli ordinari rapporti di lavoro subordinato.
In primo luogo, il contratto di assunzione deve essere stipulato, a pena di nullità, in forma scritta, secondo un contratto tipo predisposto in conformità all'accordo stipulato, ogni tre anni, dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentati delle categorie interessate.

Una delle più importanti deroghe alla disciplina comune previste dalla legge in questione è la inapplicabilità, al lavoro subordinato sportivo, del D.Lgs. 368/2001, che pone il divieto di stipulare contratti di lavoro a termine, salvo le ipotesi previste.
Infatti, le parti possono liberamente apporre un termine al contratto di lavoro sportivo, purché non superiore a 5 anni.
Scaduto il termine, il contratto può essere prorogato; prima della scadenza, è ammessa la cessione del contratto ad una diversa società sportiva, a condizione che l'atleta sia d'accordo.

In ogni caso, a maggior tutela dello sportivo, è vietato apporre al contratto clausole di non concorrenza, o comunque limitative della sua libertà professionale per il periodo successivo alla risoluzione del contratto.
Diversamente da quanto accade nell'ordinario rapporto di lavoro, nel lavoro sportivo il lavoratore più tutelato è quello assunto a termine che, almeno per la durata del contratto, è garantito in ordine alla continuità del rapporto.

Chi sia assunto a tempo indeterminato è invece nella più totale incertezza, dal momento che la Legge 91/1981 esclude l'applicabilità delle norme di legge limitative del potere di licenziamento del datore di lavoro.

Un'altra deroga significativa è la inapplicabilità della procedura di preventiva contestazione degli addebiti disciplinari ex art. 7 Legge 300/1970, Statuto dei Lavoratori), qualora la sanzione venga irrogata dalle federazioni sportive nazionali.

Agenti e rappresentanti- ENASARCO


Debbono essere iscritti alla Fondazione ENASARCO gli agenti ed i rappresentanti di commercio che operano sul territorio nazionale per conto di preponenti italiane o di preponenti straniere che abbiano sede o una qualsiasi dipendenza in Italia.
In base al Regolamento Enasarco vigente a partire dal primo gennaio 2004, NON devono essere più iscritti gli agenti la cui attività viene svolta esclusivamente all'estero.
I preponenti stranieri che non abbiano alcuna sede o dipendenza in Italia devono iscrivere alla Fondazione i propri agenti operanti in Italia impegnandosi al rispetto delle norme contenute nel Regolamento, mediante atto d'obbligo, redatto in lingua italiana, sul modello della Fondazione e con firma autenticata.
La Fondazione ENASARCO esercita, d'intesa con il Ministero del Lavoro, azioni di vigilanza ispettiva per l'accertamento della natura del rapporto di Agenzia e per l'osservanza degli obblighi contributivi da parte delle ditte mandanti.

Il contributo previdenziale si calcola su tutte le somme dovute a qualsiasi titolo all'agente o al rappresentante di commercio in dipendenza del rapporto di agenzia (provvigioni, rimborsi spese, premi di produzione, indennità di mancato preavviso).

Il contributo previdenziale è dovuto in favore degli agenti che operano individualmente o sotto forma di Società di persone e viene versato trimestralmente entro il 20 del secondo mese successivo al trimestre di competenza (20 maggio - 20 agosto - 20 novembre - 20 febbraio dell'anno successivo), utilizzando esclusivamente il sistema on-line.

Il versamento dei contributi, stabilito a partire dall'1/1/2006 nella misura del 13,50% (6,75% a carico del preponente e 6,75% a carico dell'agente) con un minimale ed un massimale annuo, viene effettuato integralmente dalla ditta mandante che ne è responsabile anche per la parte a carico dell'agente.

Prestazioni sociali agevolate – nuova procedura di accertamento


L’Inps, con la circolare n. 118/2010, dirama le prime istruzione nuova sulla procedura che evidenzierà gli indebiti fruitori di prestazioni sociali agevolate o di servizi di pubblica utilità..

Secondo le disposizioni normative previste dall’art. 38 del Dl 78/2010, gli enti erogatori di prestazioni sociali devono comunicare all'Inps l'elenco delle persone che hanno ricevuto le agevolazioni. Le indicazioni raccolte vengono poi trasmesse in forma anonima al ministero del Lavoro, per l'attivazione del sistema informativo dei servizi sociali.

Un'apposita convenzione tra le Entrate e l'Inps, poi, consentirà di individuare i contribuenti che, a seguito del maggior reddito accertato in via definitiva, non avrebbero potuto accedere ai servizi, l'intesa, infatti, conterrà le modalità attuative e le specifiche tecniche per lo scambio di informazioni necessario a far emergere i beneficiari illegittimi.