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Lavoro minorile all'attenzione degli ispettori con apposita rilevazione

Bambini nel lavoro sommerso: interventi coordinati e integrati per combattere il fenomeno.

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Circolare 18 dicembre 2002, n. 61

Coordinamento attività ispettiva sul lavoro minorile

E' noto che lo sfruttamento del lavoro minorile, in particolare dei minori degli anni quindici (o bambini, secondo il decreto legislativo 345/1999), costituisce una delle più gravi lesioni dei valori universali della convivenza sociale, privando il minore di diritti fondamentali quali l'educazione, il gioco, il rispetto dei tempi di crescita.

Preoccupa inoltre la presenza di bambini nel lavoro sommerso, lavoro marginale sotto il profilo della dimensione economica complessiva ma consistente per quanto riguarda l'attività svolta e i rischi derivanti.

Da parte di questo Ministero più volte è stato osservato come la complessità delle cause socio-economiche e culturali sottostanti al fenomeno e la difficoltà di acquisire informazioni certe sui casi specifici abbiano limitato l'efficacia dell'azione di contrasto al fenomeno, che va quindi reimpostata con nuovi strumenti.

La stretta relazione tra povertà materiale, abbandono scolastico e lavoro minorile rende ora necessario un intervento integrato e coordinato, sia per il monitoraggio delle situazioni a rischio, sia per realizzare politiche attive di ausilio alle famiglie bisognose e di rilancio del sistema scolastico attraverso il raccordo operativo tra gli organi di controllo, le istituzioni scolastiche e formative, le amministrazioni locali e le forze sociali.

Nel quadro della funzione di coordinamento, attribuita in materia alla Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro dalla Direttiva del Ministro per l'anno 2002, massimo rilievo va attribuito a tutte le iniziative preordinate a integrare i compiti ispettivi con azioni e interventi di sensibilizzazione delle famiglie, nell'obiettivo che le situazioni di disagio evidenziate vengano ricomposte in vista di tutelare l'evoluzione psicofisica del minore, quando allontanato dalla scuola prima dei quindici anni o dal percorso formativo fino ai diciotto per entrare nel mondo del lavoro, non di rado in modo illegale.

In tale ottica, nel richiedere la migliore collaborazione dei soggetti istituzionali interessati o da coinvolgere, si forniscono qui di seguito prime indicazioni operative, come predisposte in collaborazione tra la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro e la Direzione generale affari generali, risorse umane e attività ispettiva.

Tutto ciò premesso, al fine di consentire a questa Amministrazione una più precisa e puntuale conoscenza ed un più efficace contrasto del fenomeno del lavoro minorile, nonché la predisposizione e divulgazione dei dati statistici ad esso relativi, si invitano codeste Direzioni Regionali e Provinciali del lavoro ad effettuare apposita rilevazione, dalla quale risultino, oltre agli elementi già emergenti in sede di ordinaria relazione semestrale ed annuale, i seguenti ulteriori dati, limitatamente al lavoro minorile:

- tipologia dimensionale delle aziende in cui siano stati trovati minori intenti al lavoro;
- settore merceologico delle aziende medesime.

In considerazione inoltre della necessità di esaminare l'intero contesto familiare di provenienza del bambino, trovato illegalmente al lavoro, si invita il personale ispettivo, nell'ambito di un necessario rapporto di stretta collaborazione con gli altri organi competenti in materia, a voler comunicare senza ritardo la situazione del minore abusivamente occupato ai Servizi sociali competenti, ferma restando, nelle situazioni di vero e proprio sfruttamento, la segnalazione all'Autorità giudiziaria, ai sensi dell'art 26, comma 6 della legge n. 977/67.

Si richiama in questa sede l'attenzione anche sul fenomeno troppo poco contrastato, sebbene sotto gli occhi di tutti, dei bambini sfruttati per l'accattonaggio. Tale fattispecie, prevista dall'art. 671 del codice penale, dovrebbe a pieno titolo rientrare tra le peggiori forme di lavoro vietate ai sensi dell'art. 3 lett. d) della Convenzione OIL n. 182/1999, ratificata in Italia dalla legge n. 148/2000. Si tratta, infatti, di una tipologia di attività che, per sua natura e per le circostanze in cui viene svolta, rischia di compromettere la salute, la sicurezza e la moralità del minore.

Una maggiore attenzione a questo fenomeno da parte del personale ispettivo appare peraltro necessaria alla luce della recente evoluzione organizzativa del Ministero, le cui competenze non sono più limitate alla sfera del lavoro in senso stretto, ma si estendono alle tematiche sociali. Questa profonda trasformazione coinvolge necessariamente anche le articolazioni periferiche: queste ultime dovranno, quindi, prevedere le modalità organizzative più idonee ad operare anche in detto settore, in stretta connessione con i servizi sociali degli Enti locali.

Contatti, sia pure informali, andranno intrattenuti, inoltre, con le Autorità scolastiche territorialmente competenti, oltre che con le Questure, affinché - nelle more della stipula di un Protocollo d'Intesa interministeriale sui temi dell'evasione scolastica e del contrasto del lavoro minorile irregolare, attualmente allo studio di apposito Gruppo di lavoro istituito presso la Direzione Generale per le Tematiche familiari e sociali e la Tutela dei diritti dei Minori - le Autorità scolastiche medesime provvedano a comunicare i dati relativi all'evasione scolastica.

Ciò consentirebbe infatti un più tempestivo e incisivo intervento sul territorio da parte di codesti uffici, considerata la stretta connessione che spesso si riscontra tra evasione dell'obbligo scolastico e prestazione irregolare di lavoro da parte di minori.

Per ciò che concerne, infine, il diverso aspetto degli infortuni occorsi a minori - regolarmente o irregolarmente impiegati - sui luoghi di lavoro, si invitano codeste Direzioni a voler accordarsi con le sedi locali dell' INAIL e le AUSL territorialmente competenti affinché segnalino tempestivamente gli episodi infortunistici sopra citati, ancora una volta ai fini della predisposizione di vigilanze mirate, da effettuarsi in base a valutazioni di opportunità circa le modalità temporali dell'intervento ispettivo.

Si chiede cortese cenno di assicurazione di pronto adempimento da parte delle Direzioni del lavoro, nonché di ricezione da parte delle Amministrazioni che leggono per conoscenza.

Durc anche alle imprese in amministrazione straordinaria

L’insolvenza non è causa di mancanza di presupposto della regolarità contributiva.

Le imprese che versano in situazione di amministrazione straordinaria hanno comunque diritto a ricevere il Durc dall'Inps e dall'Inail, pur non avendo versato i contributi e i premi. Il ministero del Lavoro ritiene che tale situazione di insolvenza non sia causa di mancanza del presupposto della regolarità contributiva, dal momento che l'azienda ha sospeso i pagamenti a seguito di disposizioni legislative. E' quanto riportato dai tecnici del Dicastero nella nota 10382/2010. La quale prevede, inoltre, che il rilascio del documento che attesta la regolarità contributiva aziendale debba essere subordinato ad una serie di condizioni:

- gli enti previdenziali, in quanto creditori privilegiati, devono aver presentato la domanda di recupero del credito nei termini di legge;

- il Durc dovrà essere rilasciato a seguito delle somme vantate dai citati enti, cioè dopo che con la procedura di verifica del passivo si è appurato che quelle somme potranno essere coperte dalle attività dell'impresa.

Col documento ministeriale, il Lavoro ribadisce il fine dell'amministrazione straordinaria a cui possono essere sottoposte le grandi imprese commerciali insolventi, che è appunto quello di preservare il patrimonio produttivo dell'impresa, attraverso la prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

Delega per la presentazione di istanze di CIGS

Il Ministero del Lavoro con la circolare n. 9 del 29 marzo 2010, ha emanato nuove istruzioni per la presentazione di istanze di cassa integrazione guadagni straordinaria e per i contratti di solidarietà.

Ministero del lavoro e delle Politiche sociali

Direzione Generale degli ammortizzatori sociali e incentivi all’occupazione

Div. IV

Circolare n. 9 del 29/03/2010

Oggetto: delega per la presentazione di istanze di cassa integrazione guadagni straordinaria di cui al D.P.R. 218/2000

Per la presentazione delle istanze di cassa integrazione guadagni straordinaria e per contratti di solidarietà, di cui al D.P.R. 218/2000, è necessario produrre apposita procura per la presentazione dell’istanza medesima.

Il responsabile aziendale, o chi ne svolge le attività, dovrà sottoscrivere apposita delega che autorizza il referente (consulente, collaboratore o dipendente) ad effettuare tutte le operazioni connesse alla presentazione di ogni istanza indicando gli atti per i quali tale delega è stata conferita.

Alla citata delega dovrà essere allegata copia di un documento valido del delegante.

Per facilitare la compilazione di detto atto di delega, è stato predisposto apposito modello che dovrà essere compilato per ogni istanza.

La delega e la copia del documento dovranno essere allegati a tutte le domande di integrazione salariale di cui al D.P.R. 218/2000, presentate allo scrivente ufficio del Ministero.

IL DIRETTORE GENERALE
Matilde Mancini

Nuove funzionalità per la procedura D.U.R.C.

Con nota a protocollo n. 2327/dell' 11 Marzo scorso l’I.N.A.I.L., comunica il rilascio dell’ultima versione dell’applicativo D.U.R.C. con diverse nuove implementazioni.

Per la richiesta sarà necessario inoltrare istanza mediante fax o P.E.C. aziendale : la finalità della nuova procedura è volta a consentire una più veloce sistemazione delle eventuali irregolarità presenti nella posizione aziendale che dovrà avvenire entro 15 giorni dalla richiesta.

INAIL, Nota 11 marzo 2010, n. 2327

Denuncia malattia professionale on line senza certificato

La denuncia di malattia professionale all'Inail effettuata in via telematica non andrà corredata di certificato medico, che andrà inviato soltanto su richiesta dell'Inail. È quanto stabilisce la delibera del commissario straordinario n. 42 del 14 aprile contenente la proposta di modifica dell'articolo 53 del Tu infortuni (dpr n. 1124/1965). La delibera attende ora il definitivo via libera del ministero del lavoro.

Come già accade per i certificati d'infortunio la proposta prevede di rendere non obbligatoria la presentazione del certificato di malattia professionale quando la denuncia avvenga online, salvo che la sua presentazione venga richiesta dall'Inail nei casi in cui lo stesso certificato non sia già stato presentato dal lavoratore o dal medico.

Riduzioni contributive per il settore autotrasporto merci in conto terzi

In vista della scadenza del prossimo 16 giugno relativa all'autoliquidazione dei premi 2009/2010, l'Inail, con la nota protocollo n. 4424, ha rilasciato gli ultimi chiarimenti riguardanti la riduzione contributiva per il settore autotrasporto merci in conto terzi.

INAIL - Nota 07 giugno 2010, n. 4424

Autoliquidazione 2009/2010. Riduzioni contributive per il settore autotrasporto merci in conto terzi e differimento del termine di versamento al 16 giugno 2010.

Si fa seguito alla precedente nota della scrivente direzione - prot. n. 4245 del 27 maggio u.s. - per comunicare che è stata completata la fase di spedizione alle imprese interessate - ossia quelle classificate alle voci di tariffa 9121 e 9123, destinatarie degli interventi agevolativi in oggetto - del nuovo modello 20 SM relativo alla comunicazione del "tasso applicato" per l'anno in corso.
Le aziende in questione riceveranno il citato provvedimento entro i primi giorni della corrente settimana.
Poiché, come anticipato nella nota n. 4245/2010, l'art. 1, comma 2, del decreto legge n. 72/2010 ha definitivamente fissato al 16 giugno 2010 il termine per il versamento del premio per l'Autoliquidazione 2009/2010, si raccomanda a Codeste Strutture di porre in essere ogni utile forma di collaborazione nei confronti della aziende interessate (e dei loro intermediari) al fine di agevolare il rispetto del predetto termine di pagamento.
In particolare, poiché - a seguito del verificarsi di qualche disguido postale - le aziende in parola potrebbero non ricevere il nuovo 20SM nei tempi sopra previsti, si invitano le Unità territoriali a provvedere alla ristampa e consegna del modello in questione ai datori di lavoro che ne dovessero fare richiesta.

Al riguardo si precisa che i nuovi modelli 20SM saranno disponibili nella specifica funzione "Utilità" di GRAWEB - "Tassi e rifacimenti" - "ristampe mod. 20SM" - a partire da martedì 8 giugno p.v.
Nel rinviare alle dettagliate " Istruzioni per il calcolo del premio di Autoliquidazione 2009/2010" contenute nella più volte citata nota operativa, si rammenta che, per quanto riguarda specificatamente i premi speciali unitari degli artigiani relativi alle voci di tariffa sopra indicate:

1. alla regolazione 2009 è applicata la riduzione del 14,01 % (già applicata ai fini della rata per l'autoliquidazione 2008/2009 (NOTA 1)) e che nelle basi di calcolo inviate a dicembre, è indicato il premio speciale unitario relativo alla regolazione anno 2009 al netto della riduzione, al fine di facilitare il conteggio di quanto dovuto.

2. al premio di rata 2010 deve essere applicata la percentuale di riduzione del 14,50 %.

Indennità di disoccupazione ai lavoratori sospesi: istruzioni Inps

Premessa.
Sciogliendo la riserva di cui al punto 5 del messaggio n. 13228 del 14.05.2010, al fine di superare alcune criticità segnalate dalle Strutture sul territorio e dagli Enti bilaterali di settore, si forniscono le seguenti istruzioni procedurali, necessarie a consentire la corretta ed ottimale gestione dei trattamenti in oggetto nonché criteri uniformi di rendicontazione dei benefici erogati.

1. Sospensione aziendale superiore a 90 giorni.
Ferma restando l’eventualità che la situazione transitoria di crisi – che comporta l’interruzione dell’attività aziendale – superi il numero di giornate indennizzabili ai lavoratori nell’anno solare, é necessario che le sospensioni comunicate all’Istituto dalle aziende, direttamente o per il tramite degli Enti bilaterali, abbiano una durata massima di 90 giorni.
Nel caso in cui l’evento sospensione complessivamente previsto sia più lungo, sarà cura dell’azienda o dell’Ente segnalare in procedura più eventi distinti ciascuno di durata uguale o inferiore a 90 giorni.
Tale disposizione si applica per le sospensioni che intervengono dal 1° luglio 2010.

2. Sospensione aziendale che interessa anni solari consecutivi.
Ferma restando l’eventualità che la situazione transitoria di crisi – che comporta l’interruzione dell’attività aziendale – perduri nell’anno successivo a quello in cui ha avuto inizio, é necessario, per le finalità di cui in premessa, che le sospensioni comunicate all’Istituto dalle aziende, direttamente o per il tramite degli Enti bilaterali, abbiano come riferimento un unico anno solare.
Nel caso in cui la sospensione complessivamente prevista termini nell’anno successivo, sarà cura dell’azienda o dell’Ente segnalare in procedura due eventi distinti, rispettivamente con cessazione al 31 dicembre ed inizio dal 1° gennaio successivo.

3. Periodi indennizzabili.
Specificando quanto previsto dal messaggio n. 8064 del 22.03.2010, par. 3, si conferma che i periodi di ripresa lavorativa acquisibili – che sospendono l’erogazione della prestazione – devono collocarsi all’interno di ciascun periodo di sospensione aziendale di durata uguale o inferiore a 90 giorni, corrispondenti al numero di giornate teoriche indennizzabili al singolo lavoratore.
Per ciascun lavoratore va necessariamente segnalata la data di decadenza, corrispondente al giorno successivo alla fine del periodo teorico indennizzabile.

Azioni ispettive inps ai datori di lavoro stagionali

INPS - Messaggio 25 giugno 2010, n. 16741

Vigilanza nei confronti di aziende che svolgono attività "a carattere stagionale"



Tra le azioni ispettive previste nel Piano della Vigilanza 2010 è compresa quella nei confronti di aziende che svolgono attività a carattere stagionale, spesso con l'impiego di personale "non in regola" sotto il profilo assicurativo e previdenziale.

Conformemente alla direttiva del Ministro Sacconi, la specifica iniziativa dovrà orientarsi in maniera esclusiva sulle violazioni sostanziali e non su quelle puramente formali, focalizzando in particolare l'attenzione sul lavoro sommerso.

L'attività, pertanto, dovrà articolarsi attraverso una successione di rapidi accessi ispettivi, da programmare prevalentemente nelle giornate di venerdì, sabato e domenica, anche con accessi nelle ore notturne, in modo da rendere percepibile sul territorio la presenza dell'Istituto.

Al fine di assicurare una proficua riuscita all'operazione, che deve essere effettuata nel periodo 1 luglio - 30 settembre, è necessario che ciascuna Sede Regionale, tenuto conto delle specificità del territorio, individui gli obiettivi verso i quali indirizzare l'azione di vigilanza e nel contempo verifichi la disponibilità delle risorse ispettive da impiegare nell'operazione, considerate anche le ulteriori iniziative già disposte dalla Direzione Centrale ed ancora in corso.



Tra i settori merceologici di interesse si segnalano:

- Commercio e Pubblici Esercizi;

- Turistico Alberghiero;

- Locali notturni;

- Centri benessere;

- Porti turistici;

- Villaggi Vacanze;

- Altri obiettivi similari individuati a livello locale.



Detta attività rientra tra le iniziative straordinarie di vigilanza direttamente coordinate dalla Direzione Centrale e, pertanto, per la durata dell'operazione e per i funzionari che vi saranno impegnati, sarà assegnato, con successiva P.E.I., un bugdet aggiuntivo per lavoro straordinario e turni.

Considerata l'influenza sull'operazione delle specificità dei singoli territori e che solo la conoscenza di ciascuna realtà è in grado di cogliere i diversi aspetti dei fenomeni che potrebbero incidere nella realizzazione del piano, sarà cura dei Direttori Regionali predisporre un report quindicinale con l'indicazione dei settori merceologici individuati, numero di ispettori impegnati nell'operazione, numero di accessi effettuati distinti per settore merceologico, la percentuale di aziende irregolari rispetto a quelle visitate, i lavoratori in nero e l'importo dei contributi accertati.

Ciò consentirà a questa Direzione oltre che un attento e costante monitoraggio sui risultati conseguiti nel corso dell'operazione anche di apportare con tempestività i necessari correttivi o individuare diverse modalità di intervento ove questi dovessero risultare inferiori rispetto a quelli attesi.

In tale ambito è necessario valutare ogni possibile iniziativa al fine di evitare sovrapposizioni o duplicazioni di interventi con altri soggetti preposti ad azioni ispettive.

Mobilità in deroga agli apprendisti licenziati solo con anzianità adeguata

Con la circolare n. 43 del 2010, l'Istituto ha riconosciuto la possibilità della mobilità in deroga anche per gli apprenditi a condizione, però, che fossero rispettati i requisiti tradizionali di almeno 12 mesi di anzianità di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato (legge n. 223/91).

Con il recente messaggio 16238/10, l'Inps informa sulla gestione delle domande di disoccupazione presentate dagli apprendisti licenziati: se complete del requisito suddetto daranno accesso alla mobilità in deroga.

Agli apprendisti che hanno già ottenuto erroneamente l'indennità di disoccupazione ordinaria, senza averne diritto, saranno sottratti gli importi corrispondenti dalla mobilità che dovranno ricevere, nel caso in cui non ci sia la possibilità di recuperale le somme direttamente.

Dimissioni volontarie escludono indennità di disoccupazione

Confermata dall’Inps l'impossibilità, per il lavoratore che ha cessato il rapporto di lavoro mediante presentazione di dimissioni volontarie, di ricevere la misura a sostegno del reddito dell'indennità di disoccupazione. Condizione essenziale per poter accedere alla misura, infatti, è l'essere stati licenziati o sospesi, per motivi indipendenti dalla propria volontà.

Con il messaggio n. 16825/10 l'Istituto previdenziale ricorda che la concessione dell'indennità di disoccupazione ordinaria, agricola o non agricola, con requisiti normali o ridotti contrasta con l'atto di dimissioni volontarie.

Oneri assistenza disabili a carico dell'Inps anche per lavoratori iscritti ad altro ente

Con messaggio n. 17899, l'Inps prende in carico gli oneri dell'assistenza ai disabili, nel caso in cui i lavoratori siano iscritti ad altro ente previdenziale.

L'Istituto nazionale ripristina retroattivamente - a partire dal 1° gennaio 2009 - la possibilità di ottenere il congedo straordinario biennale, previsto per l'assistenza ad un familiare disabile, direttamente dallo stesso Inps anche se i lavoratori sono iscritti ad un altro ente.

I datori di lavoro del settore privato potranno così recuperare gli importi riducendo i contributi dovuti all'Inps. Queste operazioni di conguaglio saranno ammesse fin quando il ministero del Lavoro non interverrà con chiarimenti ufficiali in proposito. In caso di inadempienze, dovute alla precedente posizione assunta dall'Ente, interverranno direttamente le strutture territoriali a definirle automaticamente, senza alcun coinvolgimento dei datori di lavoro interessati.

Emersione colf: al rigetto della domanda segue ugualmente il pagamento dei contributi dovuti

Con il messaggio 17422del 1 luglio 2010, l’Inps fornisce ulteriori dettagli sull’emersione del lavoro domestico conclusasi a settembre 2009.

Come disposto dalla norma, l’Istituto ha confermato che una parte del contributo forfettario pagato dai datori per accedere alla regolarizzazione sarà attribuito al secondo trimestre 2009. Nella circolare, inoltre, l’Inps esamina tutti i possibili casi che si potrebbero verificare: definizioni di pratiche sospese, domande non pervenute all’Inps nella trasmissione di dati al Ministero, rigetto delle domande, irreperibilità del lavoratore, archiviazione della domanda, disallineamento di dati e di permessi di soggiorno, nonché mancata coincidenza dei dati di domande e F24 al fine dell’invio dei bollettini di c/c per i pagamenti. In ogni caso i contributi dovuti andranno versati, anche se la regolarizzazione non va a buon fine.

LETTERA DI LICENZIAMENTO

L'Art. 2118 del Codice Civile prevede che "Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso (all'altra parte) nel termine e nei modi stabiliti dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso..."

I vari CCNL- contratti collettivi nazionali di lavoro disciplinano anche i diritti e gli obblighi delle parti in caso di licenziamento.
E' bene ricordare che, anche se si è in procinto di cambiare lavoro, non è necessario chiudere il rapporto con il vecchio datore di lavoro in modo scorretto. Inoltre, mai dire mai... sono da considerare anche possibili collaborazioni future.

Il decreto legge n°112 del 25 giugno 2008 sancisce che non è più necessario dare le dimissioni online, il lavoratore deve solo comunicare le dimissioni attraverso una lettera di licenziamento scritta e rispettare i termini di preavviso.

In linea generale la lettera di dimissioni deve contenere le seguenti informazioni:

l'indirizzo della società o della persona a cui è rivolta;
il luogo e la data;
la comunicazione dell'interruzione del vostro rapporto di lavoro;
la firma;
la firma dell'interlocutore;
il tutto in duplice copia (una per voi ed una per il datore di lavoro).
Da ricordare ai fini giuridici che la data in cui si producono gli effetti non corrisponde a quella in cui il lavoratore spedisce la lettera licenziamento, ma a quella in cui il datore di lavoro la riceve e quindi dal momento in cui egli è messo a conoscenza della volontà di recesso del lavoratore dimissionario.

E' possibile reperire online degli esempi della lettera di licenziamento da cui trarre spunto per redigere la propria lettera di dimissioni.

Su internet esistono diversi modelli di lettera di licenziamento, i principali sono:

lettera licenziamento semplice, da usare senza preavviso,
lettera licenziamento propositiva, da usare in caso di preavviso da concordare,
lettera licenziamento concordata, da usare in caso di preavviso concordato,
lettera licenziamento decisa, da usare quando si rispettano i termini di preavviso,
lettera licenziamento cortese, ideale per mantenere i rapporti buoni.

LA LETTERA DI RICHIAMO

La lettera di richiamo è uno dei provvedimenti disciplinari che il datore di lavoro può impugnare per far rispettare gli accordi contrattuali al proprio dipendente. La lettera di richiamo, anche detta ammonimento scritto, è uno dei procedimenti disciplinari sul lavoro più soft; di solito è usata per richiamare l’attenzione del lavoratore che ha avuto comportamenti scorretti, ma non gravi.

Ad esempio la lettera di richiamo può essere utilizzata nei seguenti casi:
1. Ritardi rispetto all’orario di lavoro
2. Ritardi nella comunicazione di assenza o nel presentare certificati medici
3. Uso di telefono o attrezzature di lavoro (computer, internet) per scopi personali
4. Comportamenti socialmente pericolosi

In caso della lettera di richiamo, anche detta ammonimento scritto, il datore di lavoro deve adottare un tono oggettivo, formale e chiaro. La lettera di richiamo, infatti, se ben redatta rappresenta uno strumento poco costoso ed efficace Le regole principali da seguire per stilare una lettera di richiamo sono le seguenti:
1. Indicazione del comportamento non tollerato
2. Richiesta di cambiamento dell’atteggiamento illegittimo
3. Informazione circa le eventuali conseguenze giuridiche.

Con la lettera di richiamo, il datore di lavoro è come se desse contemporaneamente un avvertimento e una seconda possibilità al suo subordinato. Lo scopo dell’ammonimento scritto infatti è quello di dare al dipendente la possibilità di cambiare il suo comportamento scorretto.

E’ bene sapere anche che in alcuni casi, la lettera di richiamo non è il provvedimento ideale. Ciò accade quando il comportamento scorretto del lavoratore è grave o quando si è certi che lo stesso non è intenzionato a modificare il suo atteggiamento o ancora qualora la fiducia nei confronti del dipendente è irrimediabilmente intaccata.

SANZIONI DISCIPLINARI SUL LAVORO

I provvedimenti disciplinari del lavoro rappresentano gli atti che il datore di lavoro può compiere e i procedimenti da impugnare qualora il lavoratore adotti dei comportamenti scorretti. In questo modo il datore tutela i suoi diritti e sanziona il lavoratore affinchè egli rispetti gli obblighi e gli impegni presi.

Le tipologie di sanzioni

In base alla gravità del comportamento del dipendente, il datore di lavoro può promuovere diverse sanzioni disciplinari. Dai provvedimenti più “leggeri” come la lettera di richiamo si giunge fino al licenziamento disciplinare che rappresenta la massima sanzione che il datore di lavoro può richiedere qualora il dipendente compia delle infrazioni gravi. Ecco le tipologie sanzionatorie principali:

Ammonizione scritta (lettera di richiamo): per le infrazioni di minore gravità;
Multa: per i comportamenti più gravi oppure in caso di recidiva. Corrisponde nella trattenuta in busta paga dell'importo corrispondente ad un massimo di 4 ore di retribuzione base.
Sospensione: corrisponde all'interruzione dell'erogazione retributiva per l'intera sua durata. Non può durare più di 10 giorni.
Trasferimento: se previsto dal CCNL, il datore può prevedere il trasferimento disposto a seguito di situazioni soggettive connesse al comportamento del dipendente, quando tale condotta abbia prodotto conseguenze rilevanti come elementi di disorganizzazione e disfunzione nell'azienda.
Gli step della sanzione disciplinare

Gli step della sanzione disciplinare sono:
- la contestazione. Ovvero l'atto con il quale il datore di lavoro, a conoscenza dell'infrazione compiuta dal lavoratore, contesta l'addebito a quest'ultimo. I requisiti devono essere quelli della specificità, immediatezza e immutabilità dei fatti contestati e deve rispettare quanto stabilito dalla legge.
- la difesa. Ovvero il diritto del lavoratore, entro 5 giorni dalla ricezione della contestazione, la propria difesa in forma orale o scritta.
- irrogazione della sanzione, ovvero l'intimidazione della sanzione disciplinare che segue la contestazione dell'infrazione. In questa fase il lavoratore viene a conoscenza del tipo di sanzione disciplinare scelta dal datore.
- impugnazione del provvedimento.
Il lavoratore può opporsi alla sanzione disciplinare comunicatagli in due modi. Promuovendo, entro 20 giorni dall'inizio della sanzione, la costituzione di un collegio di conciliazione ed arbitrato al fine di ottenere la revoca o la conversione del provvedimento oppure impugnando la sanzione sul lavoro davanti l'autorità giudiziaria.

PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI SUL LAVORO

I provvedimenti disciplinari del lavoro rappresentano gli atti che il datore di lavoro può compiere e i procedimenti da impugnare qualora il lavoratore adotti dei comportamenti scorretti. In primis, i provvedimenti disciplinari impugnati dal datore del lavoro devono essere:
- proporzionati alla gravità dell’infrazione commessa,
- tener conto del tipo di rapporto di lavoro (CCNL)
- tener conto dell’atteggiamento (in linea generale) del dipendente.

I provvedimenti disciplinari del lavoro consistono in una serie di step che il datore di lavoro può seguire per tutelare i suoi diritti e far rispettare al lavoratore gli obblighi e gli impegni presi. Tali provvedimenti disciplinari possono essere impugnati dal datore di lavoro tramite l’ammonimento scritto, la multa e la sospensione. I casi in cui il datore di lavoro può impugnare questi provvedimenti sono, ad esempio: il non rispetto dell’orario di lavoro o del divieto di fumo, il recare danno a locali o attrezzature dell’azienda, la trasgressione di regole, l’uso improprio degli strumenti aziendali.

A seconda della gravità del comportamento del dipendente, il datore di lavoro può impugnare diverse strade. Dai provvedimenti più “leggeri” come la lettera di richiamo si giunge fino al licenziamento disciplinare che rappresenta la massima sanzione che il datore di lavoro può richiedere qualora il dipendente compia delle infrazioni gravi.

In caso della lettera di richiamo, anche detta ammonimento scritto, il datore di lavoro deve adottare un tono oggettivo, formale e chiaro. Le regole principali da seguire per stilare una lettera di richiamo sono:
1. Indicazione del comportamento non tollerato,
2. Richiesta di cambiamento dell’atteggiamento illegittimo,
3. Informazione circa le eventuali conseguenze giuridiche.

CONGEDO MATRIMONIALE

La legge prevede che in occasione del matrimonio, alcune categorie di lavoratori, abbiano diritto del congedo matrimoniale e dell’assegno ad esso relativo. Il congedo matrimoniale corrisponde ad un periodo di astensione al lavoro di 15 giorni consecutivi che non possono essere goduti durante il periodo delle ferie o nel preavviso del licenziamento. La richiesta per il congedo matrimoniale deve essere presentata al datore di lavoro con almeno 6 giorni di anticipo.


Inoltre, le seguenti categorie di lavoratori possono richiedere l’assegno per il congedo matrimoniale, rilasciato dall’INPS:

Lavoratori, non aventi qualifica impiegatizia, dipendenti da aziende industriali, artigiane e cooperative (compresi gli apprendisti e i lavoratori a domicilio).
Personale di bassa forza dell’armamento libero (sottufficiali e comuni) che alla data del matrimonio possano far valere un rapporto di lavoro di almeno una settimana.
Operaie e marittimi che si dimettano per contrarre matrimonio.
Lavoratori che, ferma restando l’esistenza del rapporto di lavoro, non sono comunque in servizio per malattia, sospensione dal lavoro, richiamo alle armi, etc.
Lavoratori e i marittimi disoccupati, che alla data del matrimonio possano far valere un rapporto di lavoro di almeno 15 giorni nei novanta precedenti il matrimonio.
Marittimi in servizio militare che possano far valere un rapporto di arruolamento di almeno 15 giorni nei 90 precedenti la data di richiamo alle armi ovvero la data di ultimazione del servizio di leva.
Ovviamente se entrambi i coniugi rientrano in tali categorie, entrambi hanno diritto all’assegno per il congedo matrimoniale.


La domanda per il congedo matrimoniale va presentata all’Inps allegandola alla copia del certificato di nozze, entro un anno dal matrimonio. In alcuni casi, il datore di lavoro può anticipare l’importo corrispondente all’assegno per il congedo matrimoniale. In questo caso, i lavoratori devono presentare la copia del certificato di matrimonio entro i 60 giorni dalla celebrazione delle nozze. Ai lavoratori disoccupati o sotto le armi, l’assegno per il congedo matrimoniale è pagato dall'Inps.

L’importo dell’assegno per il congedo matrimoniale corrisponde alla retribuzione di una settimana, basata sull’ultimo salario percepito.
Qualora la domanda di congedo venga respinta, il lavoratore può presentare ricorso al Comitato provinciale dell’Inps. Il ricorso deve essere redatto in carta libera entro 3 mesi (90 gg) dalla data in cui è stata ricevuta la lettera di reiezione.
Le procedure per presentare il ricorso sono:

• Presso gli sportelli della Sede dell'Inps che ha respinto la domanda;

• Spedirlo presso la sede dell'Inps per posta con raccomandata con ricevuta di ritorno;

• presentato presso uno degli Enti di Patronato riconosciuti dalla legge.

In ciascun caso, al ricorso dovranno essere allegati tutti i documenti ritenuti utili ai fini dell’accettazione.

CALCOLO DELLO STIPENDIO NETTO

Durante il colloquio di lavoro o addirittura al momento della firma del contratto accade che i termini contrattuali non siano del tutto chiari. L’incomprensione spesso dipende dal fatto che l’importo del salario sia espresso come lordo.

Ci sono dei metodi per il calcolo dello stipendio netto partendo dall’importo del salario lordo. Di seguito riportiamo gli step fondamentali per il calcolo dello stipendio netto:

dall’importo relativo all’imponibile previdenziale o imponibile INAIL
detrarre i contributi previdenziali INPS o i contributi previdenziali supplementari per i lavoratori iscritti ad un Fondo Pensione
si ottiene l’imponibile fiscale (su cui si calcola la tassa dell’IRPEF) detrarre
la voce addizionali regionali e comunali, tasse definite dalla legge Finanziaria da corrispondere a Regione o Comune.
Dal calcolo dello stipendio netto dovrà essere sommato l’eventuale importo dell’assegno famigliare. E’ da ricordare che tale valore non è soggetto a tassazione.

Per legge, in tutte le buste paga deve essere indicato il calcolo dello stipendio netto, oltre a quello lordo e alle voci relative alle ritenute e alle tasse.
Sul web è possibile trovare siti che consentono il calcolo dello stipendio netto, partendo dall’importo del salario lordo.

CALCOLO DELLA QUATTORDICESIMA

La quattordicesima è riconosciuta al lavoratore una volta all'anno (nel periodo tra giugno e fine luglio). Il calcolo della quattordicesima si basa sulla retribuzione mensile fissa qualora il contratto di lavoro duri da almeno 12 mesi.

In caso in cui il lavoratore non abbia però lavorato l'intero anno, il calcolo quattordicesima si baserà sul numero effettivo di mensilità percepite. In caso di lavoratori retribuiti con provvigioni o a percentuale, il calcolo quattordicesima viene effettuato sulla base della media degli elementi fissi e variabili della retribuzione percepita nei 12 mesi precedenti.

In linea generale il calcolo quattordicesima (approssimato e salvo diversa previsione dei c.c.n.l.) si basa sui seguenti passaggi:

si considera la retribuzione lorda mensile
questo importo si divide per 12 mesi e si moltiplica per i mesi di lavoro (tale passaggio si può saltare qualora il rapporto di lavoro duri da almeno 12 mesi)
si ottiene così l'importo lordo
a questo vanno detratti i contributi sociali e le ritenute fiscali.
Il calcolo della quattordicesima determina l'imponibile previdenziale per il calcolo dei contributi e per la determinazione dell’imponibile IRPEF.

LA QUATTORDICESIMA

La quattordicesima mensilità è un istituto di origine non legale (ha natura contrattuale). La disciplina della quattordicesima fa riferimento alla determinazione delle parti sociali. Abbiamo dunque pensato possa essere utile determinare quali siano gli aspetti più importanti della quattordicesima.

La quattordicesima viene distribuita una volta all'anno prima dell’estate (nel periodo tra giugno e fine luglio). La data è stata fissata dalla contrattazione collettiva che dispone anche in ordine alla maturazione della quattordicesima che avviene per mesi interi di servizio prestato. La maturazione riguarda i 12 mesi precedenti l'erogazione.

La quattordicesima si calcola prendendo in considerazione una mensilità dello stipendio normale nel caso di retribuzione mensile fissa qualora il rapporto di lavoro sia di durata di 12 mesi a copertura del periodo di maturazione. Nel momento in cui il lavoratore non abbia però lavorato l'intero anno, l'ammontare sarà riproporzionato.

Nel caso in cui si tratti di lavoratori retribuiti con provvigioni, il calcolo viene effettuato sulla base della media degli elementi fissi e variabili della retribuzione percepita nei 12 mesi precedenti. Per quel che concerne alcuni fattori previdenziali possiamo dire che si tratta di un'erogazione che concorre alla formazione dell'imponibile previdenziale per il calcolo dei contributi di assistenza e di previdenza.

A livello fiscale l'importo concorre alla formazione della base imponibile a norma dell'art. 51 del D.P.R. n. 917/1986. Gli importi relativi alla quattordicesima concorrono a formare reddito da lavoro dipendente. In sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto le mensilità aggiuntive sono aggregate con le altre normali retribuzioni.

Calcolo della tredicesima

Il calcolo della tredicesima si effettua a dicembre tenendo in considerazione la retribuzione prevista per quel mese o nel caso in cui il contratto di lavoro fosse stato rescisso, viene considerato l’importo dello stipendio percepito l’ultimo mese di lavoro.

Nel calcolo della tredicesima sono da considerare tutti i periodi di lavoro e non in cui essa matura. Tali periodi comprendo anche gli archi di tempo di assenza comunque retribuiti come:

• maternità, compreso l'eventuale periodo di astensione anticipata (art. 22 D. lgs. n. 151/01)
• congedo matrimoniale (RDL n. 1334/37)
• ferie, festività, ex festività, riduzioni contrattuali dell'orario di lavoro e permessi retribuiti
• malattia nei limiti del periodo contrattuale di conservazione del posto
• infortunio e malattia professionale nei limiti del periodo di conservazione del posto
• cassa integrazione guadagni ad orario ridotto
• riposi giornalieri per allattamento

Non rientrano nel calcolo della tredicesima i lassi temporali di assenza non retribuita in base al c.c.n.l. (es. Periodo di leva, sciopero) e neanche gli assegni familiari.

Dall’importo ottenuto dal calcolo della tredicesima sono da detrarre anche possibili anticipazioni di ratei versati per l’Inail come indennità in caso di infortunio o all’Inps per l’indennità dovuta a malattia o maternità.

Dal calcolo della tredicesima vanno poi detratti i contributi sociali e le ritenute fiscali. I contributi previdenziali sono obbligatamente versati dal datore di lavoro per una percentuale della tredicesima pari alle aliquote previste per il mese di dicembre dell’anno in corso. Tutti gli apprendisti, invece, sono soggetti a versare direttamente il contributo sociale del 5,54%.

In ultimo, dal calcolo della tredicesima è necessario detrarre le ritenute fiscali in base alle aliquote previste nel mese di erogazione senza includere le deduzioni d’imposta che, con cadenza mensile, si applicano solo al salario standard.

Considerando la tredicesima un diritto del lavoratore che ne beneficia con continuità ed in modo non occasionale, la tredicesima concorre a definire l’importo da riconoscere al dipendente nel caso della fine del rapporto di lavoro (TFR); salvo diversa previsione dei c.c.n.l.

Riposi di lavoro

La normativa che regolamenta i riposi di lavoro è disciplinata dal Decreto Legge n. 112/08 (c.d. “Manovra d’estate”), entrato in vigore apportando alcune modifiche al D.Lgs. n. 66/03. In dettaglio, le principali modifiche apportate dall’art. 41 del decreto in esame, integralmente recepite dalla legge di conversione del 6 agosto 2008 n. 133.

Cosa si intende per “periodo di riposo”?
In base all’art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 66/2003 si intende per “periodo di riposo” qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro (pause, riposi giornalieri, riposi settimanali, ferie). Il riposo giornaliero, in base a tale decreto legislativo, consiste nel diritto del lavoratore a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, ad eccezione:
- delle attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata (es: attività di pulizie, di ristorazione collettiva);
- delle attività che si svolgono in regime di reperibilità.

Per quanto concerne il riposo settimanale, questo consiste in un periodo minimo ininterrotto di 24 ore ogni sette giorni lavorativi. Il riposo settimanale è disciplinato dall’art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 66/2003. Il periodo di riposo può anche essere calcolato su un periodo di 14 giorni invece che sette, consentendo al datore di organizzare turni di lavoro anche per più di 6 giorni, in tal caso il lavoratore avrà diritto a 48 ore di riposo consecutivo. È possibile derogare la normativa sui riposi settimanali in caso di:
- attività di lavoro a turni ogni volta il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
- attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
- attività svolta dal Personale del settore trasporti ferroviari;
- specifiche deroghe dalla contrattazione collettiva.

Casi particolari
Con il D.Lgs. n. 66/03, il Ministero del Lavoro ha chiarito che qualora il limite massimo dell'orario di lavoro superi le 48 ore medie (calcolate nell'arco dei quattro mesi o dei periodi superiori contrattualmente previsti), sarà necessaria una compensazione dei riposi volti al rispetto della media prevista.

Orario di lavoro massimo

l decreto legislativo n. 66 dell’8 aprile 2003, in attuazione della Direttiva comunitaria n. 2000/34, ha riorganizzato l’orario di lavoro nel settore pubblico e privato. I punti principali sono:

Definizioni – Art. 1
“orario di lavoro": qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attivita' o delle sue funzioni.
"lavoro straordinario": e' il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro
“periodo notturno": periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino;
"lavoratore notturno":
1) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
2) qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva e' considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo e' riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale;

Settori di applicazione – Art. 2
La disciplina è applicata in tutti i settori di attività, pubblici e privati. Di seguito gli ambiti che non sono interessati dal decreto:
- apprendisti minorenni,
- gente di mare, cioè il personale occupato a qualunque titolo a bordo di una nave marittima a cui si applica la direttiva CE 1999/63
- personale di volo nell’aviazione civile di cui alla direttiva CE 2000/79
- lavoratori mobili delle imprese di autotrasporto di cui alla direttiva CE 2002/15, cioè lavoratori facenti parte del personale che effettua spostamenti,
- personale della scuola di cui al Decreto Legislativo n. 297/94.

Orario di lavoro – art. 3
Viene confermato che l’orario normale di lavoro è pari a 40 ore settimanali anche se la contrattazione collettiva può prevedere limiti più bassi.
La durata massima dell'orario di lavoro – art. 4
Anche se dipende dal CCNL di riferimento, l'orario di lavoro medio settimanale (7 giorni) non può superare le 48 ore. Non rientrano in questo conteggio i periodi di assenza per ferie annue e per malattia.

Ore di lavoro straordinario - Art. 5
In media il lavoro straordinario non può superare le 8 ore settimanali. Se il CCNL di riferimento non definisce un monte ore massimo per il lavoro straordinario, il datore di lavoro e il lavoratore possono accordarsi per un limite massimo che non superi le 250 ore annue.

Lavoro notturno – da art. 11 a art. 15)
Per il lavoro notturno, il decreto stabilisce non più di 8 ore in media nelle 24 ore.
È fatto divieto di prestare lavoro notturno (dalle ore 24.00 alle ore 6.00) alle donne, nel periodo compreso tra l’accertamento dello stato di gravidanza ed il compimento di un anno di età del bambino.
Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:
- la lavoratrice madre con figlio di età inferiore a 3 anni, o, in alternativa, il padre lavoratore con lei convivente;
- lavoratrice o lavoratore che rappresentino l’unico genitore affidatario di un figlio convivente minore di 12 anni;
- lavoratrice o lavoratore con soggetto disabile a carico

Le ore di lavoro: i termini del lavoro diurno o notturno

L’ammontare settimanale delle ore di lavoro, compreso di eventuali straordinari, non dovrebbe superare le 48 ore. Ogni settimana devono essere previste almeno 24 ore di riposo. Nell’arco dell’anno, al lavoratore dipendente, spettano di diritto circa quattro settimane di ferie.

L’ammontare delle ore di lavoro è sancito dal decreto legislativo n. 66 del 4 aprile 2003. Tale decreto prevede:

Le ore di lavoro settimanali devono corrispondere al massimo a 40 ore ( che divengono 48 se si considerano anche le ore di lavoro straordinario). Nel caso in cui l’impresa abbia necessità di superare (momentaneamente o nel lungo periodo) tale limiti, l’azienda con oltre 10 dipendenti ha l’obbligo di comunicare la situazione all’ispettorato del lavoro del territorio.
Il dipendente ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, mentre il riposo settimanale consiste in un giorno (24 ore) ogni settimana lavorativa.
Con la denominazione “lavoro straordinario” ci si riferisce alle ore di lavoro oltre il monte ore normale. Nel caso in cui non vi sia un CCNL che disciplini il rapporto di lavoro in questione, le ore di lavoro straordinario sono ammesse solo qualora vi sia stato un accordo tra datore e dipendente.
Il lavoro notturno è invece regolato dagli articoli da 15 a 17 della legge 17 Ottobre 1967 n.977, modificati con il decreto legislativo n.345 del 4 Agosto 1999. Il termine “lavoro notturno” indica il rapporto di lavoro che comprenda il periodo 00:00 – 05:00 nell’orario di lavoro. Il dipendente che svolge un lavoro notturno non può lavorare più di 8 ore in un giorno (24 ore).

In Italia solo dal 1999 ( dopo l’emanazione del Decreto Legislativo n.532) è stato esteso anche alle donne il diritto al lavoro notturno. E’ da ricordare che l’attuale legislazione relativa al lavoro notturno include una il divieto per i minori di lavorare in tale orario.

Il periodo di prova

n un momento anteriore o contestuale all'inizio del rapporto di lavoro, le parti possono definire per iscritto un periodo di prova. Lo scopo del periodo di prova è quello di consentire al datore di lavoro e al dipendente di valutare il rapporto di lavoro.

Nel dettaglio, l'azienda verificherà le competenze del lavoratore e la sua capacità ad eseguire le mansioni per le quali è stato assunto; mentre per il lavoratore tale arco di tempo sarà utile a valutare la convenienza (data dal rapporto tra condizioni di lavoro, mansioni e interesse personale) a stringere il contratto.

La forma del periodo di prova

Il periodo di prova deve risultare da atto scritto, cosi come disciplinato dall'art. 2096 del codice civile e nell’art. 4, del Regio Decreto Legge n. 1825/1924. La mancanza di tale forma porta alla nullità del periodo di prova e trasforma il rapporto di lavoro direttamente in definitivo.

Con il periodo di prova, il contratto di lavoro è come sospeso fino al momento in cui verrà verificata la convenienza del rapporto da entrambe le parti.

Le norme del periodo di prova

Con la sentenza n. 189 del 22/12/1980 la Corte Costituzionale ha stabilito che durante il periodo di prova, il prestatore deve ricevere lo stesso trattamento normativo che dovrebbe competergli in caso di assunzione definitiva. Ciò significa che al lavoratore saranno richiesti gli stessi compiti svolti dagli altri lavoratori di uguale qualifica, sia dal punto di vista qualitativo e quantitativo.

Le norme e la Cassazione stabiliscono anche che la partecipazione ad un corso di perfezionamento o di addestramento non possano essere considerati parte del periodo di prova.

La durata del periodo di prova

Il periodo di prova ha una durata massima stabilita dal CCNL di riferimento. Anche la categoria e il livello dell'inquadramento del lavoratore influenzano la durata del periodo di prova.

Il recesso al periodo di prova

Entrambe le parti possono recedere liberamente dal rapporto di lavoro in prova, senza obbligo di darne preavviso all’altra (art. 2096 comma 3 Codice Civile) né di pagare l’indennità sostitutiva (art.4, del Regio Decreto Legge n. 1825/1924).

In caso in cui il periodo di prova sia stabilito per un periodo minimo, le parti potranno recedere dal contratto alla scadenza del termine pattuito, a meno che non si verifichi il licenziamento per giusta causa (art.10 della Legge 604/1966).

Straordinari non pagati

nel caso in cui ci siano degli straordinari non pagati, è bene andare a leggere il CCNL di riferimento. In particolare il CCNL commercio recita:
“gli straordinari ammessi nel limite di 200 ore annuali hanno le seguenti maggiorazioni: 15% dalla 41° alla 48° ora settimanale 20% quelli eccedenti la 48° e devono essere retribuiti.” Capita però che si scelgano delle ore compensative e quindi dovrai lavorare meno ore quante sono le ore di straordinario.

Qualora il lavoratore non percepisca alcun compenso per le ore di straordinario o non sia permesso di compensare tali ore nell’orario di lavoro ordinario, ci sono varie possibilità: sindacati , avvocati, ispettorato del lavoro. Enti a cui rivolgersi per denunciare immediatamente la situazione.

In caso in cui il lavoratore si trovasse in una situazione di straordinari non pagati, vale quanto detto nella pagina: Mancato pagamento dello stipendio

Prendiamo spunto dall’interessante intervista a Emiliano Mandrone responsabile dell’indagine Plus dell’Isfol fatta pubblicata sul sito La Repubblica per fornire qualche dato relativo alla situazione degli straordinari non pagati in Italia:

- Circa il 45% dei dipendenti svolge ore di straordinario,
- Le ore di straordinario interessano soprattutto i settori dell’industria e dei servizi alla distribuzione e minore per i servizi alle persone,
- Le ore di straordinario sono svolte più dai dipendenti full time che dai lavoratori part time, maggiormente nelle aziende del Nord rispetto a quelle del Sud, più tra gli uomini rispetto alle donne e prevalentemente dagli under 30 o 40,
- Più di un dipendente su dieci viene coinvolto in straordinari non retribuiti.

Interessi dello stipendio pagato in ritardo

Qualora il lavoratore dipendente riceva la retribuzione in ritardo rispetto a quanto stabilito dalla legge o dal contratto collettivo nazionale di lavoro, egli ha diritto agli interessi sullo stipendio. Gli interessi di stipendio sono legati al danno che il lavoratore ha subito nell'ottenere in ritardo il pagamento del suo salario. Non potendo disporre della somma che gli spettava, il lavoratore potrebbe aver pagato a sua volta in ritardo i suoi creditori (ad es. la banca per le rate di mutuo).

Gli interessi dello stipendio maturano dalla data in cui il salario sarebbe dovuto essere corrisposto.
Essi vanno calcolati sulla somma di denaro rivalutata in base alla svalutazione monetaria. Questo perchè il credito (cioè il salario corrisposto in ritardo) solo se rivalutato rappresenta il valore reale del debito originario. Altra specificazione interessa l'ammontare su cui calcolare gli interessi, che deve essere pari all'importo lordo e non netto del debito. Ciò dipende dal fatto che il lavoratore ha un credito verso il datore di lavoro pari ad una somma lorda; sarà poi lo stesso dipendente a rappresentare la parte debitrice nei confronti del fisco.

Il tasso di interesse legale è stato modificato dal Ministero dell'Economia con il decreto del 12 dicembre 2007. Che riporta:
Visto l'art. 2, comma 185, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante "misure di razionalizzazione della finanza pubblica" che, nel fissare al 5 per cento il saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284 del codice civile, demanda al Ministro dell'economia e delle finanze la facolta' di modificare detta misura sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno;
Visto il proprio decreto ministeriale 1° dicembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 286 del 10 dicembre 2003 con il quale la misura del cennato saggio di interesse e' stata fissata al 2,5 per cento in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2004;
Visto il decreto legislativo 1° settembre 1995, n. 385 - testo unico della legge in materia bancaria e creditizia;
Visti il rendimento medio annuo lordo dei predetti titoli di Stato e il tasso d'inflazione annuo registrato;
Decreta:

Art. 1.
La misura del saggio degli interessi legali di cui all'art. 1284 del codice civile e' fissata al 3 per cento in ragione d'anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2008.

Mancato pagamento dello stipendio

Uno dei motivi principali di conflitto fra azienda/datore di lavoro e lavoratore è sicuramente la mancata retribuzione, ovvero il mancato pagamento dello stipendio mensile. Secondo il diritto del lavoro, è pacifico che il datore di lavoro, secondo quanto stabilito dal contratto, debba corrispondere a fine mese o quando indicato dal contratto stesso, lo stipendio concordato.

Eppure in molti casi (e la rete è piene di situazioni del genere) il lavoratore non riceve il pagamento di quanto gli spetta. Il mancato pagamento dello stipendio avviene principalmente per i seguenti motivi:
l'azienda o il datore di lavoro non possono pagare in quanto non hanno la liquidità necessaria al pagamento dello stipendio;
il dipendente si è licenziato prima della data prevista e il datore di lavoro non vuole corrispondere le mensilità mancanti..

Stando al diritto del lavoro, il mancato pagamento delle retribuzioni, rientra nella categoria dei gravi inadempimenti degli obblighi posti a carico del datore di lavoro; una mancanza di questo tipo è molto grave, e può anche determinare la risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa.

In questo caso è possibile effettuare una vertenza, e oltre alle dimissioni per mancato pagamento dello stipendio, si ha il diritto al pagamento dell'indennità di mancato preavviso ( art.2119 c.c.) e all'eventuale risarcimento. Se non si vuole arrivare alla vertenza, è possibile fare un sollecito all'azienda asserendo comunque che in caso di diniego si verrà costretti a passare alle vie legali, rivolgendosi al sindacato.

E' possibile dunque inviare al datore di lavoro una lettera raccomandata in cui si evidenzia il mancato pagamento dello stipendio, formulata secondo il seguente modello:
luogo e data corrente
Io sottoscritto NOME COGNOME nato il GG.MM.ANNO a LUOGO DI NASCITA.
DICHIARO
di lavorare presso .......... come .............. (specificare tipo di impiego)
Inoltre aggiungo di non aver ricevuto il salario del mese di ..... dell'anno XXXX che normalmente mi sarebbe dovuto essere corrisposto entro il GG.MM.AAAA
come da contratto.
Si prega di voler verificare e prendere in esame la presente dichiarazione onde procedere speditamente alla risoluzione del problema e creare ulteriori disagi alla mia situazione finanziaria.
Grazie per la cortese attenzione.
Distinti Saluti
Firma

Pagamento in ritardo dello stipendio

Il diritto alla retribuzione del lavoro è disciplinato dall'art. 36 della Costituzione e dell'art. 2099 del Codice Civile. Con tali articoli si impone al datore di lavoro di rispettare i vincoli contrattuali, compresa la data di erogazione dello stipendio, imposti per legge o dai CCNL a livello nazionale o locale. Rispettare tale scadenza è importante anche ai fini del conteggio delle ore di lavoro mensili.

Quali sono i diritti del lavoratore che riceve lo stipendio in ritardo?
Per il lavoratore poi, ricevere in ritardo lo stipendio può portare al ritardo di pagamento dei suoi creditori (ad es. la banca per le rate di mutuo, o l'azienda di fornitura elettrica per le utenze). Per tale ragione il diritto del lavoratore che riceve in ritardo lo stipendio è quello di vedersi corrisposto anche il pagamento degli interessi maturati. Tali interessi derivano dal fatto che la retribuzione rientra tra i crediti aventi per oggetto una somma di denaro dal momento in cui gli stessi sono divenuti liquidi ed esigibili. Oggi gli interessi legali sono del 3%. Oltre ai danni patrimoniali, il dipendente che ottiene in ritardo il pagamento dello stipendio può pretendere i danni derivanti dalla svalutazione monetaria. In tal caso la rivalutazione monetaria viene calcolata sulla base dell'indice dei prezzi elaborato dall'Istat per la scala mobile per i lavoratori dell'industria.

Risarcimento dei danni morali per il ritardo dello stipendio
In ultimo, il lavoratore che riceve lo stipendio in ritardo può richiedere anche il risarcimento dei
danni morali derivanti da una situazione di disagio ed incertezza causate dal comportamento doloso del datore di lavoro.

La tredicesima

a tredicesima è una mensilità aggiuntiva che si riconosce a tutti i lavoratori subordinati con contratti a tempo determinato o indeterminato. La tredicesima mensilità è nata con c.c.n.l. del 1937 per gli impiegati dell’industria ed è stata poi estesa anche algli operaicon il Decreto Presidente della Repubblica n. 1070/60. La tredicesima è una gratifica natalizia che il lavoratore matura mensilmente (dal 1 gennaio al 31 dicembre), ma che viene erogata una volta l’anno, prima del periodo natalizio.

Elementi in base a cui matura la tredicesima:
Il calcolo della tredicesima dipende da alcune specifichi criteri di calcolo propri di ogni singolo c.c.n.l. In linea generale, il calcolo della tredicesima è pari all’importo percepito mensilmente per i lavoratori con retribuzione fissa mensile o ad un determinato numero di ore per il personale che riceve un salario in base alle ore effettive di lavoro. L’importo di riferimento è quello dell’ultima mensilità percepita, quindi un importo pari alla mensilità di dicembre se il contratto di lavoro è ancora in essere o pari all’importo dell’ultimo stipendio in caso di cessazione del contratto di lavoro.

Il lavoratore subordinato riceve la tredicesima in base al periodo in cui ha prestato servizio. L’importo della tredicesima sarà pari ad una mensilità se il lavoratore avrà lavorato l’intero anno, oppure sarà pari a tanti dodicesimi quanti sono i mesi di lavoro.

Se il contratto di lavoro subordinato è part-time, la tredicesima matura in base alle ore di lavoro effettuate in rapporto al monte ore dei dipendenti full-time. (es. La tredicesima sarà pari al 50% per part time di 20 ore in una settimana, se il contratto di full-time ne prevede 40).
Se durante l’anno, il rapporto di lavoro si è trasformato da full-time a part-time o viceversa, la tredicesima è calcolata sommando gli importi maturati distintamente nei due periodi/tipologie di contratto.

Elementi in base ai quali si calcola la tredicesima:

Sono da considerare nel calcolo tredicesima anche i seguenti elementi: paga base tabellare contrattuale, indennità di contingenza, elemento distinto dalla retribuzione (EDR), aumenti periodici o scatti di anzianità, superminimi, indennità di mansione, premi collegati alla produzione o alle produttività (da calcolare sulla media annua), provvigioni (da conteggiare sulla media annua), indennità sostitutiva di mensa, indennità per maneggio denaro, cottimo (da conteggiare sull'ultimo mese o trimestre o sul guadagno medio delle due quindicine o delle ultime quattro settimane), altre eventuali voci retributive continuative previste dal contratto collettivo nazionale del lavoro.

Al contempo non sono considerate la retribuzione variabile derivante da elementi straordinari, come: lavoro straordinario, notturno e festivo effettuato saltuariamente, indennità per ferie non godute, premi o gratifiche definiti in cifra annua (anche se corrisposti con cadenza mensile o plurimensile), una tantum, rimborsi spese, indennità per lavori disagiati, nocivi e faticosi, indennità di vestiario.

Nel calcolo della tredicesima sono da considerare tutti i periodi di lavoro e non in cui essa matura. Tali periodi comprendo anche gli archi di tempo di assenza comunque retribuiti come:
• maternità, compreso l'eventuale periodo di astensione anticipata (art. 22 D. lgs. n. 151/01)
• congedo matrimoniale (RDL n. 1334/37)
• ferie, festività, ex festività, riduzioni contrattuali dell'orario di lavoro e permessi retribuiti
• malattia nei limiti del periodo contrattuale di conservazione del posto
• infortunio e malattia professionale nei limiti del periodo di conservazione del posto
• cassa integrazione guadagni ad orario ridotto
• riposi giornalieri per allattamento
Non rientrano nel calcolo della tredicesima i lassi temporali di assenza non retribuita in base al c.c.n.l. (es. Periodo di leva).

Contributi co.co.pro: chi, come e quando versarli

contributi co.co.pro sono versati in parte dal datore di lavoro e in parte dal lavoratore con contratto a progetto. Come i contributi degli altri lavoratori autonomi o dipendenti, i contributi co.co. pro vengono versati per 2/3 della contribuzione Inps dall’azienda, mentre la restante parta (1/3) è versata direttamente dal dipendente. I contributi co.co.pro, come quelli degli altri lavoratori, sono versati a una cassa mutua di categoria (c.d. gestione separata) e coprono le assicurazioni antinfortunistiche.

La retribuzione dei contratti a progetto è pari ad un compenso lordo che include tasse, contributi Inps e assicurazione. Per vedersi riconosciuto un premio dell'assicurazione o una indennità di malattia è necessario che il lavoratore co.co.pro richieda dei giorni di sospensione del rapporto di collaborazione; dal momento che ciò può spingere il committente a rescindere dal contratto, si impedisce al lavoratore di beneficiare dei servizi e contributi regolarmente versati.

I lavoratori co.co.co. assicurati possono riscattare cinque anni di collaborazioni coordinate e continuative, precedenti l'inizio dell'assicurazione. Il riscatto è riconosciuto secondo l'aliquota contributiva vigente al momento della domanda ed è completamente a carico del lavoratore.

Il lavoratore con contratto a progetto deve presentare la domanda di iscrizione all'Inps attraverso i modelli reperibili presso le Sedi INPS o tramite Internet al sito www.Inps.it. Nella domanda per l’iscrizione all’Inps per i contributi, i lavoratori con co.co.pro devono indicare i dati angrafici e informazioni relativi al tipo e alla durata del co.co.pro. Se invece si tratta di co.co.co. allora è necessario presentare anche dei dati relativi al datore di lavoro.

Cerchiamo ulteriori informazioni relative all regime contributivo dei co.co.pro. sul sito Inps che riporta quanto segue.
Sono previste due aliquote contributive per i lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata:

la prima, destinata a tutti coloro che non risultano assicurati a forme pensionistiche obbligatorie, oltre alla gestione separata, è pari al 24,72% (24% per invalidità, vecchiaia e superstiti, più l’aliquota aggiuntiva dello 0,72% per l’indennità di malattia, maternità e per gli assegni per il nucleo familiare);
la seconda, del 17%, per tutti i rimanenti soggetti iscritti alla gestione separata, siano essi lavoratori già pensionati oppure già assicurati presso altre forme di previdenza obbligatorie.
(tratto dal sito Inps.it)

I contributi co.co.pro. alla Gestione separata devono essere versati, tramite modello F24, all'Inps. Il modello 24 è unico sia per i professionisti che per i collaboratori con contratto a progetto o co.co.co. I contributi dei collaboratori co.co.pro. sono effettuati dal datore di lavoro ogni mese, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di pagamento della retribuzione lorda.

I contributo co.co.pro. sono riconosciuti entro il limite di un massimale annuo fissato in base agli indici Istat del momento. Per l’anno 2008 il massimale dei contributi co.co.pro è pari a € 88.669,00.

Retribuzione co.co.pro.: calcolo dello stipendio mensile del contratto a progetto

La retribuzione co.co.pro. (contratto a progetto) è legata, in tutto o in parte, al raggiungimento degli obiettivi fissati nel programma di lavoro. A volte la retribuzione co.co.pro non è calcolata in base al numero di ore spese nel rapporto di collaborazione.

In modo molto esemplificato e generale potremmo affermare che la retribuzione co.co.pro. si avvicina di più al modello di retribuzione a cottimo tipica del prestatore d'opera piuttosto che al salario riconosciuto al lavoratore per lo svolgimento della sua attività basato sul numero di ore. La retribuzione co.co.pro. può, in tal senso, non essere corrisposta totalmente qualora l'obiettivo del programma non risulti raggiunto.

Il sistema normativo riconosce un ampio potere discrezionale al datore di lavoro nel stabilire la retribuzione co.co.pro. del lavoratore. In base alle valutazioni del committente, la retribuzione co.co.pro è esclusivamente legata al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

La Circolare del ministero del Welfare del 8 gennaio 2004 esclude l’eventualità di utilizzare come punto di riferimento per la retribuzione del lavoratore co.co.pro, i salari dei lavoratori subordinati cioè basati sulla contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati. L'unico criterio indicato dalla legge è quello dei rimborsi corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.

L’Art. 62 della Legge Biagi stabilisce la forma del co.co.pro e “il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonche' i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese”.
La retribuzione per il lavoratore co.co.pro. potrà essere proporzionato alla quantità e/o qualità del lavoro svolto.

Anche per la retribuzione co.co.pro. è applicabile il principio di proporzionalità e sufficienza del corrispettivo definito all'art. 36 della Costituzione e conseguentemente il relativo potere di adeguamento del corrispettivo da parte del tribunale.

In base alle disposizioni normative si afferma che sarà possibile prevedere un corrispettivo in base al risultato finale o in base al numero di ore di lavoro; o ancora in base ai risultati parziali raggiunti.
Inoltre il co.co.pro., può nella sua forma scritta, definire anche i tempi di erogazione del compenso che potranno essere giornalieri, mensili o settimanali a seconda della convenienza delle parti.
E' opportuno che sia inserito nel co.co.pro. anche le modalità di pagamento della retribuzione (moneta contante, assegno o bonifico bancario).

Contratto a progetto: malattia e infortunio

Nei contratti a progetto, in caso di malattia o infortunio la temporanea sospensione del rapporto di lavoro non implica la proroga del contratto, il co.co.pro. comunque termina alla scadenza stabilita. Inoltre, il datore di lavoro può recedere dal contratto a progetto qualora la durata della malattia e/o dell’infortunio si protragga per oltre 30 giorni o abbia una durata superiore ad un sesto della durata complessiva del contratto a progetto.

In caso di malattia o infortunio il rapporto contrattuale (co.co.pro.) rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. La Legge Biagi include la dizione: "...senza erogazione del corrispettivo" che non significa obbligatoriamente che il compenso globale concordato per il progetto del contratto non sia poi corrisposto per intero. Potrebbe sussistere casi in cui la temporanea sospensione del contratto non comprometta il risultato dal progetto.

Il collaboratore che sospende (soprattutto se per un lasso di tempo breve) il proprio rapporto di lavoro a progetto per malattia o infortunio potrebbe essere comunque in grado di realizzare il programma per il quale è stato assunto. In questa situazione non sembrerebbe corretto eseguire alcuna detrazione dal rimborso totale pattuito.

Se al contrario, l'assenza per malattia o infortunio, incide negativamente nella realizzazione del progetto il rimborso stabilito può essere riconosciuto parzialmente. Per determinare il corrispettivo parziale da riconoscere al lavoratore con contratto a progetto che si è assentato per malattia o infortunio può convenzionalmente essere considerata la quota giornaliera del corrispettivo stabilito per l'intero progetto (totale del rimborso rapportato al numero dei giorni del rapporto di lavoro).
Un compenso è comunque riconosciuto al collaboratore poiché il datore di lavoro potrebbe trarre utilità dall'attività comunque svolta dal lavoratore.

Nel contratto a progetto la malattia è totalmente a carico del collaboratore, dal momento che la legge non prevede alcun tipo di integrazione del reddito perso, ne pubblica ne da parte del datore di lavoro. Solo in caso di una degenza ospedaliera è prevista un'indennità di malattia per il periodo del ricovero riservata a chi versa il contributo addizionale dello 0,5 (L 488/99).

Maternità e co.co.pro.

Il rapporto di lavoro sancito da un contratto a progetto è sospeso nel caso di malattia o infortunio del lavoratore o durante la gravidanza attraverso l’aspettativa per maternità.
In questi casi il lavoratore è obbligato ad inviare al datore di lavoro un certificato che attesti i motivi che lo rendono indisponibile e la durata del periodo in cui non svolgerà il suo lavoro.

In caso di gravidanza il co.co.pro. segue i criteri sanciti dal DM del 4 aprile 2002 per i co.co.co.
Tale normativa prevede che le collaboratrici iscritte alla gestione separata dell'Inps abbiano diritto (facoltativo) a una indennità per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi alla nascita del bambino.

Sotto l’aspetto assicurativo, le tutele delle lavoratrici dipendenti e delle lavoratrici con contratto a progetto coincidono. La differenza tra i due tipi di contratto emerge sotto l’aspetto retributivo, poiché le lavoratrici con contratto co.co.pro. hanno diritto a un indennizzo non superiore al 80 % del compenso complessivamente ricevuto nei 365 giorni precedenti il periodo di maternità, solo a condizione che la lavoratrice abbia versato contributi per almeno 3 mesi nell'anno precedente.

Pur garantendo la non sospensione del co.co.pro. attraverso una proroga automatica della durata del contratto per 180 giorni ed il mantenimento del posto di lavoro, la lavoratrice con contratto a progetto ha diversi problemi per vivere tranquillamente la sua maternità.

Nei contratti a progetto la breve durata del contratto e la ampia disparità di potere contrattuale fra datore e lavoratore spinge la lavoratrice a non abbandonare il posto di lavoro finché le è possibile.
Oltre al periodo di aspettativa per maternità, le mamme lavoratrici a progetto non godono di tutele come: l'astensione facoltativa dal lavoro, i congedi parentali, i permessi per malattia del minore.

Da tale analisi risulta chiaro quanto sia, per la maggior parte delle lavoratrici a progetto, difficile svolgere i propri compiti di madre con quelli di lavoro. La nascita di un figlio comporta sempre più spesso la conclusione o la drastica riduzione dell'impegno lavorativo.

Contratti a progetto: le caratteristiche

I contratti a progetto (co.co.pro.) sono anche detti contratti di collaborazione per programma ed sono una tipologia di contratto di lavoro disciplinata dal D. Lgs. n. 276/2003, c.d. Legge Biagi. I co.co.pro. (contratti a progetto) definiscono il lavoratore non come un dipendente, ma un collaboratore autonomo. L’attività svolta dal collaboratore, infatti, deve essere legata alla realizzazione di un progetto (o programma di lavoro, o fasi di esso).

Forma dei contratti a progetto: I contratti di lavoro a progetto devono avere la forma scritta (al contrario delle co.co.co.) e devono definire:

la durata determinata o determinabile del progetto;
il contenuto del progetto o programma di lavoro (o delle fasi di esso);
il corrispettivo (e i criteri per determinarlo);
i tempi e le modalità del pagamento;
la disciplina dei rimborsi spese;
le modalità del coordinamento con il committente relative all’esecuzione, anche temporale della prestazione lavorativa;
le eventuali misure per la tutela e la sicurezza del collaboratore a progetto.
La forma scritta è necessaria ai fini della prova, come stabilito dall’articolo 62 del decreto legislativo 276/93 poiché in caso di contenzioso relativo alla natura del contratto, è fondamentale per dimostrare l'esistenza o meno del progetto.
Nel caso in cui il progetto non esista in forma scritta, il tribunale può modificare il rapporto di lavoro da progetto in un contratto a tempo indeterminato.
Se invece il giudice verifica che il collaboratore a progetto svolge la propria attività senza autonomia e quindi è soggetto ad un tipo di rapporto equivalente a quello dei lavoratori subordinati, il tribunale può disporre la trasformazione del contratto a progetto nel tipo di contratto più idoneo all’attività svolta (ad esempio part-time, tempo de terminato, ecc).

Durata dei contratti a progetto: La legge Biagi non impone una durata massima dei contratti a progetto. I contratti a progetto devono avere una durata determinata o determinabile in base alle peculiarità del programma del progetto.

Rescissione dei contratti a progetto: I contratti a progetto possono essere rescissi dal datore di lavoro prima della scadenza per due motivi: per giusta causa e per eventuali causali, che il datore può richiedere di inserire nei contratti a progetto.
I contratti a progetto possono comprendere la clausola del preavviso, che una volta firmata dal collaboratore a progetto riconosce al datore di lavoro di interrompere il contratto dopo un semplice preavviso (art 67, comma 2. D.Lgs.276/03).
Inoltre, in caso di malattia o infortunio del collaboratore, il datore di lavoro può interrompere il contratti a progetto anche prima della sua scadenza.

Successione dei contratti a progetto: Lo stesso collaboratore può stipulare contratti di lavoro successivi aventi come oggetto un programma analogo o anche del tutto diverso. La legge non pone limiti alla successione di contratti a progetto.

Co.co.co. E co.co.pro.

l contratto progetto (co.co.pro) è nato dalla Legge Biaggi come sostituzione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa (altrimenti detto co.co.co.).

Ad oggi le co.co.co. non sono state totalmente abrogate e continuano ad essere forme contrattuali di lavoro nei seguenti casi:

nel settore pubblico;
nelle professioni intellettuali;
per gli amministratori di società;
per i partecipanti a collegi e commissioni;
per coloro che percepiscono pensione di vecchiaia;
per collaborazioni rese ai fini istituzionali per società sportive;
per prestazioni nei limiti di 30 giorni e 5 mila euro annui.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato la Legge Biagi al fine di ridefinire il settore dei contratti di lavoro individuale conosciuti come collaborazioni coordinate e continuative ("co.co.co."). Tale tipologia di contratto è stata a lungo uno metodo di gestione delle risorse umane ambiguo. Con i co.co.pro. nasceva tra il datore di lavoro ed il lavoratore, un tipo di rapporto a metà tra il contratto di lavoro autonomo e quello subordinato.

Con i co.co.co. i datori di lavoro non dovevano sostenere gli oneri tipici del contratto di lavoro subordinato (es. ore di lavoro straordinario, contributi previdenziali).

La legge Biagi, agli articoli compresi tra il 61 ed il 69, ha introdotto i co.co.pro per definire i diritti ed i doveri del collaboratore di lavoro. Il lavoro a progetto (co.co.pro.) deve cosi caratterizzarsi per:

- il contenuto prevalentemente personale della prestazione;
- l'assenza di un vincolo di subordinazione;
- la determinazione di un progetto specifico (o programma di lavoro o fase di esso) stabilito dal committente.
I co.co.pro., al contrario dei vecchi co.co.co., pur introducendo alcune tutele per il collaboratore autonomo, privilegiano principalmente le nuove necessità delle aziende attraverso contratti che garantiscano la maggior flessibilità nell'impiego delle risorse umane.

Anche i co.co.pro, come i co.co.co., rendono sempre più sporadico e importante il ricorso a contratti di lavoro subordinato.

Co.co.pro. il contratto a progetto

Il contratto a progetto (co.co.pro.) è anche detto contratto di collaborazione per programma ed è una tipologia di contratto di lavoro disciplinata dal D. Lgs. n. 276/2003, c.d. Legge Biagi.

Il contratto progetto (co.co.pro.) è nato dalla Legge Biaggi come sostituzione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa (altrimenti detto co.co.co.). In realtà il co.co.pro. è stato introdotto proprio per limitare le collaborazioni coordinate e continuative, forme contrattuali che nascondevano dei rapporti di lavoro subordinato in cui il dipendente risultava essere un costo ridotto per il datore di lavoro rispetto al lavoratore dipendente.

Il co.co.pro. (contratto a progetto) definisce il lavoratore non come un dipendente, ma un collaboratore autonomo. L’attività svolta dal collaboratore, infatti, deve essere legata alla realizzazione di un progetto (o programma di lavoro, o fasi di esso). Il lavoratore deve svolgere il suo operato in maniera autonoma e non dovrebbe essere sottoposto al potere direttivo del superiore.

Il fatto stesso che il lavoratore, nella maggioranza di casi, svolga i suoi compiti all’interno dell’azienda, limita in parte la sua autonomia poiché la sua attività deve essere coordinata con le tempistiche e le esigenze dell’organizzazione aziendale.

Il co.co.pro. è legato ad un progetto ed al suo risultato. Il programma del progetto può anche includere solo un risultato parziale che, collegato ad altre attività aziendali, risulta necessario a raggiungere un risultato finale. L’attività definita dal co.co.pro può anche essere collegata a un'attività secondaria dell’impresa.

Il contratto a progetto (co.co.pro.) ha degli elementi cardine che sono:

la definizione di un programma, un progetto o una fase;
la mancanza di un rapporto di subordinazione;
l’indipendenza (almeno teorica) del lavoratore nello svolgere la sua attività;
il coordinamento con il datore di lavoro e l’organizzazione aziendale;
la durata del co.co.pro determinata o determinabile;
l’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione.

CONTRATTO COLF

I lavoratori domestici (Colf) godono delle indennità relative all’assicurazione per malattie professionali. Per gli infortunio sul lavoro, alla colf spettano: un'indennità giornaliera per l'inabilità temporanea, una rendita per l'inabilità permanente e una rendita ai superstiti ed un assegno in un’unica rata, in caso di morte.

L'importo di queste indennità è assegnato in base alla classe di contribuzione oraria sulla quale sono versati i contributi Inps. Nel momento in cui la prognosi dell'infortunio è decisa per meno di quattro giorni, il datore di lavoro deve corrispondere alla colf la retribuzione pattuita.

E’ obbligatorio assicurare le colf presso l’Inps. Il datore di lavoro dovrà denunciare l'assunzione sul modello LD 09. L’Istituto invierà al domicilio i bollettini di conto corrente per il versamento dei contributi. L'obbligo assicurativo è previsto anche se la colf risulta già assicurata.

Nell’indicare lo stipendio della colf si deve aggiungere dunque la quota relativa alla tredicesima mentre per individuare la retribuzione su cui versare i contributi vanno associati allo stipendio anche i valori di questi benefici.

I contributi sono dovuti nella stessa misura per tutti i lavoratori domestici. L'Inps registra tanti contributi settimanali quante sono le settimane retribuite. La colf deve dunque esibire al datore di lavoro il proprio libretto di lavoro, la tessera sanitaria, il proprio stato di famiglia, il codice fiscale, il proprio documento di identità e il numero di iscrizione all'Inps.

Il contratto della Colf dovrà contenere la data di inizio del rapporto di lavoro, l'eventuale data di cessazione, la categoria in cui viene impiegata la lavoratrice, la durata del periodo di prova e il giorno del riposo settimanale.

Le categorie dei lavoratori domestici includono non solo le colf, ma anche tutti quei lavoratori che prestano la loro opera per il funzionamento della vita familiare. Il contratto nazionale di lavoro vigente prevede quattro categorie:

* categoria super- domestici dotati
* categoria- dame di compagnia, capi cuoco, chef, infermieri diplomati
* categoria- balie e bambinaie, autisti, guardarobiere
* categoria- colf che svolgono lavori prettamente manuali o di fatica

STAFF-LEASING

Lo staff-leasing è una tipologia di contratto di lavoro legata all'assunzione tramite agenzia interinale. Fino al 2007, le aziende interinali potevano proporre ai lavoratori sia contratti di somministrazione lavoro a tempo determinato che a tempo indeterminato. Il contratto staff-leasing rientrava nella seconda tipologia.
Il contratto di staff-leasing prendeva il nome dalla modalità di finanziamento che le aziende usano per comprare dei beni strumentali necessari a raggiungere gli obiettivi dell'impresa. Con il contratto di staff-leasing, il lavoratore rimaneva a disposizione dell'azienda anche nei periodi in cui non erano richieste le sue prestazioni. In compenso, al lavoratore veniva corrisposta una retribuzione mensile. Di solito la formula contrattuale di staff-leasing era applicata per le assunzioni dei lavoratori molto richiesti dal mercato (ad esempio figure tecniche professionali come meccanici o il personale amministrativo-contabile).
Il contratto di staff-leasing è stato poi abolito per una serie di motivi; più nello specifico per evitare che:
un'impresa fosse incentivata a rivolgersi ad un'agenzia interinale invece che assumere dipendenti evitando il rischio d'impresa legato al dover sostenere costi fissi per i subordinati a tempo indeterminato,
l'azienda "cedesse" i propri lavoratori ad una agenzia interinale qualora avesse un bisogno temporaneo di contenere i costi o di ridurre l'organico,
l'impresa possa rivolgersi ad un'agenzia interinale per un contratto pluriennale di appalto, così da non assumere dei propri lavoratori a tempo indeterminato.
Oggi, per quanto riguarda la retribuizione, le norme hanno reso equivalenti gli stipendi dei lavoratori interinali e quelli dei dipendenti subordinati a tempo determinato o indeterminato. La parità è riconosciuta anche in merito al salario, ai contributi, alla malattia, sempre in base al CCNL di riferimento.

LAVORO INTERMITTENTE

Cos'è? Nel 2005 è stato inserito nel mondo del lavoro il contratto di lavoro intermittente. Un impiegato si mette a disposizione di un datore di lavoro che può utilizzare la prestazione lavorativa quando ne ha più bisogno. Il contratto intermittente può essere a tempo determinato o indeterminato e deve essere stipulato in forma scritta.

Chi può redigere questo tipo di contratto di lavoro intermittente
I disoccupati con meno di 25 anni e i lavoratori con più di 45 anni che sono stati licenziati. Se il lavoratore non lavora e garantisce la sua utilizzabilità ad essere interpellato ha diritto ad un’indennità di disponibilità che è stabilita dai contratti collettivi.

Se invece lavora, ha diritto al trattamento economico previsto dai contratti collettivi al pari dei lavoratori che hanno gli stessi incarichi.

Il contratto di lavoro intermittente può essere rescisso qualora si presenti la necessità di utilizzare un lavoratore per prestazioni a carattere discontinuo. Tutti i datori di lavoro possono ricorrere al contratto di lavoro intermittente. Non si può ricorrere al lavoro a chiamata:

* qualora il datore di lavoro non abbia effettuato la valutazione dei rischi
* al fine di sostituire lavoratori in sciopero
* nel caso in cui il datore abbia proceduto a licenziamenti collettivi
* quando sia in corso una una riduzione dell'orario di lavoro

Le categorie di occupazioni rientranti in tale definizione sono quelle individuate dalla tabella allegata al regio decreto 6.12.1923, n. 2657, alla quale il D.M. 23.10.2004 opera un rimando diretto. Fra le numerose ed eterogenee categorie contemplate dal decreto (circa 50, alcune delle quali ormai obsolete) si possono citare, a puro titolo esemplificativo, le seguenti:

Custodi, guardiani, portinai, personale di sorveglianza
Addetti a centralini telefonici privati
Receptionist di albergo
Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze-letto, carrozze ristoranti
Addetti alle pompe di carburante
Lavoratori dello spettacolo.

Il contratto di lavoro intermittente e deve precisare le esigenze che giustificano il ricorso al lavoro a chiamata, la sua durata, l'indicazione dei tempi e delle modalità con cui il datore può richiedere la prestazione.

Al lavoratore intermittente deve dunque essere assicurato lo stesso trattamento normativo, economico e previdenziale riconosciuto ai colleghi di pari livello.

L'indennità di disponibilità
Qualora il lavoratore si impegni a restare a disposizione del datore in attesa della chiamata (garantendo quindi la sua prestazione lavorativa in caso di necessità), il datore è tenuto a corrispondergli mensilmente una c.d. indennità di disponibilità. In questi casi, il contratto deve altresì precisare:
il preavviso per la chiamata
l'importo e le modalità di pagamento dell'indennità di disponibilità
L'importo minimo dell'indennità è fissato dai contratti collettivi di settore, e non può essere inferiore al 20% della retribuzione mensile.
Su tale importo si calcolano anche i contributi previdenziali.
Il lavoratore che, per malattia o altra causa, si trovi nell'impossibilità di rispondere alla chiamata deve informare tempestivamente il datore di lavoro.
Se è stata assicurata la disponibilità a chiamata, il lavoratore non può rifiutare di fornire la prestazione senza fondato motivo, pena la perdita dell'indennità e il risarcimento del danno eventualmente arrecato al datore.

Adempimenti amministrativi
La comunicazione al Centro per l’Impiego dell’instaurazione del contratto a chiamata deve essere fatta 1 sola volta, alla stipula del contratto, e non per ciascuna chiamata.
Così anche nei confronti dell’INAIL (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) l’obbligo della denuncia del codice fiscale del lavoratore risulterà soddisfatto, tramite un’unica comunicazione, alla sottoscrizione del contratto.

LAVORO PARASUBORDINATO

Il lavoro parasubordinato è un tipo di rapporto di lavoro molto vicino al lavoro subordinato e a quello autonomo. E’ una forma di collaborazione svolta in maniera continuativa, collegata con la struttura organizzativa del datore di lavoro. Sono considerati lavoratori parasubordinati: i lavoratori a progetto e i collaboratori occasionali. Per i lavoratori parasubordinati è stata pensata l’iscrizione alla Gestione Separata Inps. I lavoratori parasubordinati iscritti alla Gestione Separata hanno diritto ad alcune prestazioni erogate dall’Inps (indennità di maternità, indennità di malattia e assegno per il nucleo familiare).

I lavoratori parasubordinati devono essere assicurati all’Inail (il lavoro parasubordinato ha assunto maggiore importanza con il decreto legislativo del 10 settembre 2003 (il n. 276), che recava attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro. Il Codice Civile discerne il prestatore di lavoro subordinato dal contratto d'opera. Questa dualità è arricchita dall'appalto secondo la communis opinio, nell'ambito di un'attività di impresa appaltatrice. Restano quindi fuori del Libro V del Codice tutti quei rapporti di lavoro che sono separati ai modelli economici recepiti dal legislatore del 1942. Soltanto il contratto di agenzia riceve una propria disciplina, all'interno del Libro IV.

Una delle caratteristiche principali del lavoro parasubordinato è il fatto che esiste in maniera parallela subordinazione e autonomia. Per quel che concerne la conclusione dei contratti parasubordinati, l'agente deve godere di una certa autonomia negoziale. La sua prestazione in favore del preponente fa parte di un rapporto destinato a durare. Il preponente avrà interesse dunque a prevedere forme di controllo sull'attività dell'agente e di riscontro dei risultati.

LAVORO INTERINALE

Interinale deriva dal latino interim, ovvero, provvisorio. Questo tipo di lavoro rappresenta dunque una forma di rapporto che ha durata temporanea. Questa terminologia è comparsa in Italia agli inizi degli anni ‘90, periodo in cui comincia a farsi sentire la necessità di flessibilità nei rapporti di lavoro.

L'introduzione di questa tipologia di contratto lavorativo si deve alla Legge Treu del 1997. Successivamente ha subito varie modifiche e nel 2003, con la legge 30/2003, il lavoro interinale è stato abolito (sostituito dal lavoro a tempo determinato).

Il lavoro interinale coinvolge:
• Il prestatore di lavoro
• L’azienda utilizzatrice
• l'azienda di lavoro interinale che si pone come intermediaria

Con l'introduzione del concetto di somministrazione del lavoro, che ha sostituito il lavoro interinale, l'azienda di lavoro interinale è diventata un’agenzia per il lavoro. Sia il lavoro interinale che la somministrazione di lavoro consentono alle aziende di stipulare un contratto di fornitura di manodopera con agenzie specializzate.

In pratica, il lavoratore dipende dalle aziende fornitrici, e da queste viene retribuito, ma presta il suo lavoro presso altre aziende che hanno bisogno di professionalità. La legge ha equiparato i prestatori di lavoro temporaneo ai dipendenti di pari livello impiegati presso l’impresa utilizzatrice.

L'abuso di questa forma di lavoro genera una forma di precariato legata ai contributi pensionistici, ed emerge in caso di reiterazione della richiesta dello stesso prestatore di lavoro da parte dell'azienda utilizzatrice.
La legislazione impone dunque un trattamento retributivo paritetico fra lavoratore interinale e lavoratore subordinato. La normativa fissa in due anni la durata massima che un lavoratore può passare presso un cliente.

Il dipendente della società interinale non è retribuito per i periodi di inattività. Se ha un contratto a tempo indeterminato con l'agenzia interinale, riceve solo un'indennità di disponibilità. Maternità, malattie, ferie con ogni probabilità coincideranno con la fine di una missione. Con la mediazione dell'agenzia interinale, un'impresa può pagare un lavoratore per malattia con una paga ridotta all'indennità di disponibilità.

APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE

La Legge Biagi del 2003 ha istituito la forma contrattuale di apprendistato professionalizzante che ha il fine di trasmettere delle competenze tecnico-scientifiche al lavoratore e fargli conseguire una qualifica professionale. Questo tipo di contratto di apprendistato può essere stipulato con i giovani tra i 18 e i 29 anni compiuti. Il contratto di apprendistato professionalizzante ha una durata massima di 6 anni, tale durata dipende dal settore e dalla qualifica in cui l’apprendista viene inquadrato.

Il contratto di apprendistato professionalizzante deve avere i seguenti requisiti:

la forma scritta, contenente indicazione: della prestazione a cui il lavoratore verrà adibito, del piano formativo individuale, della qualifica professionale che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale od extra-aziendale;
non è possibile stabilire il compenso dell’apprendista secondo importi a cottimo;
il datore di lavoro può recedere dal rapporto alla scadenza del periodo di apprendistato professionalizzante, mentre non può recedere anticipatamente dal contratto di apprendistato senza una giusta causa o un giustificato motivo.
Ogni apprendista con contratto d’apprendistato professionalizzante è seguito da un tutore aziendale, scelto dal datore di lavoro tra persone con qualifica adeguata a quella che l'apprendista deve conseguire. Il tutor deve avere almeno tre anni di esperienza nel settore e non può affiancare più di cinque apprendisti. E il tutor ad essere garante del percorso formativo ed esprime proprio parere sulle competenze acquisite dall'apprendista.

L'apprendistato professionalizzante è disciplinato dal D.Lgs. n. 276/2003 per cui si rimanda ai CCNL stipulati da associazioni dei lavoratori e prestatori di lavoro, oltre ai regolamenti regionali (definiti con deliberazione della Giunta regionale).

CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO

stono diverse tipologie di contratti di lavoro, tra quelli tipici ci sono il contratto tempo indeterminato e determinato; ciascuno dei quali può essere a tempo pieno o parziale (full o part time).

Il contratto tempo indeterminato è disciplinato dall'art. 2094 del Codice Civile che recita:
"Art. 2094 - Prestatore di lavoro subordinato
E' prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a
collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale
alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore."

Il contratto tempo indeterminato è quindi l'accordo tra i seguenti due soggetti:

il datore di lavoro, quindi l'impresa che assume dei dipendenti a cui corrisponde una retribuzione in cambio dell'attività svolta per raggiungere gli obiettivi aziendali,
il lavoratore che collabora in modo intellettuale o manuale, e dietro retribuzione, all'attività lavorativa dell'azienda.
Giuridicamente il datore di lavoro può essere una persona fisica, giuridica o un ente dotato di soggettività; mentre il lavoratore deve essere obbligatoriamente una persona fisica per stipulare un contratto di lavoro.
Altro elemento importante del contratto a tempo indeterminato è la prestazione che deve essere unica.

Per quanto concerne la forma, il contratto a tempo indeterminato che rientra nei CCNL deve essere redatto per iscritto. Sono proprio i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro stipulati tra le parti sociali, e i Contratti provinciali e i Contratti integrativi aziendali a regolare il contratto a tempo indeterminato nei vari settori.

La forma scritta è indispensabile affinchè le parti contrattuali possano assolvere gli obblighi sanciti dalla legge, come il dovere del datore di lavoro di comunicare l'assunzione di un dipendente ai Centri per l'Impiego e al Ministero del Lavoro.

Il contratto tempo indeterminato deve contenere le seguenti informazioni fondamentali:

dati e informazioni delle parti (datore e lavoratore),
prestazione lavorativa cioè la mansione del dipendente (oggetto del contratto)
periodicità e ammontare della retribuzione (quantificata, direttamente o indirettamente, dal contratto collettivo di lavoro di settore),
orario di lavoro (giornaliero e settimanale),
preavviso in caso di licenziamento o dimissioni,
giorni di ferie e ore di permesso,
dati di registrazione nel libro matricola,
il termine del rapporto di lavoro non appare nel contratto a tempo indeterminato, mentre è obbligatorio in caso di contratti temporanei.

L'ispettorato del lavoro

Chi è? L’Ispettorato del lavoro è composto da funzionari della Direzione Provinciale o Regionale con qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria.

Cosa fa? L'ispettorato del lavoro controlla, verifica e giudica eventuali violazioni in materia lavorativa, allo scopo di favorire il rapporto, e dunque l'accordo, tra datore di lavoro e dipendente.

Storia: Con la legge n. 4828 dell'aprile 1879 si istituì il Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio e due posti di Ispettori dell'Industria e dell'insegnamento industriale. Circa 15 anni più tardi venne istituito il Corpo degli Ispettori e Ingegneri delle miniere.

Fu la legge del 17 marzo 1898 n. 80, che sancì la necessità che fossero funzionari con compiti di Polizia Giudiziaria a salvaguardare l'applicazione delle leggi in materia di lavoro. Nel 1904 la Convenzione tra Italia e Francia ratificò la creazione del futuro Ispettorato del Lavoro.

Oggi: Oltre all'ispettorato del lavoro, riveste un ruolo importante la Direzione Generale dell'Attività Ispettiva che ha il compito di coordinare l'attività di vigilanza, sancita col D. lgs. n° 124/2004. Il Servizio Ispezioni del Lavoro della Direzione del lavoro ha due sezioni: Sezione Vigilanza Ordinaria e Sezione Vigilanza Tecnica.

Presso l'ispettorato del lavoro, i funzionari, diretti da un ingegnere, ricoprono ruoli in settori diversi in base alle loro competenze che possono concernere il:

· settore agricolo,
· settore edilizio,
· settore commerciale ordinario,
· settore marittimo,
· settore degli autotrasporti,
· settore pubblico,
· settore del lavoro domestico,
· settore dei lavoratori dello spettacolo.

I poteri dell'Ispettorato del lavoro sono numerosi, ma possono essere identificati in due aree.

* l'ambito penale, ovvero processual-penalistico, seguendo le norme del codice di rito relativo, qualora ravvisi gli estremi di reato, ed in tal caso prenderà la veste di Ufficiale di Polizia Giudiziaria;
* l'ambito amministrativo, ossia l'attività svolta seguendo le norme relative alla legge n° 689/1981, nonché le altre normative specifiche. (Fonte: Wikipedia)

Le due marcro aree si differiscono l'un l'altra per: la sanzione che determinano nell'ordinamento giuridico e per la suddivisione dei poteri procedurali che utilizza l'Ispettore